Chi è che non ha mai ricevuto la più classica delle raccomandazioni materne “Non aprire agli sconosciuti”! Nel film “Heretic” di Scott Beck e Bryan Woods, nelle sale dal 27 febbraio, la raccomandazione deve essere formulata al contrario, sono gli sconosciuti a non dovere bussare alla porta sbagliata, ovvero a quella di un inedito Hugh Grant, che nel film veste i panni di uno psicopatico religioso. Il film è un avvincente horror psicologico il cui scopo è smontare ogni certezza sulla fede religiosa, muovendosi tra il terrore di una vita triste senza fede e una vita senza speranza ultraterrena.
La trama è avvincente: due giovani missionarie della Chiesa mormona bussano alla porta di Mr Reed, che per attirarle nella sua trappola si mostra interessato al loro credo. Durante la conversazione, le intenzioni del padrone di casa si fanno sempre più chiare, fin quando le giovani mormone realizzano di trovarsi intrappolate in un gioco sadico e perverso in cui non c’è via d’uscita. Un grande Hugh Grant mostra tutta la sua abilità in un confronto teologico con le giovani missionarie; la sua tesi è dimostrare alle ragazze che la religione è caratterizzata dal processo dell’iterazione, ovvero come nel tempo ogni movimento religioso abbia ripetuto gli stessi concetti modificandoli ed adattandoli alle proprie esigenze al fine di controllare le masse. Il sadico gioco inizia quando Mr Reed pone le giovani mormone di fronte ad una scelta per poter uscire da quella casa: scegliere la porta della fede o della miscredenza. Senza anticipare nulla al lettore, il film a questo punto prenderà una piega decisamente tragica, anche perché il delirio del protagonista raggiungerà l’apice.
Il film è un’analisi del fenomeno religioso da un punto di vista sociologico; Hugh Grant rappresenta colui che pur dimostrando una passione irrefrenabile per la fede, arriva a rifiutarla non potendola dimostrare e che la religione è solo uno strumento di controllo. La religione è così rappresentata non come una verità assoluta, ma come una costruzione umana imposta. Le giovani missionarie, invece, sebbene ingessate dal loro credo, fino alla fine proveranno a dimostrare l’inutilità di una vita senza fede e senza speranza e che questa rende certamente migliore la vita dell’uomo. Lo spettatore si troverà, inevitabilmente, a riflettere sulla sua posizione e di quanto sia sottile il confine tra la fede e l’eresia. Il film prova a dare una risposta ad una domanda “Qual è la vera religione?” che sembra essere l’ossessione di Mr Reed. Nel finale si troverà la risposta definitiva, anche se, a mio avviso, quando si parla di fede l’uomo non deve trovare le risposte, ma limitarsi a porsi continue domande con la consapevolezza che queste esulano da ogni ragionamento logico. La fede è un salto nel buio dove non ci sono calcoli, né ragionamenti ma solo una rassicurante speranza che caratterizza la vita del credente.