L’Albero di Betlemme è Resilienza e Resistenza di un Popolo immortale
- Ilenia D’Alessandro

- 2 giorni fa
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Betlemme, la città dove secondo la tradizione nacque Gesù, lo scorso 6 dicembre ha visto risplendere nuovamente il suo Albero di Natale. Dopo due anni di oscurità, privazione delle luci, delle celebrazioni pubbliche, e dell’anima festiva che caratterizzava il cuore pulsante di Sāḥat al-Mahd (la Piazza della mangiatoia), le luminarie si sono accese di nuovo tra canti e preghiere. È un momento che va oltre la semplice ritualità cristiana: è un simbolo potente di resilienza, speranza e identità collettiva di un popolo che rifiuta categoricamente di essere cancellato.

Non si tratta soltanto di luci e decorazioni. L’Albero, in tutte le culture, è simbolo di vita che cresce verso il cielo, di rinnovamento, di continuità. A Betlemme, oggi, diventa l’Albero di un popolo che non si arrende, di una Palestina che vive nei cuori e nelle strade, nonostante ogni tentativo di spegnere la sua voce e la sua presenza. Questo Natale, la luce dell’Albero non è solo un simbolo religioso, ma una proclamazione di esistenza e di speranza in un tempo dove il popolo palestinese, tutto, vede compromessa la sua esistenza a causa del genocidio che sta commettendo lo stato di Israele.
Per due anni la città ha taciuto le sue celebrazioni pubbliche, in larga parte costrette al silenzio per via dello sterminio a Gaza e dell’intensificarsi delle restrizioni e delle chiusure imposte in Cisgiordania. Le festività più che mai erano diventate un lusso in un contesto di lutto, di perdita e di precarietà economica, con negozi chiusi, turismo quasi azzerato e una sensazione di rassegnazione che aveva avvolto le vie di Betlemme.
Quest’anno le celebrazioni sono state sobrie, accompagnate da canti religiosi e dalla gioia sulle facce dei presenti mitigata dal ricordo delle vite spezzate e dalle atrocità vissute. Ma quella sobrietà stessa porta un messaggio: non si celebra l’illusione di una pace superficiale, ma la resistenza profonda di un popolo che sopporta, spera e guarda avanti.
L’Albero di Natale di Betlemme non è mai stato solo un ornamento temporaneo: è sempre stato simbolo di apertura, di accoglienza, di un crogiolo di religioni e culture che si incontrano in questa terra meravigliosa che è la Palestina. E oggi, in un contesto di assedio e genocidio, la sua accensione diventa metafora della sopravvivenza di una tradizione e di un popolo che si rifiutano di disgregarsi.
La Palestina non è morta.
Chiunque abbia avuto la fortuna di camminare tra le strade di Betlemme nei giorni scorsi ha visto volti stanchi, occhi segnati dalla fatica, ma anche un’affermazione vivida: noi continueremo a esistere, continueremo a celebrare, a ricordare chi è stato perso e a resistere a chi tenta di cancellarci dalle mappe della storia. Questo abbraccio collettivo attorno all’Albero parla più forte di qualsiasi dichiarazione politica. È un grido di speranza che si innalza nel cielo notturno, accompagnato dalle luci che si rifiutano di spegnersi.
Oggi, con le luci accese, Betlemme dichiara a voce alta: “Siamo qui. Esistiamo. Resistiamo.” Perché quando una comunità riesce a trovare gioia nei riti, nei canti, nel radunarsi sotto un albero illuminato, significa che la sua identità non è stata spazzata via. Significa che la Palestina non è, e non sarà mai, un capitolo chiuso della storia umana.
La Palestina vivrà, perché Betlemme non ha rinunciato alla sua anima. Perché il suo Albero, illuminato nonostante tutto, è luce che attraversa il buio, luce che non si spegne. Luce che testimonia che la Palestina è viva, è infinitamente bella e non riusciranno mai a cancellarla.





