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La grammatica dell’odio

Le parole scolpiscono la realtà. È un principio che conosce bene chiunque si occupi direttamente di comunicazione o che su essa basi la sua fortuna. Lo sa Steve Bannon, l’ideologo della destra statunitense trumpiana così come Trump stesso. Ne aveva piena consapevolezza anche Charlie Kirk, giovane influencer conservatore, ucciso pochissimi giorni fa, pare, da un ragazzo cresciuto fra armi, rabbia, cultura del nemico. 

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Charlie Kirk parla con i partecipanti al Chapter Leadership Summit del 2025 presso il Tampa Convention Center di Tampa, Florida, 11 luglio 2025 - Gage Skidmore, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Attraverso le parole si dà forma ad un paese in conflitto, potenziale o attivamente ricercato: forte, potente, temuto, rispettato, grande, capace di intimidire con la muscolarità dei dazi unilaterali, minacce di acquisizioni territoriali, facce contorte in espressioni grottesche. “Fight! Fight!” ripeteva con il volto sporco di sangue Trump alla folla ebbra di adrenalina, pochi secondi dopo il fallito attentato in campagna elettorale.

 

Ci troviamo per l’ennesima volta a dover riflettere su un fatto legato alla “giustizia” fai da te col mezzo delle armi da fuoco, troppo facili da ottenere a prescindere da età e condizioni mentali. Come nei film, la continua evocazione del risentimento ha impresso l’immagine di un’America costruita su piombo e sangue. Sotto i colpi di questa violenza dei rapporti, anche in politica, crolla il senso stesso delle istituzioni, strutture nate per garantire la pacifica convivenza fra interessi diversi o contrastanti.

 

Il tributo alla morte di Kirk è l’elevazione al rango di martire. I mandati morali vengono prontamente identificati nella “sinistra”, bagnando con l’aceto le ferite che lacerano gli Stati, si invoca la pena di morte, si catalizza rabbia senza alcun tentativo di comprendere i perché e provare a scongiurare altri episodi del genere. Punire anziché prevenire, instillare altro odio invece di dare motivi per deporre il risentimento, intimidire, combattere. Questo potrebbe cozzare con l’immagine di un gruppo politico che ha esasperato il suo legame con la fede cristiana, se non fosse per il ricordo delle crociate o del legame con il vecchio testamento.

 

Alcuni drammaticamente ironizzano sul karma abbattutosi su Kirk sotto forma di pallottola. Parlava delle vittime da arma da fuoco come un prezzo da pagare per il diritto alla sicurezza dei cittadini. Nei suoi interventi in pubblico o sui suoi seguitissimi profili social, tagliava via intere fette di società come scarti, la parte di popolazione di etnia non bianca, non cristiana, non eterosessuale, non ricca, non buonista, non woke. Kirk con le parole, pronunciate in maniera sempre pacata e sorridente, ha delineato il modello di cittadino americano ideale escludendone tanti altri, relegando questi ultimi fra i meno desiderati, anche se repubblicani. Ma c’è poco da ironizzare quando certe parole demoliscono ogni “buonismo” in alcune menti fragili e spingono a premere il grilletto.

 

Sulla terra dell’American Dream sta calando la notte buia dell’American Nightmare, fatta di terrore, paranoia, divisione, emarginazione, frustrazione e tanti proiettili. Troppi. Cosa può accadere quando l’unico modo di descrivere la realtà usa la grammatica dell’odio?

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