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Corte UE frena il “modello Albania”: stop ai Paesi sicuri senza garanzie

Il 1° agosto 2025, la Grande Sezione della Corte di giustizia dell’UE ha segnato un punto di svolta nel dibattito sui centri per migranti in Albania. Nelle cause C-758/24 e C-759/24, nate da due cittadini del Bangladesh soccorsi in mare e trasferiti a Gjader, la Corte ha stabilito che un Paese terzo può essere designato “di origine sicuro” solo se questa decisione è sottoposta a un controllo giurisdizionale effettivo e basata su fonti di informazione accessibili sia al richiedente sia al giudice.

 

Irish Defence Forces, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons
Irish Defence Forces, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

È un colpo diretto alla linea del governo Meloni, che dal 2024 ha inserito il Bangladesh tra i “Paesi sicuri” tramite atto legislativo, senza indicare le fonti alla base di questa scelta. Proprio quella lacuna aveva spinto il Tribunale di Roma a interpellare la Corte UE.

 

 

Il governo ha fatto del “modello Albania” un totem propagandistico: trasferire rapidamente migranti in un Paese terzo, fuori dal territorio e dal controllo diretto della giurisdizione europea, per mostrare fermezza e “difendere i confini”. Ma la sentenza di Lussemburgo smonta l’architettura giuridica di questa strategia, ricordando che la velocità delle procedure non può cancellare le garanzie fondamentali: nessuno Stato può dichiarare “sicuro” un Paese che non assicuri protezione a tutta la popolazione, e finché non entrerà in vigore il nuovo regolamento UE (giugno 2026) non sono ammesse eccezioni per categorie specifiche.

 

La Corte ha inoltre ribadito che le fonti di informazione devono essere pubbliche, verificabili e a disposizione di richiedenti e giudici, e che il sindacato del magistrato nazionale può basarsi anche su dati raccolti autonomamente, purché attendibili e nel rispetto del contraddittorio.

 

Il pronunciamento non chiude le cause italiane, ma impone a tutti i giudici dell’Unione di applicare gli stessi principi. Per il governo, che aveva fatto del “modello Albania” un simbolo identitario, è un richiamo severo: la legittimità delle politiche migratorie non si costruisce con decreti d’urgenza né con proclami elettorali, ma nel rispetto dello Stato di diritto europeo. Il Governo Meloni non è nuovo all’uso disinvolto di decreti d’urgenza e scorciatoie legislative. Ma la decisione di Lussemburgo segna un punto di non ritorno: in Italia come in Europa, il rispetto dei diritti fondamentali non è materia negoziabile. Sembra così essere iniziato un braccio di ferro tra il governo italiano e i garanti della giustizia.

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