Ebbene sì, viviamo in un Paese in cui chi è al capo del governo accoglie all’aeroporto un uomo condannato per omicidio, da un tribunale di una democrazia liberale. In cui fanno parte dell’esecutivo indicati, rinviati a giudizio, pistoleri. In cui, il presidente di una regione è agli arresti domiciliari e non si dimette; e dove i condannati hanno o ruoli autorevoli nelle istituzioni o vengono candidati. Ma dove anche, dulcis in fundo (molto fundo, poco dulcis) a essere candidato alle Europee è anche un generale omofobo, razzista, xenofobo, sciovinista (che cliché!). Non ci facciamo mancare niente!
In compenso però sono considerati soggetti pericolosi, minaccia per la società, famiglie omogenitoriali, persone transessuali, transgender, non-binary, gender fluid, madri single; ah, e ovviamente chiunque contesta e manifesti dissenso. Per questi “delinquenti” addirittura sono già pronti i manganelli.
Ma cos’è successo?! Perché questo mondo al contrario?
Quando i gay servono solo per fare propaganda elettorale
Nella giornata internazionale per la lotta all’omo-bi-transfobia, il governo dichiaratamente non-antifascista italiano, decide di non ratificare la dichiarazione UE sui diritti lgbtq+.
In seguito, in un guizzo di orwelliano stravolgimento semantico, il partito postfascista del(la) Presidente Giorgia Meloni decide di offendere l’intelligenza di milioni di italiani, con un manifesto elettorale che è ironico tanto quanto lo slogan “arbeit macht frei (il lavoro rende liberi)” sul lager di Auschwitz.
La strategia di mistificazione della realtà perpetrata dall’attuale gruppo di camerati posti a dirigere il Paese riconferma la logica dello straniamento semantico delle parole e dei simboli: appropriarsene per svuotarli di contenuto.
Così, passo dopo passo, continuano a bruciarsi primati importanti: dopo il primo Premier donna e non femminista, la prima Ministra della Famiglia che non riconosce l’esistenza delle famiglie omogenitoriali e che ostenta affermazioni agghiaccianti come “l'aborto non è un diritto”, si raggiunge un altro punto ancor più a fondo, con i giovani postfascisti di Atreju che invitano la comunità LGBTQ+ a votare Giorgia. Non resta che sperare in un fraintendimento e ipotizzare che facessero riferimento alla cantante, storica icona gay.
In Italia si tende a pensare che il riconoscimento del matrimonio egualitario sia qualcosa “di sinistra” e non fondamentale. Tuttavia osservando praticamente tutti i paesi europei in cui l’istituto esiste, è anche grazie ai partiti di centro-destra che si è giunti al pieno riconoscimento del matrimonio, dell’omogenitorialità e spesso anche del diritto alla fecondazione assistita.
Non possiamo più cercare l’attenuante con la scusa della chiesa cattolica, visto che l’ortodossissima Grecia ci ha sorpassato da diversi anni su questo tema, addirittura grazie a un governo di destra al potere.
Insomma in Italia se a destra si piange, a sinistra non si ride visto che negli ultimi decenni avrebbe avuto molte occasioni e molti governi utili per dare un aut aut: o si vota il matrimonio egualitario o tutti a casa. Il non averlo voluto fare dimostra che, purtroppo, se almeno su questo la destra è coerente (siamo retrogradi, passatisti e pseudo-difensori della famiglia cattolica, fatta di amanti escort e coca party); la sinistra invece sfrutta il pink washing per assurgersi a forza riformatrice quando in fondo, spesso non ha nessuna intenzione di modificare lo status quo.
Il tentativo di censurare lǝ ragazzǝ che hanno contestato Roccella
Immaginate la scena: la ministra della famiglia e della natalità impegnata a cancellare de facto, le pari opportunità dal suo ministero, sopraffatta dalle urla contestatrici durante gli Stati generali della natalità, ha lo scintillio di un’idea, a suo avviso, brillante: far passare le contestazioni di adolescenti transfemministi come una subita censura.
Dopotutto svuotare le parole del significato originario e dargli un’altra narrazione, distorta, è un’arte a cui la destra è avvezza. Come far passare la libertà e il diritto all’interruzione di gravidanza delle donne, con un grossolano e artificioso, quanto mediocre, innesto in vitro, per presunta illibertà e quindi come un non diritto, o meglio far passare come un diritto solo quello di non abortire.
Pertanto – avrà pensato la ministra – come si permettono queste studentelle assassine del genere femminile e della libertà delle donne, a contestarmi e gridare: vergogna. A me!
Per cui lascia il palco, indispettita e, alla stregua di una liceale, scrive il suo bel post, in cui chiama in causa Scurati, Saviano e tutti coloro che la destra e i suoi sodali hanno precedentemente… non censurato, ma solo fatto capire loro benevolmente che, incapaci di deliberare, in realtà credevano solo di voler contestare l’incontestabile governo.
