Il governo al banco degli imputati?
- Daniela Loffredo

- 18 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Lo scorso 14 ottobre il gruppo Giuristi e avvocati per la Palestina ha denunciato alla Corte Penale Internazionale la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, il Ministro della Difesa Guido Crosetto e l’AD di Leonardo Spa Roberto Cingolani, chiedendo l'accertamento di una collaborazione sostanziale con le autorità israeliane, configurando un concorso in genocidio, come spiegato dall'avvocato Gianluca Vitale.

L’iniziativa è supportata da oltre cinquanta personalità (tra cui Moni Ovadia, Tomaso Montanari, Alessandro Di Battista, Luigi De Magistris, Laura Morante) e oltre 41mila cittadini. La denuncia evidenzia la mancata interruzione della cooperazione militare (inclusa la fornitura di armi e munizioni) e il mantenimento di due contratti di manutenzione per elicotteri e aeroplani da addestramento in dotazione all'esercito israeliano da parte di Leonardo Spa, confermato dall'AD Cingolani.
Criticata anche la sospensione dei finanziamenti all’Unrwa, agenzia ONU di assistenza umanitaria per i rifugiati palestinesi. Il testo conclude che l'Italia "non solo si è finora totalmente astenuta dall’adottare ogni misura preventiva del genocidio, ma anzi ha ostinatamente continuato ad alimentarlo".
Per quanto riguarda la Global Sumud Flotilla, intercettata in acque internazionali dopo la diffida inviata da Gap lo scorso 24 settembre per chiederne la protezione, sono allo studio azioni legali per accertare le responsabilità del governo italiano. L'avvocato Vitale ritiene l'intervento militare israeliano illegittimo e assimilabile a pirateria o sequestro di persona. In questo contesto la responsabilità italiana si configurerebbe sia perché "chiedere di rispettare il blocco israeliano e ritenerlo quindi legittimo significa concorrere nel reato", essendo il blocco parte della condotta criminosa e strumentale all'offensiva e all'uso della fame come arma, sia per l'omissione del dovere di tutela attraverso la scelta di ritirare la nave della Marina inviata solo per un tratto ad accompagnare la Flotilla, facilitando la commissione di un reato.
Sul punto, fa particolare scalpore la dichiarazione del Ministro degli Esteri Antonio Tajani, nel programma Porta a Porta. Il ministro ha infatti affermato che il diritto internazionale conta “fino a un certo punto”, dichiarazione non solo superficiale, ma in stridente contraddizione sia con i principi fondamentali della giustizia internazionale sia con i principi della stessa Costituzione sulla quale ha giurato contestualmente alla formazione del governo di cui fa parte.
L'intervento del Ministro, a pochi giorni dalla sua apparizione mentre ballava sulle note di Battisti, lo ha visto vestire i panni di un giurista che riscrive le regole del diritto internazionale, sollevando incredulità per il rapido cambio di registro e il dubbio che la sua posizione miri a una giustificazione implicita dell’operato di Israele.
Quali sono le conseguenze della denuncia nei confronti del governo italiano? Che funzioni ha la Corte penale internazionale?
La Corte penale internazionale ha il compito di indagare e processare i responsabili di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e crimini di aggressione. Tribunale indipendente, agisce in ultima istanza, intervenendo solo se i sistemi giudiziari nazionali non sono in grado o non vogliono perseguire i crimini. La CPI non ha forze di polizia proprie; gli Stati membri sono obbligati a eseguire i mandati d'arresto, sebbene la collaborazione possa mancare per ragioni geopolitiche (come nel caso di Cina e Russia, Paesi che non hanno aderito allo Statuto). Cittadini, organizzazioni e ONG possono presentare "comunicazioni" di crimini, ma queste non obbligano automaticamente il procuratore ad aprire un'indagine. L'apertura di un'indagine richiede generalmente il deferimento di un Paese membro o del Consiglio di Sicurezza ONU, oppure può avvenire su iniziativa del Procuratore con l'autorizzazione dei giudici. La sua giurisdizione si estende ai crimini commessi da cittadini di Paesi membri o in Paesi non membri che hanno accettato la giurisdizione, come l'Ucraina.
La CPI non ha ancora confermato l'avvio di un'indagine preliminare nei confronti della premier o degli altri membri del governo. Un eventuale processo potrebbe portare all'assoluzione o alla condanna, per la quale vi è la detenzione fino a 30 anni o l'ergastolo nei casi più gravi. L'esecuzione della pena è complessa: la CPI non ha proprie prigioni e i condannati scontano la pena in Stati che hanno accettato di ospitarli. Inoltre, dimostrare il genocidio è difficile, richiedendo la prova dell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto. Il caso potrebbe non arrivare mai a un processo completo, ma se vi arrivasse, l'esito più probabile è un'assoluzione o una condanna per accuse minori (aiuto o complicità in crimini di guerra o crimini contro l’umanità). Anche senza condanna, un processo comporterebbe sicuramente costi politici significativi per Meloni e per il suo governo.





