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L’anno che verrà

Immagine del redattore: Maddalena ParetiMaddalena Pareti

“Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’”. Incomincia con queste parole la nota canzone di Lucio Dalla scritta nel 1978 e pubblicata poi nell’album Lucio Dalla nel 1979, che è diventata nell’immaginario collettivo l’inno che gli italiani mettono in sottofondo quando devono stilare i buoni propositi per il nuovo anno, grazie al fatto che le parole del testo continuano ad essere di profonda attualità.

Gorup de Besanez, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Gorup de Besanez, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Lucio immagina di scrivere una lettera ad un amico lontano e racconta le inquietudini che lo assalgono, con un umore dominato dalla paura e dall’incertezza.

 

Il brano continua con “L’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va”, e non può che essere descrittiva, a modo suo, della percezione che l’autore ha del mondo che lo circonda, difettoso come da sempre è stato narrato nei secoli dei secoli.

 

Il 2024 è stato nient’altro che il proseguimento degli eventi del 2023, che a loro volta sono stati i prodotti di quelli del 2022 e via discorrendo.

 

La guerra in Ucraina ha continuato ad essere oggetto di cronaca dei telegiornali, raggiungendo elevati picchi di tensione quando il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha spesso minacciato l’opinione pubblica europea di conflitto termonucleare, quasi come se fosse diventato un intercalare per lui, dimenticandosi di essere l’esponente rappresentativo più importante di una superpotenza.

 

Un’altra guerra che ha occupato gli schermi degli smartphone è stata quella israelo-palestinese, dove Israele sta bombardando mezzo Medio Oriente, minacciando i militari degli alleati e occupando nuovi territori per stabilire a proprio vantaggio i rapporti di forza nella regione.

 

Nonostante i disordini internazionali nella penisola è stata seguita nei minimi particolari la caduta dell’imperatrice degli influencer Chiara Ferragni col caso del Pandoro-gate, dove l’imprenditrice è stata accusata di aver commesso il reato di truffa aggravata facendo credere ai consumatori che, acquistando un pandoro a suo nome, avrebbero partecipato ad una donazione per l’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino. Per scagionarsi dalle accuse la creator si è recata davanti ad uno dei pochi tribunali che il pubblico italico riconosce abbia valenza giuridica: il banco di Fabio Fazio, senza però ottenere i risultati sperati e lasciandosi sprofondare verso l’oblio.

 

Dalla prosegue cantando “Si esce poco la sera, compreso quando è festa”, un po’ come i milanesi che non perdono tempo a denunciare attraverso i social quanto la città lombarda stia diventando invivibile. Quest’anno sui quotidiani e nei podcast non sono mancate notizie riguardanti violenze di ogni tipo subite dai malcapitati di turno, tragedie utilizzate poi dalla politica per questioni meramente elettorali incolpando immigrati, il patriarcato, Beppe Sala e via dicendo senza analizzare il problema di carattere sociale, quindi con una certa dose di complessità, le cui basi dovrebbero essere trattate all’interno delle famiglie e delle scuole focalizzandosi sull’educazione, materia obsoleta. Ironia della sorte nella legge di bilancio sono stati tagliati i fondi destinati all’istruzione, quindi nessun pericolo, si continuerà ad assistere alla tragedia tramite Tik Tok, sempre che non venga bannato.

 

Nel frattempo “Si sta senza parlare per intere settimane, e quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane”, come poco di senso compiuto si dice a proposito dei cambiamenti climatici, che sono diventati mero slogan di un eccessivo antropocentrismo naïf, ignari quanto Leopardi nel primo periodo della sua poetica del fatto che la natura abbia anche una componente violenta e crudele. Poche volte si è trattato di come l’essere umano debba imparare a convivere con questo aspetto perché spesso si dimentica di fare parte della natura stessa; anzi, si illude di essere altra cosa proponendo soluzioni meramente capitaliste inserendo nei supermercati prodotti marcati BIO e definendo “green” qualsiasi oggetto in cui le tartarughe marine non si possano incastrare. Nel frattempo i soldi, quelli che contano, vengono investiti in armamenti sempre più sofisticati in vista di conflitti finalizzati per imporre il proprio dominio, dal momento che le classi dirigenti attuali pensano di trovarsi nel film DUNE e non sul pianeta terra.

 

Il testo prosegue con “Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà ad una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando”, con dichiarazioni altalenanti sul fatto che bisognerà prepararsi a periodi di forti crisi, ma che al contempo l’Italia sta crescendo e si spera che le cose andranno meglio, quasi come se ci si dovesse affidare al fato perché, nel mondo odierno, parlare di responsabilità collettiva suona obsoleto e oltraggioso, meglio fare appello all’oroscopo di Paolo Fox.

 

La canzone continua con una certa ilarità in cui l’autore immagina che “Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno, anche i muti potranno parlare, mentre i sordi già lo fanno”, ignaro ai tempi del rincaro delle bollette e degli affabulatori di prima categoria che vengono arbitrariamente definiti “esperti”; e continua con “E si farà l’amore, ognuno come gli va” forse perchè le speranze nel 1979 non erano molto diverse da quelle del 2024, ma “nell’anno che è andato” la gestazione per altri è stata resa reato universale, andando a complicare la possibilità di formare un nucleo famigliare da parte di coppie che hanno difficoltà ad avere figli per varie ragioni.

 

Senza lasciare nulla al caso l’autore scrive “Anche i preti potranno sposarsi, ma soltato ad una certa età”, verso che ultimamente sta a cuore a Papa Francesco, il quale ha da poco spiegato che la faccenda dei preti sposati è nella sua agenda, dopo che aveva dichiarato già a marzo che il celibato potesse essere rivisto.

 

Nell’ultima parte del testo Dalla si rivolge al destinatario della lettera, il suo amico, cantando “Vedi, caro amico, cosa si deve inventare, per poter riderci sopra, per continuare a sperare”, come se il delirante presente che esamina debba talvolta essere edulcorato perché pesante da sopportare, poiché il cantautore realizza di essere partecipe del momento che osserva, dell’anno di cui si tirano le somme; infatti prosegue dicendo “E se quest’anno passasse in un istante, vedi amico mio, come diventa importante che in questo istante ci sia anch’io”, toccando una forma di esistenzialismo di cui si è prigionieri per il semplice fatto di vivere in questo attimo, l’attimo di cui si è spettatori e protagonisti.

 

Conscio ormai del suo esistere, malgrado ciò che lo circonda lo inquieti, Dalla termina la canzone dicendosi pronto ad abbracciare il nuovo anno, con le novità che questo porterà tanto nel bene quanto nel male, come lo sono gli italiani che assisteranno il prossimo anno a dinamiche a cui si sono sfortunatamente abituati e che, nel nichilismo più totale, accettano perché vittime di un’inerzia data dall’indolenza e la pigrizia, ma forse più nel profondo dalla paura.

“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà, io mi sto preparando, è questa la novità”. L’unica speranza a cui ci si può aggrappare è la presa di coscienza degli eventi che, per quanto risultino sconclusionati, condizionano le vite tanto invidivuali quanto collettive, e necessitano di essere condivisi in forma di sfogo a qualcuno, magari un amico, affinché anche lui diventi partecipe del caos assordante che funge da sinfonia delle esistenze umane. Ieri di Lucio Dalla, oggi le nostre.

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