Sì, hai letto bene. È una provocazione ma neanche tanto, e a breve capirai perché.
“Anziano deceduto per malore in spiaggia”, potrebbe essere questo il tending topic dell’estate 2024. Eh sì perché che quest’anno in Italia ci sia un caldo da morire non solo è una realtà empirica ma anche una macabra evidenza nelle notizie di cronaca. Le statistiche ufficiali sui decessi per caldo eccessivo, saranno note a fine stagione, tuttavia il sentiment è che quest’anno saranno battuti nuovi record.
Il riscaldamento climatico non è una evidenza a cui deve fare i conti solo l’Italia: notizia sempre di questa estate è stata la morte di quasi 600 pellegrini a La Mecca[1], deceduti per il troppo caldo, così come gli scenari ai limiti del distopico provenienti da Doha, in Qatar, dove stormi di uccelli cadono al suolo storditi dal forte calore, ed in acqua i pesci vengono letteralmente bolliti a causa delle elevate temperature.
«Eh ma là c’è il deserto, è normale, e poi in estate ha sempre fatto caldo», è la formula standard usata dal negazionista medio, che va spesso a paro con l’altra perla del complottismo: «ai tempi dei romani, Annibale ha attraversato le alpi con gli elefanti». Non ci sarebbe nulla di male se queste opinioni da bar restassero confinate alle periferie – urbane e dell’anima. Diventano allarmanti quando invece, sulla base del negazionismo scientifico, si costruiscono intere carriere politiche (vedi Trump insieme a molti del partito popolare europeo e di tutte quelle forze che si trovano a destra della destra, in Europa come in Italia e che stanno sabotando l’agenda del green deal accusando gli “ecoterroristi di mettere in ginocchio l’industria Europea”).
In attesa dei dati a consuntivo 2024, si mettono in fila i crudi risultati sui trend climatici degli ultimi decenni. A lettrici/lettori arrivati sino a qui, qualora volessero continuare la lettura, si chiede di scrollarsi di dosso l’uso del termine “catastrofismo”. I dati, di seguito esposti, non ammettono una percezione canzonatoria delle evidenze scientifiche, non si cerchi di leggere la febbre della Terra con la lente del benaltrismo, l’emergenza climatica non è una profezia paventata per un futuro immaginario, ma è la proiezione di dinamiche evidenti già nel presente, di cambiamenti in atto e sui quali spesso si decide di edulcorare l’evidenza e anestetizzare la presa di coscienza per non disturbare il capitalismo.
Gli effetti
Il 1° agosto di quest’anno è stato il giorno del sovraconsumo del pianeta: l’overshoot day viene calcolato da una ventina d’anni dal Global Footprint Network[2], e misura scientificamente il giorno oltre il quale si esauriscono le capacità della terra di riprodurre quanto consumato. In parole più semplici, in un sistema bilanciato ogni anno gli abitanti della Terra dovrebbero consumare le risorse prodotte dall’ecosistema per quell’anno. Nel 2024 la popolazione mondiale ha consumato risorse ambientali come se vi fossero 1.7 pianeti Terra, le conseguenze di questo sovraconsumo sono note a tutti: deforestazione, erosione delle coste, perdita di biodiversità aumento della CO2 in atmosfera e fenomeni climatici estremi sempre più frequenti.
Secondo la NASA[3] il mese di luglio 2024 è stato il 13esimo mese più caldo sulla Terra da quando esistono misurazioni scientifiche, non solo, il mese di luglio ha segnato 3 giorni consecutivi con la più alta temperatura media mai registrata. Questo dà convinzione a quella macabra battuta che gira online: «fa sempre più caldo che questa potrebbe essere l’estate più calda mai registrata e l’estate più fresca che ricorderai di aver vissuto».
Secondo il rapporto IPCC che analizza l’impatto del cambiamento climatico sulla salute, messo in evidenza da Scienza in rete[4], a causa delle temperature crescenti, stanno aumentando anche i decessi per il troppo caldo durante i mesi estivi. Più di 430 milioni di persone, di cui 75,5 in Europa, sono state esposte al caldo estremo durante l'ondata di calore del 2020, con un eccesso di mortalità di oltre 9000 persone dovuto all'esposizione al calore.
Secondo la pubblicazione del Lancet, il Countdown report 2024, ovvero il conto alla rovescia sull’irreversibilità del cambiamento climatico, pur in presenza di politiche mondiali di decarbonizzazione, il surriscaldamento globale è già iniziato: le morti causate da ondate di calore sono aumentate di 17,2 morti ogni 100mila abitanti, nel periodo 2013-22 rispetto alla decade 2003-12.
Il surriscaldamento globale sta portando alla diffusione di patogeni come dengue, zika, malaria, leishmaniosi e zecche, in aree in cui prima erano inesistenti; nel 2021 ci sono quasi 12 milioni di europei in più vittime di malnutrizione a causa del surriscaldamento globale.
Il piano europeo di uscita dal carbone non sta funzionando, i ritmi di taglio di emissioni dovrebbero aumentare di tre volte rispetto al tasso attuale.
Nella decade 2012-21 è aumentato del 97% il numero di persone giornaliere esposte a ondate di calore rispetto al decennio precedente.
L’estate del 2022 in Europa ha registrato oltre 60mila morti causati dalle ondate di calore.
All’aumento di ondate di calore corrispondono aumenti di fenomeni di siccità, si stima che oltre il 50% delle regioni dell’Europa meridionale abbiano assistito a scarsità di acqua (e qui si parla di dati aggiornati al 2023, per capire come sta andando il 2024 basta azzardarsi ad aprire la finestra di casa, soprattutto al sud).
