top of page

La Fenomenologia del Capodanno: tra ritenzioni temporali e anticipazioni intenzionali

Il passaggio dall’anno che finisce a quello che comincia è un momento di profonda riflessione e di prospettiva. È come trovarsi sulla soglia di un nuovo capitolo della nostra vita, con un piede nel passato e l’altro rivolto verso il futuro. Questa transizione annuale ci offre l’opportunità di guardare indietro e contemplare il percorso fatto, mentre ci incamminiamo verso un terreno ancora inesplorato di possibilità. Guardare all’anno che sta per concludersi può essere un esercizio potente, in cui riviviamo i momenti salienti, riflettiamo sulle sfide superate e celebriamo i successi ottenuti. Ogni giorno, ogni esperienza, ogni incontro ha contribuito a plasmare la trama unica di questo capitolo della nostra vita. Ci sono le gioie che abbiamo assaporato e le difficoltà che abbiamo superato, e ciascuna di esse ha lasciato un’impronta indelebile sulla nostra crescita personale.

I miei studi mi suscitano una riflessione fenomenologica. Nel contesto della fenomenologia, il Capodanno può essere analizzato come un momento significativo in cui emergono varie strutture e dinamiche dell’esperienza temporale. Questi eventi non sono semplicemente dati oggettivi, ma vengono plasmati dalla nostra coscienza, filtrati attraverso la nostra interpretazione e il nostro significato personale. La retrocessione fenomenologica, l’atto di richiamare esperienze passate nel presente, diventa così una parte essenziale della nostra riflessione.

Edmund Husserl - anni '10 del XX sec. - Unknown (Mondadori Publishers)

Senza addentrarci troppo e cercando parole semplici, Husserl introduce il concetto di “ritenzione” per spiegare come la coscienza affronta il tempo. Questa ritenzione coinvolge la capacità della coscienza di trattenere, contemporaneamente, oggetti temporali passati e se stessa in un momento precedente. Immaginate di rievocare un ricordo o un’esperienza passata: durante questo processo, la vostra coscienza trattiene l’oggetto temporale (il ricordo) nel presente, ma al tempo stesso si trattiene essa stessa nel momento in cui avete originariamente vissuto quell’esperienza.


In ambito fenomenologico-sociale, per Schütz, che non smette mai di confrontarsi con Husserl, la riflessione è l’atto con cui l’individuo volge lo sguardo alle proprie azioni compiute, ai propri vissuti, per dare loro valore significativo. Ma, dal momento che un’azione soggettiva si esprime nel mondo sociale, il dare significato a questa azione diventa esso stesso un evento sociale, e fa del mondo quotidiano una piazza, per così dire, sociale e non più un mondo privato del singolo. Così, l’azione assume significato all’interno di un contesto sociale e gli individui sono impegnati nell’agire l’uno con l’altro in una realtà che è da subito intersoggettiva e mai privata, realtà in cui condividono e costruiscono significati attraverso l’interazione sociale, in un tempo che fa parte di questa sfera, un tempo civico condiviso. Interagendo, costruiscono significati condivisi nel tessuto delle relazioni umane. La temporalità diventa così una dimensione collettiva, dove il significato del tempo è plasmato attraverso la connessione intersoggettiva.

Allora, la mia paura dell’umanità di oggi mi fa chiedere: può l’intenzionalità (nel senso fenomenologico del termine) dell’agire umano avere davvero una visione sociale? Le riflessioni sull’alter ego, la sua esistenza, i significati delle sue azioni, possono non essere lasciate solo alla riflessione filosofica? In qualche modo, nella mia ultima tesi, che pubblicherò a breve, pongo una strada di studio in questo senso, una via non solo teorica ma anche pratica, un corpo a corpo con l’azione dell’altro che pone un limite all’azione dell’individuo e, nel contempo, la rende immensa nella fusione con l’altro. Ci torneremo…


Ma mentre riflettiamo sul passato, dobbiamo anche essere consapevoli del presente e guardare con speranza al futuro. L’anno che inizia è una tela ancora bianca, un foglio in attesa di essere scritto. Da Bergson impariamo a concepire il futuro come una novità creativa, in continua emergenza dalla durée, ripresa da Schütz, la quale rappresenta il tempo vissuto, di coscienza, un flusso continuo e indivisibile che è il fondamento della nostra esperienza. Il futuro, dunque, non è preordinato o predeterminato, ma si sviluppa attraverso un processo di creazione continua che apre spazi per la libertà e la spontaneità nella nostra relazione con il tempo. È un invito a sognare, a pianificare, a stabilire obiettivi, ad immaginarci mentre compiamo un’azione. Con consapevolezza del presente, enfatizzando il “qui e ora” dell’esperienza, guardare al futuro da questa prospettiva implica una protensione fenomenologica, cioè una proiezione cosciente dei nostri desideri e obiettivi nella temporalità. Il futuro, in quanto costantemente aperto alle possibilità, diventa una parte integrante dell’esperienza fenomenologica, invitandoci a immaginare e costruire consapevolmente ciò che verrà.


E perché non costruire qualcosa che sia anche di bene comune? Basterebbe che ognuno di noi si occupasse di elevare la propria anima con il bene prezioso della cultura, dei libri, dell’arte, della creatività e con tutto ciò che porti ad un’intelligenza fluida, ad un anima sensibile, per meglio dire, umana.

Quindi, la temporalità fenomenologica, come un flusso continuo di coscienza, si manifesta nella nostra riflessione sulla transizione da un anno all’altro. Ogni attimo è vissuto in relazione al passato e al futuro, creando un continuum dinamico. In questo spazio temporale, siamo chiamati a essere presenti, a cogliere il significato unico di questo momento di transizione. Questo passaggio temporale da un anno all’altro non è, dunque, solo una convenzione del calendario, ma è una pausa nella narrazione della nostra vita, che ci permette di riconsiderare chi siamo e chi vogliamo diventare. Nel suo silenzio, possiamo ascoltare la voce dei nostri desideri più profondi e prendere decisioni consapevoli su come vorremmo plasmare il nostro futuro. In fondo, l’anno che finisce e l’anno che comincia sono due capitoli connessi nella nostra storia personale. Siamo gli autori di questa narrazione, e mentre voltiamo pagina, possiamo farlo con la consapevolezza che ogni passo avanti è un’opportunità di crescita, di apprendimento e di scoperta.

In questo spazio tra l’anno vecchio e il nuovo, possiamo trovare la forza per abbracciare il cambiamento, in una visione collettiva e non solo singolare, e la gratitudine per ogni istante che contribuisce al nostro viaggio. Possiamo salutare l’anno che se ne va con un senso di comprensione e accogliere quello che inizia con l’entusiasmo di una nuova costruzione di noi stessi e della società che vogliamo davvero rappresentare. Perché in fondo siamo noi a plasmare questo mondo senza alcun rispetto per la Natura che ci ha dato alla luce e che ci nutre. Nessuna guerra è una Dea imbattibile, una forza soprannaturale, ma è solo una nostra figlia, cui decidiamo di dare vita.


Che il nuovo anno ci porti saggezza, gioia e il coraggio di continuare a scrivere la storia unica che è la nostra vita.

Comments


Unisciti ai canali

  • Instagram
  • Facebook
  • Whatsapp
bottom of page