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Sfida globale: il ruolo delle tecnologie nelle strategie geopolitiche tra UE e USA

«Per oltre due secoli il miglioramento del tenore di vita è stato alimentato da progressive ondate di progresso tecnologico, oggi le tecnologie rimangono il principale motore della prosperità». Questa centralità delle tecnologie come volano della prosperità è stata sottolineata da Mario Draghi, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano. Le sue parole risuonano in un contesto internazionale teso, che richiama per certi versi le dinamiche di una nuova guerra fredda, dove il controllo sulle tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e la regolamentazione delle piattaforme digitali è al centro delle strategie geopolitiche. 

Generato con AI
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Il panorama attuale vede gli Stati Uniti mantenere una posizione di predominio tecnologico, grazie anche alla presenza delle principali aziende Big Tech, mentre l’Europa si impegna a rafforzare la propria sovranità digitale. Quest’ultima si concretizza principalmente attraverso leggi che tutelano i consumatori, con particolare attenzione ai temi della privacy e della trasparenza nell’uso delle piattaforme digitali. Tale contrapposizione si manifesta anche sul piano economico e commerciale: solo poche settimane fa, le tensioni tra UE e USA si sono espresse in un confronto tra le leggi digitali europee e i dazi americani sull’acciaio. Emblematico l’intervento del segretario al commercio statunitense, Howard Lutnick, durante una visita a Bruxelles, che ha condizionato la possibilità di negoziare la rimozione dei dazi sulla risoluzione delle controversie legate alle regole digitali europee.

L’amministrazione americana, in particolare sotto la presidenza Trump, ha difeso con forza le proprie aziende tecnologiche, percependo l’approccio regolamentare europeo come un ostacolo allo sviluppo del settore. Questa tensione non è nuova: già sotto Barack Obama erano emerse critiche nei confronti della politica tecnologica europea, mentre Trump aveva minacciato dazi su prodotti francesi in risposta alla cosiddetta “digital tax” imposta da Parigi sui giganti del web.

 

La situazione attuale ruota attorno a due importanti normative europee: il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA). Queste leggi, pensate per aggiornare il quadro normativo dei mercati e dei servizi digitali, puntano a garantire maggiore sicurezza, trasparenza e responsabilità delle piattaforme online, tutelando al contempo i diritti fondamentali dei consumatori. Le nuove regole sono proporzionate alle dimensioni delle aziende: per le Big Tech, infatti, gli obblighi diventano più stringenti. Secondo la CCIA, associazione che rappresenta le grandi aziende tech negli Stati Uniti, la conformità a tali normative potrebbe costare fino a 2,2 mila miliardi di dollari entro il 2030, con le principali sanzioni rivolte proprio ai colossi americani.

 

Da parte di Washington si insiste sulla necessità che Bruxelles riveda e riequilibri alcune regole digitali, cercando una soluzione che sia accettabile per entrambe le parti. In questo senso, Washington vuole che Bruxelles “esamini a fondo le regole digitali, cerchi di analizzarle, arrivando a un equilibrio: non accantonarle, ma trovare un approccio equilibrato che funzioni con noi”, ha dichiarato Howard Lutnick.

 

Tuttavia, accettare integralmente tali richieste significherebbe rinunciare alla sovranità digitale dell’UE e sacrificare i diritti degli utenti in materia di privacy e sicurezza per favorire interessi commerciali. La posizione europea è stata chiaramente espressa da Teresa Ribera, vicepresidente della Commissione europea con delega all’antitrust, che ha definito le pressioni statunitensi come un vero e proprio ricatto.

 

Un rifiuto categorico delle richieste americane potrebbe, tuttavia, avere ricadute negative sulla manifattura europea. Rimane inoltre incerto se eventuali semplificazioni normative toccheranno anche il GDPR o comporteranno un rinvio dell’attuazione dell’AI Act, una possibilità che trova favore sia in alcuni ambienti politici europei sia negli Stati Uniti. Il confronto tra UE e USA sulle regole del digitale, dunque, resta aperto e centrale nello scenario globale.

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