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Il ritorno delle mine antiuomo contro la minaccia russa

Come anticipato da Reuters, Finlandia e Lituania inizieranno dal prossimo anno a produrre mine antiuomo sia per uso interno sia per fornirle all’Ucraina, al fine di contrastare l’invasione russa. Entrambi i paesi temono che la Russia, in economia di guerra dal 2022, possa minacciare militarmente i loro confini, anche attraverso piccole incursioni per destabilizzare i vicini e la NATO, di cui fanno parte.

 

Sia Vilnius sia Helsinki hanno annunciato l’intenzione di ritirarsi dal Trattato di Ottawa, la Convenzione internazionale per la proibizione dell’uso, stoccaggio, produzione e vendita di mine antiuomo e per la loro distruzione. A seguito del ritiro, i due paesi inizieranno la produzione. Polonia, Estonia e Lettonia hanno espresso la stessa l’intenzione di seguire l’esempio di Finlandia e Lituania, preoccupate dall’aggressività russa, ormai considerata un soggetto che destabilizza il continente europeo.

 

PGZ S.A., il conglomerato statale polacco della difesa, ha dichiarato di essere pronto a produrre milioni di mine, se necessario, mentre ZSP Niewiadów, produttore privato polacco di munizioni, ha annunciato che prevede di riavviare la produzione su larga scala di mine nel 2027, investendo in nuove strutture per questo scopo.

 

I paesi NATO che intendono uscire dal Trattato di Ottawa hanno specificato che non creeranno campi minati in tempo di pace, ma immagazzineranno le mine per un rapido dispiegamento in caso di minaccia da parte della Federazione Russa, considerando queste armi uno strumento di dissuasione militare.

 

La produzione interna di mine antiuomo è in linea con gli impegni promossi dagli Stati Uniti per raggiungere una spesa militare equivalente al 5% del PIL per i membri della NATO. Anche Kiev ha comunicato l’intenzione di ritirarsi dal Trattato di Ottawa per contrastare la Russia, che non ha mai ratificato la Convenzione ed è stata accusata di utilizzare mine come armi nel conflitto, rendendo l’Ucraina il paese più minato al mondo.

 

Diverse potenze, tra cui Cina, India, Iran, Israele, Russia, Pakistan e Stati Uniti, non hanno mai firmato la Convenzione di Ottawa. Ad oggi, 165 Stati sui 193 riconosciuti dall’ONU hanno aderito al trattato.

 

In risposta alla notizia del ritiro di alcuni Stati, il segretario generale dell’ONU, António Guterres, si è detto “gravemente preoccupato” per una decisione che rischia di “indebolire la protezione dei civili e compromettere due decenni di un quadro normativo che ha salvato innumerevoli vite”.


Le mine antiuomo sono estremamente pericolose sia per i civili sia per i militari, poiché esplodono al contatto, per vibrazione o tramite un filo d’innesco, spesso causando mutilazioni alle vittime. Esperti e ONG sottolineano che queste armi colpiscono in modo sproporzionato i civili, che rappresentano oltre l’80% delle vittime, di cui il 40% sono bambini. Anche dopo la fine dei conflitti, le mine continuano a provocare vittime, poiché le operazioni di sminamento sono complesse e costose. Inoltre, tali interventi hanno subito rallentamenti a causa dei tagli al bilancio introdotti dall’amministrazione Trump, nonostante quest’ultima affermi di aver ripristinato alcuni programmi.


Si teme che il ritiro dal Trattato possa innescare un effetto a cascata tra i paesi aderenti, indebolendo uno strumento giuridico fondamentale per la protezione dei civili in tempo di guerra.

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:M88_Volcano_training_mine.jpg

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