top of page

La vera battaglia è quella culturale

Il mondo attuale è dominato dal pensiero unico neoliberista pienamente solidale al sistema economico capitalista che si è affermato sugli altri modelli. Ci sono stati vari tentativi nella storia di cambiare o modificare tale modello che sono falliti tutti. Tutti questi tentativi hanno provato ad agire un cambiamento direttamente sulla struttura economica del potere. Ma potremmo pensare di provare ad agire il cambiamento intervenendo sulla sovrastruttura culturale?

 

In poche parole, se provassimo a ribaltare il rapporto che c’è tra potere e sapere, tra sistema e cultura, saremo in grado di intervenire sulla sovrastruttura culturale in modo di cambiare i presupposti economici della nostra società? Questa la provocazione che rende originale il pensiero dell’ex presidente dell’Uruguay Josè Pepe Mujica.

La filosofia marxiana sostiene che sia la struttura, cioè l’apparato economico e le condizioni materiali, a determinare la sovrastruttura, cioè il livello delle idee e della cultura.

 

Similmente il pensiero di Michel Foucault, con la sua analisi storica della nascita del sapere disciplinare e delle scienze umane, afferma la stretta dipendenza del sapere dal sistema di potere. L’evoluzione del sapere non ci porta al progresso e all’affermazione dell’Umanesimo, ma all’assoggettamento dell’individuo, trasformandolo in strumento funzionale al mantenimento del sistema economico. Il cambio di paradigma culturale che ha attraversato la storia del pensiero in Occidente è completamente solidale e funzionale a sostenere l’apparato industriale capitalistico.

 

Personalmente non sono particolarmente entusiasta a sostenere questi sistemi di pensiero così deterministici. Credo che il rapporto tra potere e sapere, tra sistema economico e cultura sia un po’ più complesso e non unidirezionale come sembra scaturire dalle puntuali analisi di Marx e Foucault. Tuttavia, è indubbio che ogni sistema di potere costruisce un apparato culturale che deve risultare funzionale alla propria esistenza. Solo che questo rapporto tra potere e cultura è molto complesso e ben difficile da gestire in maniera da diventare una sorta di Grande Fratello. Sono tante le sacche di resistenza che manifestano un mondo più complesso e plurale che si oppongono a questo meccanismo.

Immagine concessa liberamente dall'autore dell'articolo, Massimo Battiato
Immagine concessa liberamente dall'autore dell'articolo, Massimo Battiato

Su questa base è costruito il pensiero dell’ex presidente uruguaiano Josè Pepe Mujica. Anche lui sostiene la teoria del rapporto tra sistema di potere e cultura, ma la sua originalità consiste nell’affermare che si possa fare il cammino anche a ritroso, cioè provare a cambiare la cultura dominante e solidale al pensiero neoliberista con idee alternative, in modo che queste idee mettano in crisi e portino al cambiamento del sistema.

 

Premesso che questo tipo di ragionamento si può fare quando le condizioni materiali minime di vita sono garantite, cosa vuol dire concretamente che il cambiamento dovrebbe partire dalla cultura? Non è un discorso semplice in un contesto sociale in cui anche la cultura è legata alla logica del mercato e del profitto. Persino i bisogni più profondi e spirituali degli esseri umani sono trattati come merci.

 

Tuttavia, non si tratta di negare che questo sistema economico garantisca molti vantaggi. Nessuno è contro il progresso tecnologico, l’acquisto di beni di consumo e tutto ciò che rende la vita più semplice. Il punto è che tutti questi beni e servizi dovrebbero migliorare la vita di tutti, portare le persone alla felicità, non alimentare un meccanismo perverso. Il cambiamento culturale interverrebbe proprio sulla logica che ci sta dietro. Per esempio, il consumismo fine a se stesso, con la generazione di bisogni indotti, è uno dei problemi su cui si può intervenire culturalmente. Seguendo il pensiero di Mujica, non acquistiamo gli oggetti di cui crediamo di aver bisogno con il denaro, ma con il tempo che impieghiamo per ottenere quel denaro e che non dedichiamo a cosa è più importante per noi. Questo approccio diverso al consumismo mette al centro le persone invece che il profitto fine a se stesso.

 

Promuovendo una cultura basata su una scala di valori diversa e alternativa a quella dominante si può pensare di riuscire, con la pazienza di un lavoro fatto a stretto contatto con le persone, di cambiare veramente la nostra società. Ci sono già dei segnali che questo cambiamento sia possibile, come l’attenzione nel mondo del lavoro al benessere delle persone e non solo ai risultati economici. Oppure la crescita dell’attenzione alle tematiche ambientali. Tutti questi segnali, per quanto timidi e incerti, indicano che valga la pena di provarci.

Unisciti ai canali

  • Instagram
  • Facebook
  • Whatsapp
bottom of page