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Le sfide che devono affrontare le democrazie attuali

Immagine del redattore: Massimo BattiatoMassimo Battiato

L’ultimo discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella stimola molte riflessioni sullo stato della democrazia nei paesi occidentali, minacciato da gruppi privati di potere che hanno il monopolio su alcune tecnologie e promuovono l’utilizzo di strumenti monetari alternativi a quelli ufficiali. Ma c’è un passaggio in particolare su cui vorrei soffermarmi, dove il Presidente rivendica la superiorità delle democrazie contestata da chi sostiene che, con i tempi che richiedono le discussioni in ogni sistema realmente democratico, siano poco concorrenziali nel modo in cui possono dare risposte rapide in un mondo che procede a velocità sempre più sostenuta.

In poche parole l’accelerazione degli eventi, dei progressi tecnologici, la velocità con cui sembra scorrere la Storia, richiederebbero risposte rapide da parte degli stati e le autocrazie e le dittature in questo sarebbero avvantaggiate. Questa affermazione è giustamente criticata dal Presidente Mattarella e su questo punto vorrei porre l’attenzione per fare una fotografia dello stato della democrazia in Italia, perché da alcuni anni a questa parte mi sembra che la tentazione di ridurre gli spazi di discussione si stia facendo largo nel nostro paese.

 

Partirei dall’uso che si sta consolidando di comprimere sempre di più la discussione parlamentare. Per quanto si continui a sostenere che nel nostro paese le discussioni parlamentari ostacolino l’azione dei governi, a me sembra che stia accadendo proprio il contrario. Ormai per qualsiasi legge di una certa importanza, come la Finanziaria, si procede riducendo la discussione a pochi giorni costringendo anche le forze di maggioranza ad un’approvazione rapida senza discussioni o emendamenti. Segue anche l’abitudine di seguire procedure d’urgenza con decreti legge e fiducie come se piovesse. I primi utilizzati anche quando non c’è alcuna necessità di procedere con urgenza, ragione per la quale sono stati creati questi strumenti, le seconde diventano spesso uno strumento per ricattare i parlamentari con la spada di Damocle della caduta del governo.

 

Io credo che questi siano segnali di quanto l’Italia stia diventando una Repubblica sbilanciata verso l’esecutivo con il Parlamento quasi esautorato dalle sue funzioni e impegnato a occuparsi di tutte le questioni che non sono prioritarie o fortemente impattanti sulla vita dei cittadini. Tutto ciò proprio per rivendicare la necessità di procedere rapidamente perché la democrazia deve stare al passo coi tempi. A tal proposito ho sentito parlare, da parte di esponenti del Centro-sinistra purtroppo (se fosse arrivato dalla Destra non l’avrei trovato particolarmente strano), di Democrazia Decidente. Che cosa significa?

 

Decidente nel senso che si possono fare delle discussioni, ma, oltre una certa soglia (che in genere la decide chi detiene il potere esecutivo), queste discussioni devono finire per passare alle decisioni. Da qui un’altra usanza abbastanza condivisa da quasi tutti i governi da Renzi in poi (escluderei i governi Gentiloni e Conte 2), la mancanza di disponibilità a discutere l’azione di governo con le parti sociali, i sindacati per esempio, specie se critiche nei confronti con l’esecutivo. Certo, formalmente questi tavoli negoziali vengono aperti, ma con una totale indisposizione ad ascoltare le ragioni di chi porta proposte alternative all’azione di governo. Tra i tavoli di discussione “finti” con il sindacato, l’ultimo governo ne ha aperti molti, per fingere di ascoltare su temi come il salario minimo o la legge finanziaria, fortemente impattanti verso i lavoratori. Ma non posso dimenticare quando Draghi, stanco di discutere con i rappresentanti sindacali, si alzò perché non aveva più tempo da perdere.

Quirinale.it, Attribution, via Wikimedia Commons
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Quindi mi sembra che in Italia le tentazioni di ridurre la discussione democratica con la scusa di procedere più velocemente nel prendere le decisioni (manco ci trovassimo sempre in guerra) abbia molti sostenitori e il Presidente della Repubblica, a mio parere, potrebbe anche intervenire più spesso, con gli strumenti che possiede e la sua capacità persuasiva, per cercare di limitare questo fenomeno al minimo indispensabile, cioè quando ci sono veramente le condizioni per procedere d’urgenza, come in certi momenti della pandemia.

 

La democrazia, quella vera, è fatta di tanti fattori che contribuiscono al suo funzionamento, non si può ridurre solo al rito del voto, che tra l’altro è sempre più disertato dai cittadini. La democrazia è garantita dal corretto funzionamento di tutte le istituzioni, dalla possibilità reale della gente di contare ed essere ascoltata, dalla garanzia di poter esprimere la propria opinione, dalla possibilità di dissentire, dal rispetto per i diritti delle minoranze (tutti possiamo diventare da qualche punto di vista minoranza), dalla possibilità di accedere all’istruzione e ai servizi sanitari e molto altro ancora. Sono queste le cose sulle quali i cittadini vorrebbero avere voce in capitolo per tornare ad avere fiducia nella democrazia. Ed è questo il fattore che distingue maggiormente le democrazie dalle autocrazie e dalle dittature e ne manifesta la superiorità, in ciò sono pienamente in accordo con quanto afferma il Presidente della Repubblica.

Quirinale.it, Attribution, da Wikimedia Commons
Quirinale.it, Attribution, da Wikimedia Commons

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