Carceri italiane: il paradosso della rieducazione
- Daniela Loffredo

- 5 ore fa
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Il sovraffollamento delle carceri e la condizione dei detenuti in Italia sono temi che non portano voti, l’argomento non è toccato molto dal panorama politico, per una serie di motivi. Innanzitutto è una realtà che sembra lontana, poi non è tema caro alla “pancia” del popolo e, inoltre, probabilmente stonerebbe come slogan, non funzionerebbe. Tutti, però, sono a conoscenza della gravità della situazione, sono a conoscenza delle condizioni atroci in cui vivono i detenuti, molto lontane dal concetto di umanità, dal concetto di dignità

Il rilievo costituzionale della dignità della persona umana impedisce, però, di considerare il carcere come luogo in cui vige un regime di extraterritorialità rispetto alle garanzie fondamentali assicurate dallo Stato, e la stessa legge prevede una serie di garanzie per il detenuto. Ad esempio, in coerenza con gli articoli 29 e 31 della Costituzione, l’ordinamento penitenziario tutela il mantenimento delle relazioni familiari e affettive anche in quanto validi punti di riferimento per la persona detenuta, collocandole tra i principali elementi del trattamento: “particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazione dei detenuti e degli internati con le famiglie”; l'istruzione viene definita e trattata dall'ordinamento penitenziario e dal regolamento di esecuzione come "elemento del trattamento", in quanto opportunità di rieducazione e risocializzazione della persona detenuta o internata. E, ancora, si valorizza il ruolo del servizio sanitario nazionale all'interno degli istituti, potenziando l'assistenza all'interno delle carceri e garantendo ai detenuti prestazioni tempestive, visita medica del detenuto all'ingresso in istituto e continuità dei trattamenti sanitari in corso. Si parla “diritto alla salute”, intesa come “equilibrio psico-fisico dinamico con il contesto sociale in cui la persona vive” secondo la definizione dell’OMS, diritto inalienabile di ogni persona indipendentemente dalla condizione di libertà o detenzione, sancito dalla Costituzione all'art. 32.
La realtà, però, è ben diversa. Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, organizzazione non profit che si occupa dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, denuncia il fallimento del sistema penitenziario italiano, sostenendo che è "fuori controllo", un fallimento che "viola i diritti fondamentali" e "tradisce ogni finalità costituzionale della pena". Nelle carceri aumentano i detenuti, peggiorano le condizioni di vita e si moltiplicano i fenomeni critici come proteste, suicidi e segnalazioni di trattamenti inumani. Questa situazione mette a dura prova la vita delle persone detenute e degli operatori penitenziari. L'emergenza è confermata dai numeri, per cui il tasso di affollamento nazionale si attesta al 134,3%. Su 100 posti disponibili, ce ne sono, in media, 134 occupati. Il sistema carcerario italiano si trova in uno stato di emergenza umanitaria senza precedenti, come certificato dal report di metà anno dell'associazione Antigone.
Il 2024 è stato l'anno più drammatico della storia su questo fronte: in un solo anno, 246 persone hanno perso la vita in detenzione. Di queste, ben 91 si sono tolte la vita, un triste record che, con i 33 suicidi già registrati tra gennaio e maggio del 2025, continua ad allungare una lista nera. Questi numeri sono doppi rispetto alle medie continentali, testimoniando un fallimento nella tutela della salute mentale: quasi la metà dei suicidi riguarda persone straniere, e circa il 50% di questi tragici gesti avviene nei primi sei mesi di detenzione, a riprova della fragilità psicologica e della disumanità dell'impatto carcerario iniziale.
A peggiorare il quadro contribuisce il degrado strutturale, spesso non risolto dai fondi stanziati: il rapporto Antigone ha rilevato gravi carenze in decine di istituti visitati, da mancanza di riscaldamento o acqua calda, fino a situazioni in cui il WC è posizionato in ambiente non separato. Infine, l'emergenza si riflette anche nelle statistiche demografiche e minorili. Si registra un progressivo invecchiamento della popolazione detenuta e, in controtendenza, un allarmante record negativo nelle carceri minorili: al 30 aprile 2025, erano 611 i giovani detenuti, contro i 381 di fine 2022. Questo incremento vertiginoso si traduce in un grave sovraffollamento in 9 istituti minorili su 17, sintomo di una crisi che coinvolge ogni fascia d'età e ogni tipologia di struttura.
In conclusione, vi è un vero e proprio paradosso di quella che dovrebbe essere una pena tesa alla rieducazione nell'urgenza di un sistema che è al collasso. La gravità della situazione carceraria italiana è ormai innegabile, ed evidenzia un fallimento di Stato che chiede un ripensamento radicale della pena, della sua dignità e del suo fondamento costituzionale.





