Gaza? Ci stiamo pensando. Forse. Con calma
- Ilenia D’Alessandro
- 22 mag
- Tempo di lettura: 3 min
L’Unione Europea ha deciso di rivedere l’accordo di associazione con Israele. Non fraintendete: non sospendere, non congelare, non annullare. Rivedere. Il verbo preferito dai burocrati quando devono fingere che qualcosa stia succedendo mentre, in realtà, aspettano che passi la tempesta (o che finisca la carneficina). Bruxelles si muove come sempre: con la grazia di un bradipo sedato e la convinzione di chi ha già deciso di non smussare troppo gli spigoli del tavolo.
Sì, perché mentre a Gaza si contano più di 50’000 morti, di cui la maggior parte civili, di cui quasi il 50% bambini e bambine, l’Italia vota contro la revisione dell’accordo, l’Ungheria pure, e vari Paesi membri si astengono, come se la neutralità avesse ancora un valore morale. Il commissario europeo Josep Borrell ci spiega che “un numero crescente di Paesi” vuole rimettere in discussione l’intesa con Israele firmata nel 2000. Un numero crescente? Dopo 19 mesi di ennesimo massacro e 77 anni di violazione dei diritti umani e del diritto internazionale? Complimenti per la tempestività.
Stop the Genocide Now! Save the Children of Gaza! Demonstration - rajatonvimma /// VJ Group Random Doctors, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons
E così, l’Europa guarda. Guarda mentre l’esercito israeliano lancia la sua “soluzione finale” per oltre due milioni di persone stipate in una striscia di terra di diaspora e disperazione, assediata e bombardata senza tregua. Guarda mentre le forze israeliane occupano il valico di Rafah — unico punto di passaggio con l’Egitto — interrompendo il flusso degli aiuti. Guarda, prende appunti, magari organizza una conferenza. Ma agire? Troppo sbilanciato.
Nel frattempo, da settimane, la fame a Gaza si è trasformata in arma. Secondo le stime delle Nazioni Unite, 1,1 milioni di persone sono in una situazione di “fame catastrofica”, la peggiore classificazione esistente. L’85% della popolazione è sfollata, spesso più di una volta. Ma niente panico: Israele ha riaperto parzialmente i valichi per fare entrare gli aiuti, dopo le pressioni internazionali, soprattutto americane.
Attenzione però: il cinismo è servito. Come nota Pierre Haski su Internazionale, la riapertura selettiva e temporanea dei valichi non è frutto di una nuova sensibilità umanitaria, ma una mossa strategica. Israele cerca di evitare una rottura con Washington e una possibile inchiesta della Corte Penale Internazionale. Gli aiuti diventano parte della narrazione bellica: si chiudono per punire, si aprono per lavare la coscienza e mostrare un volto umano a un assedio disumano. Intanto, la quantità di aiuti è assolutamente insufficiente. I camion entrati non bastano nemmeno a coprire una frazione del bisogno. Ma che importa? L’hashtag “siamo quelli buoni” è salvo.
E l’Europa? L’Europa parla. Parla della necessità di una soluzione “a due Stati” come si cita un proverbio scaramantico giocando a carte, senza crederci davvero. Parla di “proporzionalità”, mentre i bambini e le bambine muoiono sotto le macerie. Parla di “valori europei”, mentre spalanca i porti per Netanyahu e alza le spalle per la popolazione palestinese.
A Gaza, intanto, si muore. Di bombe, di fame, di silenzio. E l’Europa, paladina dell’ordine internazionale basato sulle regole, continua a tergiversare. Perché dire la verità e cioè che il popolo palestinese è vittima di apartheid e genocidio – riconosciuti da chiunque abbia il coraggio di usare gli occhi - è politicamente scomodo.
E allora no, non basta invocare corridoi umanitari. Non basta mandare due camion quando ne servirebbero centinaia. Non basta piangere i bambini e le bambine palestinesi mentre si abbracciano i loro carnefici in sede diplomatica.
Gaza non chiede pietà. Chiede giustizia e diritti. Chiede di essere lasciata libera, viva, autodeterminata e, soprattutto, palestinese. Chiede che il mondo smetta di trattare il suo diritto all’esistenza come una questione politica, magari amministrativa, una nota a piè pagina. A chi si aggrappa ancora all’equidistanza, buon per voi: Caronte ha sempre un posto libero nella sua barchetta.
