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“Meglio tardi che mai” No, tardi non è meglio. Tardi è tardi

Venti mesi. Più di 54.000 palestinesi morti. Gaza rasa al suolo. Bambini e bambine carbonizzate sotto le macerie. Operatori umanitari colpiti, medici uccisi, ospedali ridotti in cenere. Tutto documentato, tutto visibile, a volte in diretta. Eppure, servono venti mesi e un odore di bruciato che arriva fino ai salotti europei, per sentire qualche leader della politica finalmente mormorare: “Forse Israele sta esagerando”.


Ma va? Dove eravate mentre il massacro avveniva in tempo reale, in 4K, su tutti gli schermi del pianeta? Forse a cercare la formula diplomatica più elegante per non dire “genocidio”? Impegnati a recitare il rosario dell’“autodifesa di Israele” mentre bombardava scuole e campi profughi?


In Italia, il ministro Tajani si è accorto solo adesso che forse i tank israeliani a Rafah non sono propriamente un’operazione chirurgica. E l’opposizione? Gli stessi partiti che per mesi hanno farfugliato banalità o, peggio, sono rimasti muti come pesci, oggi scoprono la Palestina e partecipano alla presentazione di una mozione unitaria per il riconoscimento dello Stato palestinese. Applausi. Una standing ovation da retromarcia morale.

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Rally_for_Gaza_in_Columbus,_2023-11-12_(8328).jpg
Becker1999 from Columbus, OH, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Ma mentre i politici e le politiche si scaldano ora, a sporcarsi le mani e la faccia, per davvero, sono state le studentesse e gli studenti, gli attivisti e le attiviste, i movimenti che hanno occupato le università, invaso le strade, denunciato l’evidenza. E cosa hanno ottenuto? Manganellate, denunce, insulti. Un marchio ingiusto di violenza, estremismo, antisemitismo e a volte, addirittura, di terrorismo. In Italia, la solidarietà a Gaza è stata trattata alla stregua di una minaccia all’ordine pubblico. E adesso che anche i palazzi si risvegliano dal torpore, quelle stesse persone vessate dovrebbero ringraziare? Ma per favore.


Nel frattempo, Israele procede spedito con il suo piano: distruggere Gaza, spopolare Rafah, eliminare “ogni minaccia”, ergo, ogni palestinese. Un’altra malcelata “soluzione finale”, che trova più resistenze nel lessico occidentale che non nelle cancellerie. Perché guai a chiamarlo con il suo nome: GENOCIDIO. No, meglio restare nel vago, evitare termini forti. Non sia mai che qualcuno si offenda.


In Europa, però, Pedro Sánchez è tra i pochi a usare parole chiare, mentre Ursula von der Leyen si barcamena tra l’imbarazzo e la connivenza, dopo aver stretto mani insanguinate e regalato silenzi pesanti come bombe. E il resto dell’UE? Spaccato. Paralizzato. Ostaggio dei soliti noti che frenano ogni passo verso l’unico atto, per quanto insufficiente, perlomeno decente: il congelamento dell’accordo commerciale con Israele.


E poi ci sono gli Stati Uniti: fino a ieri in prima fila a rifornire Tel Aviv di armi e giustificazioni, ora cominciano ad arrossire. Ma solo un po’. La verità è che Israele sta diventando un alleato tossico, un amico imbarazzante che non riesci più a difendere neanche alle cene di gala. Ma non abbiate paura: il fiume di armi continua a scorrere.


Nel frattempo, i campus americani sono diventati le nuove piazze Tahrir. Giovani in arresto, sgomberi, studenti, studentesse e personale accademico bollati come pericolosi per aver detto l’ovvio: a Gaza non è una guerra, è un crimine, uno sterminio, una pulizia etnica. L’Occidente democratico, progressista, illuminato, continua a stare dalla parte sbagliata della storia. Ancora una volta.


L’ipocrisia istituzionale è insopportabile. Chi oggi piange lacrime tardive dopo mesi di silenzi, complicità e repressione, non merita medaglie. Merita memoria. Perché chi ha visto tutto e ha taciuto, ha scelto da che parte stare. E adesso che il sangue ha superato il livello di guardia e inizia a sporcare i tappeti buoni dei ministeri, non basta cambiare narrazione. Ci vogliono azioni forti, concrete. Embarghi e sanzioni immediate. Il rovesciamento forzato del crimine chiamato “sionismo”.


I bambini e le bambine carbonizzate, morte di stenti, le madri orfane della propria prole, i padri che scavano tra le macerie sperando di vedere una manina che ancora si muove, non dimenticano il vostro imperdonabile silenzio appena interrotto.


Qualcuno direbbe: “meglio tardi che mai” ma in un film di Sorrentino si continua così: “No, tardi non è meglio. Tardi è tardi”.

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