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L’apologia del Time a Giorgia Meloni

La “melma rosa”, o pink slime in inglese, altro non è che una poltiglia di scarti della lavorazione della carne: cartilagini, ossa, zampe, tendini, centrifugati e lavati con l’ammoniaca per “uccidere i batteri” e renderla adatta al consumo. Quantomeno negli Stati Uniti, non in Canada né in Europa dove viene considerata inadeguata al consumo umano.

© European Union, 1998 – 2025, Attribution, via Wikimedia Commons
© European Union, 1998 – 2025, Attribution, via Wikimedia Commons

A leggere il Time e la sua agiografia alla prima ministra italiana, l’impressione che ne emerge è questa insistente volontà di rendere la leader italiana, un animale politico depurato dalle tossine postfasciste, per diventare adeguato al consumo dell’establishment americano.

 

Si scopre così che la passione per la fiamma, della giovane Meloni e della sua dinastia (anche la sorella svolge un ruolo di primo piano nel partito personale della premier), sia dovuta ad un incidente domestico. Si scivola talmente nell’aneddotico che non è più rintracciabile lo stile tagliente della stampa angloamericana, rimpiazzato da un mix di gossip e narrazione apologetica stile caro leader nordcoreano.

 

Così tra una lode a Meloni da Elon Musk che la definisce “autentica, onesta e sincera”, e J.D. Vance che la considera “estremamente diretta” interlocutrice, il Time ammette che, si è vero, il suo governo ha promosso leggi che limitano la libertà di protesta ed aumentano le pene, si è vero ha reso illegale la maternità surrogata e proibito il matrimonio egualitario, ha sprecato 67.5 milioni di euro (ma in realtà la spesa a marzo di quest’anno ammontava a 74milioni di euro secondo uno studio dell’Università di Bari) per costruire un centro di detenzione dei migranti in Albania, ha esteso il controllo del governo sulla magistratura ma, hei ragazzi, lei si dichiara “non omofoba non razzista né antisemita”, inoltre ha sospeso il programma di partnership economica con la Cina, si è schierata in favore dell’Ucraina, nonostante l’enorme simpatia tra estrema destra (ed estrema sinistra) italiana e Mosca. Il talento di Meloni, quindi, sempre secondo il Time è quello di voler riformare la tripartizione dei poteri in Italia che, per conseguenza della dittatura fascista e della guerra, si è “fortemente sbilanciato a favore del parlamento limitando il potere esecutivo” e questo per il giornale è un vulnus a cui il governo Meloni pare stia ponendo rimedio.

 

L’articolo omette di dire che il governo Meloni è il principale protagonista dell’affondamento del green deal europeo, non dice che insieme al governo danese è il governo che sta mettendo in discussione l’intera architettura comunitaria nelle definizioni stesse di rifugiato e di diritto internazionale; non cita i numerosi passi indietro che l’Italia con l’attuale governo ha compiuto su aborto, eutanasia, cittadinanza e diritti civili, loda l’apparente non antisemitismo della leader dimenticando sia il supporto cieco dell’Italia al genocidio palestinese, sia le numerose inchieste giornalistiche che hanno dimostrato il legame mai sopito tra alcune frange di Fdl e l’antisemitismo neonazista.

 

Il Time, a onor del vero, cita il dubbio se ritenere Meloni il cavallo di Troia perfetto per consentire alla destra pieno accesso ai poteri forti (quelli che in gioventù, la cristiana, madre e italiana Giorgia combatteva) oppure se in realtà, essendo ora al potere la premier abbandoni i vari busti di Mussolini e simpatie nostalgiche per esprimere il volto più presentabile della destra estrema europea. L’impressione è che a questa domanda solo la cronaca del presente ci aiuterà a trovare risposta.

 

Per adesso Meloni rappresenta una onorevole pink slime molto digeribile al di là dell’atlantico, in cui l’interesse per la politica interna del governo italiano trova legittimamente meno appiglio che nello stivale. Per adesso Meloni rappresenta la continuità perfetta, tutta italiana, tra leader che vendono fuoco e tempesta in campagna elettorale, ma che, una volta al governo, si piegano all’agenda NATO e che supportano a pieno il bellicismo statunitense, spesso anche a discapito del proprio ruolo in UE.

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