Poi ho immaginato la ministra andarsi a confessare da “don Matteo”, a cui stizzita, in una perfetta imitazione della Umbridge, ha chiosato: “Sapete, io li detesto i ragazzini!”
Analizzando attentamente i video della contestazione agli Stati generali della natalità, però, ci si accorge che il tentativo di censura lo hanno subito proprio lǝ manifestanti. O quantomeno un maldestro tentato boicottaggio.
Il conduttore, dopo aver fatto salire sul palco unǝ di loro, ha subito cercato di interrompere la lettura della lettera di protesta. Neanche aveva iniziato a leggere. E solo perché lui, maschio alfa, era già in disaccordo. Chi leggeva è statǝ costrettǝ a urlare per superare il vocione di un conduttore grande e grosso, che copriva la lettura con il suo j’accuse!
Attendere che lǝ ragazzǝ finiva e poi intervenire, no? Ah gli adulti!
Cosa avranno pensato lǝ contestatrici assistendo alla scena e – perché dal video si nota anche questo – dinanzi al sorrisino sardonico della ministra? Un sorriso che sembra dirla lunga sulla considerazione che si ha delle parole dei giovani. La ministra, mentre si leggeva la protesta, si sarà detta: uh, quando ero una radicale la pensavo così, ma poi Dio e la destra mi hanno redenta.
Non mi sorprende se lǝ giovani, nel pieno delle loro energie e senza gli stessi freni inibitori degli adulti (termine che torna), hanno poi gridato a gran voce: vergogna, vergogna. E il resto è storia!
Forse ha ragione Chiara Saraceno, la destra fa il suo mestiere. Si potrà essere in disaccordo, ma propone (impone) la sua visione di donna, maternità e famiglia; gli antiabortisti nei consultori, per convincere le donne a non abortire; far leva sulla denatalità per colpevolizzarle, senza ascoltare le voci contrarie, non alla maternità, ma a quell’approccio; opporsi all’educazione sessuale nelle scuole; contrastare il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali anche a danno dei figli. E questo succede quando sinistra e opposizioni lasciano il monopolio della maternità alla destra.
Certo, conclude Saraceno, le iniziative dell’attuale governo di destra non è che siano avulse da critiche: riservate solo a lavoratrici dipendenti con contratto a tempo indeterminato, con più di un figlio, senza nulla fare per incoraggiare la condivisione delle cure genitoriali tra padri e madri o per lavoratrici precarie e in contesti privi di servizi. Che magari vorrebbero averne, ma non sanno se potranno mantenerli e, per non abortire, ricorrono a contraccettivi, col «rischio di essere equiparata ai guerrafondai dai Papa, che per altro, come chi lo ha preceduto, continua a equiparare chi abortisce ad assassine, senza esercitare quel discernimento che tanto predica.» (Stampa 11.05.24).
Sì, forse ha ragione la Saraceno. Io mi limito a questa osservazione. Lo scorso anno, 23 giugno 2023, Michela Murgia si presentò da papa Francesco con il numero di Vanity Fair da lei curato e dedicato al Pride. «Parla di famiglie – gli disse – e di armonia in tanti tipi di famiglie.» E infatti, nelle pagine della rivista si narrava di un’Italia multicolore, funzionale, democratica. Evidenziata persino dal sondaggio di Quorum/YouTrend per Sky TG24, pubblicato pochi giorni dopo.
Il sondaggio rivelava che più della metà dellǝ italianǝ era attentǝ ai diritti (il 57%) e per una migliore salvaguardia legislativa delle minoranze. Il 53% era favorevole al Pride. Il 51% contrari a togliere il nome del genitore non biologico dagli atti di nascita dei bambini di coppie omogenitoriali. Altri ancora contrari a rendere reato universale la Gestazione per altri. Come si è finiti allora, in un solo anno, tra gli ultimi posti Ue circa il rispetto dei diritti Lgbtqia+?
Bè, potrebbe essere altrimenti con tutti questi “cattivi maestri” che vogliono piegare la società multiforme italiana ai loro esclusivi desiderata? Con la prima premier donna che ha impostato e imposta la sua perpetua propaganda elettorale su Dio Patria Famiglia contro la comunità queer? Che fa passare la sua visione sciovinista e oscurantista come lotta all’avanguardia e inedita di liberazione da un presunto pensiero unico, woke e politically correct? E ha la presunzione di essere portatrice paternalistica (ops, cioè maternalistica) del “vero” ethos da imporre a cittadine e cittadini, ridotti a sudditi minorenni? Come direbbe Kant, in merito al rapporto tra questi presunti leader e cittadinǝ:
«Dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste placide creature osassero muovere un passo fuori dal girello da bambini in cui le hanno ingabbiate, in un secondo tempo descrivono a essere il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Ora, tale pericolo non è così grande, poiché, con qualche caduta, essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio di questo tipo rende tuttavia timorosi e, di solito, distoglie da ogni ulteriore tentativo.» (Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo).
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