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Una pagina queer e dimenticata della resistenza: il ruolo dei "femminielli"

Il 25 aprile rappresenta una data simbolica per la storia italiana, il giorno in cui il Paese celebra la liberazione dal nazifascismo. Tuttavia, la Resistenza non fu un fenomeno esclusivo del Nord Italia; anche il Mezzogiorno, spesso marginalizzato nei racconti ufficiali, visse momenti di straordinaria ribellione. Tra questi, le Quattro Giornate di Napoli del settembre 1943 occupano un posto importante e sommerso, non solo per l'eccezionalità dell'insurrezione popolare, ma anche per il coinvolgimento di figure che la storia ha messo da parte e trascurato per lungo tempo: i femminielli, la comunità transgender dell’epoca.

 

Napoli e le Quattro Giornate

 

Napoli fu la prima città italiana a liberarsi autonomamente dall'occupazione, ben prima dell'arrivo delle truppe alleate. L'insurrezione ebbe inizio il 27 settembre 1943, quando la popolazione decise di opporsi al famigerato Editto Scholl, il quale imponeva la leva obbligatoria per circa 30.000 giovani napoletani destinati ai campi di lavoro in Germania. Solo 150 risposero alla chiamata, gli altri si nascosero, aiutati dalle donne e dai civili, che iniziarono a organizzare la resistenza. Fu un momento di ribellione collettiva, in cui ogni strato sociale partecipò alla lotta contro l'oppressione.

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Napoli_1943,_Via_Chiaia.jpg
Napoli 1943 - Liberazione di Napoli. Macerie in via Chiaia. Autore sconosciuto.

Chi erano i femminielli?

 

femminielli rappresentano una figura unica nella cultura napoletana. Non si tratta semplicemente di uomini travestiti da donne, ma di una realtà che sovrapponeva identità transgender, transessuali e intersessuali. Accettati culturalmente entro certi limiti nella società partenopea, vivevano spesso ai margini, tollerati ma non pienamente integrati. La loro presenza era particolarmente visibile nei quartieri popolari come San Giovanniello e Piazza Carlo III, dove erano soliti riunirsi nei bassi per cerimonie e feste tradizionali.

 

Il contributo dei femminielli alla Resistenza

 

Durante le Quattro Giornate di Napoli, i femminielli scesero in strada armati, combattendo fianco a fianco con i partigiani e i civili. Come racconta Antonio Amoretti, uno degli ultimi partigiani napoletani sopravvissuti: «Ce li ritrovammo accanto a sparare contro le camionette e i carri armati nazisti».

 

La loro partecipazione non fu casuale: abituati a fronteggiare quotidianamente soprusi e discriminazioni, erano già esperti nel resistere al potere costituito. La loro lotta durante quei giorni fu un atto di rivalsa contro un sistema che li aveva oppressi e avrebbe continuato a farlo.

 

Un episodio emblematico si verificò presso una barricata costruita nella zona di San Giovanniello: i femminielli accorsero in massa per difenderla con coraggio e determinazione. La loro partecipazione fu così significativa che molti li ricordano come un esempio straordinario di rivalsa e comunione sociale in un momento storico caratterizzato da violenze e confino nei riguardi degli inferiori alla razza pura, tra i quali gli omosessuali e, in generale, quella che verrà chiamata comunità LGBTQIA+.

 

Una Resistenza negata

 

Nonostante il loro contributo fondamentale alla liberazione di Napoli, il ruolo dei femminielli nella Resistenza è stato a lungo ignorato o sottovalutato dalla storiografia ufficiale. Questo silenzio riflette una più ampia marginalizzazione delle minoranze queer nella narrazione storica italiana.

 

Tuttavia, il loro impegno nelle Quattro Giornate rappresenta una delle più importanti lezioni di integrazione della storia contemporanea italiana. In quel breve ma intenso periodo di ribellione popolare, le barriere patriarcali ed eteronormative vennero temporaneamente abbattute.

 

Il valore della memoria

 

Ricordare il ruolo dei femminielli nella Resistenza è fondamentale non solo per rendere giustizia a chi ha combattuto per la libertà, ma anche per riaffermare l'importanza dell'inclusività e della complessità sociale nella costruzione della memoria storica. La loro lotta dimostra che la liberazione dal nazifascismo fu un processo collettivo, in cui ogni individuo contribuì secondo le proprie possibilità e capacità. Sottolineando che identità fuori dalla norma sono sempre esistete e vissute fianco a fianco con quella normalizzata.

 

In un'epoca in cui le discriminazioni continuano a colpire la comunità queer, celebrare il coraggio dei femminielli significa riconoscere i valori dell’identità e diversità come forza motrice del cambiamento sociale. Il 25 aprile non è solo una data per ricordare la fine della dittatura; è anche un'occasione per riflettere su come le minoranze abbiano contribuito a costruire l'Italia democratica e libera che conosciamo oggi.

 

Conclusioni

 

Le Quattro Giornate di Napoli sono una testimonianza straordinaria del potere della resistenza popolare contro l'oppressione. In quel contesto unico, i femminielli dimostrarono che anche chi vive ai margini della società può diventare protagonista della storia. Il loro coraggio continua a ispirare chi lotta per l'autodeterminazione e la libertà.

 

Rendere omaggio al loro contributo significa ampliare lo sguardo sulla Resistenza italiana e riconoscere che la lotta contro il nazifascismo fu anche una lotta contro le ingiustizie sociali che colpivano le minoranze più vulnerabili.

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