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Il senso di festeggiare il Primo Maggio oggi

L’uomo come animale produttivo è una definizione della natura umana che non si è letta, almeno per quello che mi risulta, nell’opera di nessun pensatore durante la storia della nostra civiltà. Valorizzare la dignità della persona attraverso il lavoro, soprattutto quello manuale, è un’idea che si è fatta strada e imposta da relativamente poco tempo, diciamo a partire dalla Rivoluzione Industriale. Ed è a partire da questa riflessione che mi pongo la domanda sul significato della festa del Primo Maggio.

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Mostafameraji, CC0, via Wikimedia Commons

A mio parere, il significato più profondo di questo giorno è celebrare il lungo cammino delle conquiste, in termini di tutele e diritti, fatte dalle classi lavoratrici subalterne nel corso della storia, dall’inizio della Rivoluzione industriale a oggi.

 

Questo cammino non è stato certo indolore, pacifico e lineare. Se potessimo visualizzarlo come una linea su un diagramma cartesiano non sarebbe certo una retta o una curva che punta dritta verso l’alto. Il progresso verso l’acquisizione dei diritti e delle tutele ha avuto i suoi alti e bassi, non è stato omogeneo su scale europea e planetaria, anche perché condizionato dalle situazioni contingenti e dai rapporti di forza tra capitale e lavoro.

 

Senza ripercorrere nel dettaglio la storia dal XIX secolo a oggi, che sarebbe complicato anche prendendo in considerazione un’area geografica limitata, si può tranquillamente affermare che c’è stato un periodo abbastanza lungo in cui questo progresso è stato abbastanza lineare: più o meno dal secondo dopoguerra agli anni ottanta. È del 20 maggio 1970, per fare un esempio concreto, la promulgazione in Italia della Legge 300, lo Statuto dei Lavoratori.

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Operai della Pirelli in sciopero all'uscita della fabbrica a Milano, autunno 1969 - Archivio De Bellis/Fotogramma

L’inversione di rotta di questo cammino è cominciata dall’affermazione delle politiche economiche neoliberiste della Thatcher in Inghilterra con duri bracci di ferro contro le associazioni sindacali. Tale politica è proseguita anche con l’alternanza al potere dei Laburisti ed è una costante in altri paesi d’Europa quando sono stati governati da partiti socialisti o socialdemocratici. Tutto ciò è avvenuto anche per il contributo della caduta dell’Unione Sovietica e dei regimi comunisti nell’Est europeo. Non si tratta di nostalgia per un passato che non è stato certo di libertà per chi l’ha vissuto, ma riconoscere che la mancanza di un modello alternativo al Capitalismo ha avuto un notevole impatto sulla sua evoluzione. La necessità di dimostrare la superiorità delle democrazie liberali in termini non solo di avanzamento economico e tecnologico, ma anche di libertà politiche, sociali e sindacali, con il miglioramento delle condizioni materiali delle classi lavoratrici che c’è indubbiamente stato, non ha avuto più ragione di essere. Così il Capitalismo, nella sua natura più predatoria, si è imposto anche nel mondo occidentale, anche durante i periodi di governo della Sinistra.

 

Tutto ciò ammantato delle più nobili intenzioni. Questa liberalizzazione dei mercati, compreso quello del lavoro, è stata propagandata come la vera strada che porta verso il progresso. L’accumulazione di capitale avrebbe alla fine beneficiato anche le classi più povere seguendo la teoria dello sgocciolamento. E, come se non bastasse, questa teoria è stata accompagnata dalla retorica del siamo tutti sulla stessa barca, lavoratori e capitalisti. Questo per giustificare che tutti quei discorsi sulla lotta di classe e l’emancipazione delle masse proletarie sono ormai obsoleti perché raccontano una realtà ampiamente superata. Cosa non vera in quanto certe logiche non sono state superate e le élite economiche al potere lo sanno benissimo, avendo proseguito la lotta di classe e, almeno al momento, vincendola, possibilmente senza fare prigionieri. 

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Mostafameraji, CC0, via Wikimedia Commons

Ha ancora senso celebrare il Primo Maggio, magari rinunciando almeno per questo giorno alla pratica dello shopping per il rispetto che si dovrebbe avere verso il significato di questa festa. Un giorno in meno di consumismo non avrà conseguenze devastanti sulla crescita del PIL.

 

Ha ancora senso, perché le conquiste di due secoli di lotte operaie non sono mai acquisite definitivamente e vanno difese, per esempio, anche partecipando al voto per i referendum dell’8 e 9 giugno che vanno a impattare proprio su alcuni aspetti legislativi del diritto del lavoro e sulla sicurezza degli ambienti lavorativi, che dovrebbe essere una condizione scontata ma non lo è per nulla.

 

Ha ancora senso affermare che il lavoro dovrebbe essere uno strumento per affermare la dignità della persona e non per mortificarla. Ho aperto ricordando che l’uomo non è un animale produttivo, secondo me l’essere umano è molto di più. Il lavoro dovrebbe essere considerato un mezzo e non un fine per la realizzazione della persona.

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