I paragoni tra i paesi, sia nell’accezione di nazioni che di Stati non mi sono mai piaciuti. Ho sempre preferito guardare alle differenze con ottimismo, come un punto di forza, anziché di debolezza. Soprattutto se si tratta di mettere a confronto Francia e Italia: chi vince, chi perde? Ho il sangue misto che mi fa commuovere quando sento La Marsigliese e battere il cuore sulle prime note dell’inno di Mameli. Eppure, quando qualche giorno fa la presidente dell’Assemblea nazionale Yaël Braun-Pivet ha annunciato che con un totale di 780 voti a favore e 72 contrari, la Francia inseriva il diritto all’aborto nella Costituzione, il paragone l’ho fatto. Guardando i video e le immagini delle donne in festa nella mia adorata Parigi, mi sono sentita orgogliosa del mio cuore e del mio sangue per metà francese. Ho sentito la gioia sulla pelle, un senso di giustizia e di riconoscimento per il cammino intrapreso da tantissime donne, tuttavia, l’altra metà del mio cuore italiano ha pensato: quanta strada dovremo ancora fare prima che in Italia il diritto all’aborto diventi un diritto irremovibile, da cui non è possibile tornare indietro? Ho pensato anche che in effetti, Francia e Italia sono tanto vicine eppure lontanissime, che quando Simone De Beauvoir pubblicava nel 1949 Le deuxiéme sexe, il tema del femminismo in Italia non era affatto una priorità. Che, a causa delle forti resistenze culturali, le italiane poterono stringere tra le mani la loro copia de Il secondo sesso, edito Il Saggiatore, nel 1961. Ben dodici anni dopo.
Pensiamo alla tradizione del pensiero femminista in Francia, al Maggio del ’68, alle figure chiave che hanno contribuito all’ evoluzione e alla presa di coscienza di molte donne. Alle radici profonde della letteratura, ad autrici come Hélene Cixous e Luce Irigaray con i loro lavori sulla scrittura femminile – écriture féminine - e l’etica del corpo e a Annie Ernaux, la mia adorata Annie Ernaux, che ha portato la discussione sulle esperienze di vita personali a un livello superiore di memoria collettiva femminile.
La Ernaux, che nella sua intera opera rende il particolare universale, in un libricino di qualche anno fa, eleva a memoria collettiva la sua esperienza giovanile con l’aborto clandestino.
Nel momento esatto in cui scendevo dal lettino, con il mio lungo maglione verde che mi riscendeva sulle cosce, il ginecologo mi ha detto che ero incinta, con c’erano dubbi. (Ernaux, 2019, p. 19).
L’evento, in francese L’évenement, è un memoir potente nella Francia del 1963, che pagina dopo pagina riflette sul dolore, l’autonomia, l’identità femminile e sul diritto di ogni donna di scegliere riguardo alla maternità, mostrando in che modo le restrizioni legali e i pregiudizi sociali sull’aborto, violino l’autonomia del corpo delle donne e la loro libertà.
Ora, il «cielo delle idee» mi era diventato inaccessibile, mi ci trascinavo stancamente al di sotto, con il mio corpo impantanato nella nausea. A volte speravo che in futuro, dopo essermi sbarazzata del mio problema, sarei ridiventata capace di riflettere, altre volte era come se le conquiste intellettuali fossero in me una costruzione fittizia che era definitivamente crollata. (Ivi, p.45).
Carne, sangue sono elementi palpabili all’interno del testo che restituisce la fatica, il senso di vuoto, la perdizione di una donna che arranca nell’affermare il proprio diritto di non voler essere madre, a sdoganare il pregiudizio e l’ipocrisia di un mondo che nell’ombra ammette ed esercita l’aborto nello squallore degli appartamenti improvvisati ad ambulatori.
Il 4 marzo ho pensato molto al dolore che Annie Ernaux ha voluto farci attraversare con i ricordi dettagliati dell’Evento, e alle parole attribuite a Simone De Beauvoir che invitava le donne a “non dimenticare mai che basterà una crisi politica, economica o religiosa affinché i diritti delle donne siano messi in discussione”, e alla Francia, con immensa gratitudine, per aver blindato il diritto delle donne di scegliere per il proprio corpo affinché nessuno osi tornare indietro, nemmeno di un passo.
Riferimenti
Comentários