Si stima che nel 2022 i costi dovuti al surriscaldamento globale (in termini di perdita economica dei raccolti e perdita di produttività del lavoro a causa delle ondate di calore, aumento dello stress), lo 0.08% del Pil europeo sia andato perso. Ma la situazione in Italia e al sud in particolare è ancora più inquietante: il pil perso a causa del cambiamento climatico ammonta a circa l’1%.
L’esposizione alle ondate di calore eccessive è particolarmente nociva per i bambini e gli anziani e si stima che nel periodo 2040-2060 ci sarà un aumento di tale esposizione di oltre il 1120% per quanto riguarda gli anziani (comparati al periodo 1995-2004), e del 134% per i bimbi sotto il primo anno di età.
La mortalità causata dalle ondate di calore si stima sia aumentata dell’85% negli ultimi 10 anni e si stima che questa possa aumentare ancora del 370% da qui ai prossimi 30 anni.
Le cause e le possibili soluzioni
Si può ragionare su come affrontare il cambiamento climatico e la politica, come arte della mediazione tra interessi contrapposti, ha un ruolo imprescindibile. Tuttavia, mettere in dubbio le evidenze scientifiche sul cambiamento climatico non solo non è eticamente accettabile ma una opinione da stigmatizzare nel dibattito politico in quanto ogni ritardo sulla tabella di marcia della riduzione delle emissioni e dell’uscita dalle fonti di energia fossile, significa milioni di morti in più, perdita irreversibile di biodiversità, aumento delle diseguaglianze economiche, sanitarie e sociali su scala planetaria. Il surriscaldamento globale ha gli esseri umani come principali mandanti, sicari e vittime.
Sempre secondo il Lancet ed altre esperienze al livello europeo, le città giocano un ruolo cruciale per attenuare le sfide del surriscaldamento. L’aumento delle aree verdi nelle zone urbane contribuisce a mitigare gli effetti delle bolle di calore, insieme all’incentivo all’uso del trasporto urbano attivo (a piedi, in bicicletta).
Le sempre più frequenti crisi idriche che colpiscono il sud Europa sta aumentando la percezione dell’urgenza di investire per la manutenzione dei bacini idrici e sul combattere sprechi e perdite.
Nell’inferno di notizie allarmanti su incendi e giornate da bollino rosso, l’Italia festeggia nel primo semestre 2024 il record di produzione di energia da fonti rinnovabili, il che ha superato la produzione da fonti fossili. Questa buona notizia si innesta nel dibattito nazionale sul nucleare di terza e quarta generazione. Interessante dibattito purché non sia un pretesto per perseverare in consumi crescenti quando in realtà bisognerebbe tassare e limitare i consumi piuttosto che trovare alternative green che poi consentano paradossalmente di consumare ancora di più.
È forse coraggioso ma dirimente mettere in discussione il modello ipercapitalista attuale, basato sul fast fashion, l’appagamento delle frustrazioni quotidiane piccolo borghesi con il metadone del sovra-consumo.
Anche qui la vox populi(sta) è che «il contributo alla riduzione dell’impronta ecologica umana sull’ambiente, di me che separo l’etichetta di carta dalla bottiglia di plastica, è risibile se comparato all’inquinamento dell’1% di ultraricchi che produce da solo i due terzi delle emissioni di CO2».
Questa affermazione non è scorretta, tuttavia si basa su almeno 3 bias cognitivi; in primo luogo, la cecità selettiva: so che inquino ma siccome i ricchi (o anche la variante: e i politici) inquinano di più, che comincino loro a dare l’esempio. Che è un po’ come dire i serial killer uccidono di più di me che uccido una persona, quindi che comincino ad arrestare i serial killer prima di venire a cercare me. Il secondo bias è l’errore di percezione: il 10% della popolazione mondiale più ricca provoca il 50% delle emissioni inquinanti e in quella minoranza di “ricchi” ci siamo anche noi europei che consumiamo risorse naturali con un impatto molto più negativo dei paesi in via di sviluppo. In ultima analisi il bias della deresponsabilizzazione: non si può continuare a perseverare in abitudini sbagliate promettendo di cambiarle solo quando i politici cominceranno a dare l’esempio, perché ci si dimentica che i politici sono lo specchio delle società da cui vengono eletti.
Il cambiamento climatico diventa quindi un tema di giustizia sociale, che aumenta le disuguaglianze in Europa e al livello globale, visto che ha nelle persone più povere le prime vittime e i paesi più ricchi come il nostro tra i principali responsabili. Se è vero che la Cina inquina a oggi più dell’Europa nel suo complesso, è altrettanto vero che noi europei inquiniamo a testa, 6 volte di più che in Africa e quasi 3 volte di più dell’America centro-meridionale.
La sensibilità verso il surriscaldamento globale non è una moda da radical chic, i nostri comportamenti di consumo stanno esaurendo le risorse planetarie. Il filosofo biologista Edward Abbey sostiene che: «la crescita per la crescita è l’ideologia delle cellule del cancro.»
Un modello economico in un sistema chiuso come il nostro (a meno di non volere includere colonie sulla Luna o su Marte come soluzione al problema), basato sulla crescita continua altro non è che un ecocidio dove l’assassino sei (anche) tu.
Sitografia
L’Onu lancia l’allarme caldo: si allarga la mappa dei Paesi in cui si superano i 50 gradi - HuffPost Italia (huffingtonpost.it).
Voce contraddittoria
The lancet.
European Drought Observatory (EDO).
The European Forest Fire Information System.
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