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Il copione della guerra: minaccia, interessi e bombe

Aggiornamento: 24 giu

La recente escalation militare tra Stati Uniti, Israele e Iran, a mio avviso, non può essere letta semplicemente come una risposta al presunto pericolo nucleare. Piuttosto, credo si tratti dell’ennesima dimostrazione di come propaganda e interessi economici si intreccino in modo spregiudicato. La narrazione sul programma atomico iraniano appare sempre più come un pretesto, un copione già scritto per giustificare decisioni geopolitiche maturate altrove.

President Donald Trump in the Situation Room, June 21, 2025 - The White House, Public domain, via Wikimedia Commons
President Donald Trump in the Situation Room, June 21, 2025 - The White House, Public domain, via Wikimedia Commons

Secondo la mia lettura, gli Stati Uniti sono intervenuti principalmente per due ragioni. La prima riguarda Israele, che si è trovato in una posizione di grande difficoltà, incapace di contenere efficacemente la risposta missilistica iraniana. Nonostante ciò, ha comunque scelto l’attacco, presumibilmente contando sull’appoggio a priori di Trump. Di fronte al rischio che il proprio alleato crollasse sotto i colpi della rappresaglia, Washington si è trovata “costretta” ad agire, rafforzando il proprio ruolo di protettore e garante.

 

La seconda ragione, a parer mio, è strettamente legata alle rotte commerciali. Con lo Stretto di Suez diventato zona ad alto rischio, il commercio marittimo globale sarà costretto a circumnavigare l’Africa, aumentando i costi e rallentando i tempi. Questo scenario potrebbe avvantaggiare le esportazioni americane soprattutto in campo energetico, a scapito dei concorrenti asiatici. Anche qui, la guerra sembra funzionare come leva per ricalibrare i mercati.

 

Nel frattempo, Gaza scompare dalle prime pagine. Ma il genocidio non si è mai fermato. I raid israeliani continuano a colpire la popolazione civile: donne, bambini, famiglie intere che muoiono bruciate vive, o che vengono ridotte alla fame in una strategia di assedio che usa la carestia come arma. Il silenzio mediatico rischia di coprire l’operazione di pulizia etnica che prosegue indisturbata.

 

Questa guerra ci restituisce, ancora una volta, l’immagine di grandi democrazie che predicano i diritti umani e la pace, ma che spesso sono le prime a violarli. Gli Stati Uniti non difendono valori universali: difendono interessi. E Israele dimostra, ancora una volta, tutta la sua fragilità. Uno Stato che ha bisogno del sostegno militare e politico di Washington per sopravvivere, e che, forte del senso di colpa grava sulle spalle dell'occidente, crede di poter colpire chiunque, anche a costo di invadere la sovranità altrui. Non è l’Iran la vera minaccia alla pace. Lo è un sistema internazionale che giustifica la violenza in nome della sicurezza, ma che nella realtà continua a usare la guerra come strumento di dominio e profitto.


Arriverà una condanna nei confronti degli Stati Uniti da parte dello Stato italiano? Mio malgrado dubito che parole di denuncia usciranno dalle aule parlamentari e dal Quirinale, silenzio che suggellerebbe la sottomissione dell’Italia nei confronti dell'America.

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