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Telecamere di Hamas: il nuovo incubo di Israele

Che coincidenza straordinaria: ogni volta che Israele sgancia una bomba “contro Hamas”, muore un giornalista. Strano, eh? Hamas dev’essere l’unica organizzazione al mondo a reclutare gente armata di microfoni, cavalletti e reflex. Chissà che pericolo rappresentano: forse con una fotocamera possono far crollare un F-16?


Il copione è sempre lo stesso: prima l’attacco, poi il comunicato con le parole magiche: “obiettivo terroristico”, “errore tragico”, “indagine interna”. E via, la coscienza internazionale è a posto. Peccato che l’“obiettivo terroristico” somigli sempre a una telecamera puntata sulla devastazione e a una pettorina con la scritta “PRESS”.


Israele non teme i razzi arrugginiti di Gaza. Teme le immagini. Perché una foto di un ospedale sbriciolato vale più di mille giustificazioni militari. Perché un video di bambini insanguinati distrugge in pochi secondi la favola del “noi difendiamo solo la nostra sicurezza”. E allora sì, meglio bombardare chi riprende, chi scrive, chi racconta. Meglio sterminare i testimoni: così resta solo la versione ufficiale, comoda e sterile.


La verità è che a Gaza i giornalisti e le giornaliste non vengono “colpite per sbaglio”. Vengono cacciate come bersagli scomodi. Perché documentare l’assedio, le stragi, le case ridotte in polvere, significa squarciare il velo di propaganda che protegge Israele davanti al mondo. E questo, per Tel Aviv, è un crimine imperdonabile.


Il paradosso? Più provano a spegnere le telecamere, più diventa chiaro l’obiettivo reale: non cancellare Hamas, ma cancellare la Palestina dalla memoria collettiva. Trasformarla in un buco nero senza testimoni, senza voce, senza storia.


Ma c’è un dettaglio che Israele non calcola: la verità non ha bisogno di passaporto. Sopravvive alle bombe, ai blackout, ai funerali. E ogni giornalista assassinato diventa un’eco più forte, un’assenza che pesa più di mille comunicati militari.


La verità rende liberə. Ma Israele vuole annientare ogni speranza di libertà ed esistenza per la Palestina.

Un ritratto della fotoreporter palestinese Fatima Hassouna, di Andrea Ebert. Il 16 aprile 2025, lei e dieci membri della sua famiglia, tra cui la sorella incinta, furono uccisi da un missile israeliano che colpiva la sua casa nella Striscia di Gaza. Fatima Hassouna è stata la protagonista del documentario "Put Your Soul on Your Hand and Walk". - Andrea-Ebert-ilustra, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons -
Un ritratto della fotoreporter palestinese Fatima Hassouna, di Andrea Ebert. Il 16 aprile 2025, lei e dieci membri della sua famiglia, tra cui la sorella incinta, furono uccisi da un missile israeliano che colpiva la sua casa nella Striscia di Gaza. Fatima Hassouna è stata la protagonista del documentario "Put Your Soul on Your Hand and Walk". - Andrea-Ebert-ilustra, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons -




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