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Lo sgombero del Leoncavallo: tra legalità e interesse pubblico

Il Leoncavallo, storico centro sociale antifascista, multietnico e anticapitalista nato nel 1975 e occupato in Via Watteau dal 1994, è stato definitivamente sgomberato il 21 agosto, chiudendo un capitolo lungo trent'anni. Il "Leonka" non era solo un luogo di ritrovo, ma un punto di riferimento vitale per la città. Oltre a concerti, dibattiti, presentazioni di libri e corsi di lingua, ha svolto un ruolo cruciale nel settore no-profit milanese, offrendo servizi concreti di mutuo soccorso, come cene popolari, sportelli di consulenza legale e psicologica gratuiti, doposcuola e un costante supporto a persone precarie o senza fissa dimora. A testimonianza del suo valore, nel corso degli ultimi trent’anni, il centro ha prodotto nell’edificio graffiti di pregio artistico, sui quali la Soprintendenza ha posto un vincolo legale ai sensi del codice dei beni culturali. 

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Centro_Sociale_Leoncavallo_Milano_2025.jpg
Marmolada48, CC0, via Wikimedia Commons

Il caso di sfratto ha sollevato un'ondata di reazioni e critiche polarizzate nel panorama politico: da una parte si levano i plausi per la riuscita dell’operazione e il ripristino della legalità, dall’altra si alzano proteste a tutela del mutuo soccorso e della cultura indipendente. Nonostante questo, riteniamo grave che lo sgombero sia avvenuto tradendo i tentativi di regolarizzazione avviati dal comune di Milano già dal 2014. Questo fallimento dimostra l'incapacità delle istituzioni di coordinarsi e trovare soluzioni alternative allo scontro, rendendo la scelta dello sgombero un epilogo amaro e politicamente miope.

 

La legalità qui esaltata dalla destra è, in realtà, strettamente legata al bene comune e alla qualità della vita dei cittadini, orientando l’agire delle amministrazioni statali e locali anche nelle loro scelte discrezionali.

 

Lo sgombero del Leoncavallo, in questo senso, dimostra un'applicazione cruda della norma che ignora completamente l'utilità sociale che questo spazio ha generato per decenni, lasciando ora i milanesi sforniti di quelle opportunità di sviluppo e crescita personale.

 

Da anni, Milano Possibile cerca di avviare un dibattito incentrato su quanto la città sia divenuta inospitale, dove la speculazione immobiliare e il profitto hanno preso il sopravvento sulla qualità della vita, l’ambiente e l’erogazione di servizi essenziali. La continua espulsione dei ceti popolari e dei giovani verso la periferia, causata dall'aumento vertiginoso degli affitti, dalla privatizzazione degli spazi pubblici e dalla mercificazione di ogni angolo della città, è il sintomo di questa deriva.

 

Il risultato è una città non inclusiva, dove l’unico spazio rimasto per lo sviluppo del libero pensiero è la strada, sempre più lontano dai palazzi delle istituzioni, inevitabilmente destinato a frammentarsi. Per questo, ci schieriamo senza esitazioni al fianco di centri come il Leoncavallo e dei servizi che rendono alla città.

 

A nulla è servito il recente scandalo politico del “modello Milano”. Mentre Sala rivendica le sue operazioni di crescita insostenibile, gli esponenti della maggioranza consiliare corrono ai ripari esprimendo la necessità di invertire la rotta. Per il Leonka, però, è ormai troppo tardi.

 

Vogliamo lanciare un appello alla cittadinanza per non restare a guardare.

 

Stiamo lavorando per costruire un’alternativa di sinistra che rimetta al centro i bisogni reali delle persone, che dia voce alle persone fragili e che si batta per una città più equa e solidale. Ma i manifesti e le parole non bastano più: il futuro di Milano non si decide nei palazzi, ma nelle piazze e nelle strade, dove le persone comuni si uniscono per difendere ciò che è giusto.

 

Il 2027 non sarà un semplice appuntamento elettorale, ma l'occasione per riprenderci la nostra città. Non possiamo farcela da soli, ma solo insieme, costruendo un fronte comune in cui ogni voce conta.

 

Unisciti a noi, partecipa, e diventa parte del cambiamento che vogliamo vedere. È il momento di agire. È il momento di pensare una Milano possibile per chiunque la abiti.

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