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Un Paese in piazza: la lezione della Serbia

Mentre una nebbia nera scende sulle piazze d'Italia e i vari Piantedosi di turno impongono restrizioni sempre più preoccupanti alle libere forme di protesta, la Serbia ci dà una lezione epocale del potere delle proteste in piazza.

 

Al di qua dell'Adriatico abbiamo il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa che esprime preoccupazione per il ddl sicurezza italiano. Al di là dell'Adriatico abbiamo i serbi, che scendono in piazza dal novembre 2024, per protestare contro la corruzione del Governo.

Tutto ha avuto inizio quando il 1° novembre 2024, 15 persone sono morte a seguito del crollo della pensilina della nuova stazione ferroviaria di Novi Sad, seconda città serba. La stazione era stata presentata come fiore all'occhiello per gli standard europei, dal Presidente filorusso Vučić e dal primo ministro Vučević, ex sindaco, tra l'altro, di Novi Sad.

 

L'opera che ha provocato il disastro è stata realizzata in partenariato con finanziamenti cinesi; la nuova via della seta passa anche da qui e per rendersi conto dell'impatto della Cina sulla vicina Serbia basta farsi un giro nel quartiere della Nuova Belgrado, una piccola Dubai costruita nel cuore della capitale.

 

Nel silenzio assordante della stampa europea, dapprima gli studenti universitari e poi, man mano, altre fette della società civile (dai medici ai giudici, cittadini e artisti) protestano da settimane per spazzare via la corruzione dal paese.

 

Ogni giorno da quel tragico novembre, nelle piazze serbe e nelle università occupate, ai 15 minuti di silenzio, uno per ogni vittima, seguono discussioni e manifestazioni che sono cresciute al punto tale da istituire uno sciopero e un blocco nazionale lo scorso 24 gennaio. Ai negozi e ristoranti semideserti si sono frapposte le piazze colme di manifestanti: oltre 100mila a Belgrado e altre decine di migliaia nel resto del Paese.

 

É notizia di ieri che il primo ministro abbia rassegnato le dimissioni ma il vero bersaglio delle proteste è il presidente filorusso Vučić, scaltro burattinaio capace di mantenere saldissimi rapporti economici con la Russia di Putin e contemporaneamente vendersi come colui che porterà la Serbia in Europa. Le silenti cancellerie europee hanno destato perplessità e delusione da parte dei giovani serbi, i quali si sentono abbandonati in questa lotta che, speravano, potesse contare sull'indignazione europea.

 

Difficile indignarsi tuttavia, se la stampa europea censura scientemente notizie così rilevanti del più grande paese europeo non in UE. Di cosa si ha paura, che anche gli europei scendano in piazza contro la corruzione?

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