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Non una di meno, non una da sola: il valore della sorellanza

Sabato notte, Roma. Non in un vicolo buio alle tre del mattino ma davanti a un locale in zona Piazzale delle Province, tre donne trans vengono aggredite. A picchiarle non è il branco astratto delle cronache vaghe ma un gruppo di uomini in carne, ossa e ignoranza. Prima le minacce, poi i pugni, i calci, gli insulti. Infine il furto. Il tutto ripreso in un video diventato virale, una di quelle clip che dovrebbe aprire i telegiornali e invece resta lì, a girare tra chi ha occhi per vedere.

 

Eppure, nonostante la violenza evidente, il silenzio istituzionale è assordante. Nessuna dichiarazione ufficiale, nessuna condanna chiara, nessuna presa di posizione netta. Perché sì, è più semplice, e più comodo, far finta di nulla quando a finire a terra sono corpi considerati scomodi, identità ancora ritenute “controverse”. Per alcune persone, addirittura, “deviate”.

 

Ma noi non possiamo permetterci il lusso del silenzio. Non questa volta, non più.

 

La sorellanza, quella vera, non si ferma davanti alla differenza tra donne cis e donne trans. Anzi, si rafforza proprio nel riconoscere che la lotta contro la violenza di genere riguarda tutte. E tutte significa tutte. Il femminismo o è intersezionale e sistemico, oppure è solo un altro modo di escludere, selezionare, classificare le donne secondo criteri vecchi come il patriarcato stesso. Un femminismo di classe è solo l’ennesima estensione del patriarcato ingoiato e metabolizzato.

Luke Harold, CC0, via Wikimedia Commons
Luke Harold, CC0, via Wikimedia Commons

Il transfemminismo nasce dalla consapevolezza che non può esserci liberazione femminile senza includere le donne trans, le persone non binarie, tutte le soggettività marginalizzate. Perché il sistema che colpisce le donne trans fuori dai locali è lo stesso che sottopaga le donne cis, che giudica i nostri corpi, che ci vuole silenziose e composte. Lo stesso che induce a farci pensare di dover essere e vivere per piacere, per curare, per riflettere ciò che la società si aspetta da una donna.

 

Quando una donna trans viene picchiata, tutte le donne dovrebbero sentire quel colpo. Non per pietismo ma per consapevolezza politica. Perché chi oggi decide chi è donna abbastanza da meritare rispetto, domani deciderà chi è madre abbastanza, chi è moglie abbastanza, chi è cittadina abbastanza.

 

La risposta, allora, deve essere una sola: sorellanza. Non quella retorica, ma quella concreta, quotidiana, imperfetta ma viva. Quella che scende in piazza, che ascolta, che prende posizione anche quando è scomodo. Quella che ti fa sentire parte di ognuna delle tue sorelle e loro parte inscindibile da te.

 

Per questo motivo giovedì 5 giugno, a Roma, ci sarà il Corteo della Sorellanza. Un’occasione per trasformare l’indignazione in presenza, la solidarietà in azione. L’appuntamento è per chi non si accontenta di un post ma vuole esserci: fisicamente, politicamente, umanamente.

 

La vera sorellanza è essere lì, accanto, insieme. E davanti a un’aggressione come quella di Roma, è il minimo che possiamo e dobbiamo fare.

 

Perché finché una sola donna verrà colpita per ciò che è, abbiamo tutte il dovere di reagire. Non una di meno, non una da sola. Mai.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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