top of page

Dalla Lega Nord a Renzi il “democratore”: al nuovo fascismo non siamo giunti di colpo.

Sapevo che mi sarebbero tornate utili le parole con cui Michela Murgia traccia le linee storico-politiche degli ultimi trent'anni e tra i passaggi per lei rivelatori che hanno contribuito a creare le condizioni dell’attuale panorama italiano, spicca il ruolo significativo di Matteo Renzi, il "democratore". Ma in che senso? Andiamo per ordine.

Dalla Lega Nord a Renzi il “democratore”: al nuovo fascismo non siamo giunti di colpo. Michela Murgia

In occasione dell'uscita di Ricordatevi come vi pare, il suo libro postumo, Repubblica, 25.04.24, pubblica l’inedito di Murgia: Ogni tempo ha il suo fascismo, titolo ispirato a Primo Levi. «Siamo arrivati a questo punto così, di colpo?» È la domanda di esordio. Ministri che parlano di razza, controllo dei corpi delle donne, diritti tolti alle minoranze, politiche xenofobe, contestanti schedati dalla Digos, epurazione nel sistema culturale e d’informazione: elenco stilato per sintetizzare la cronaca politica solo fino al maggio precedente la sua morte, agosto 2023, ma che peggiorerebbe se aggiungessimo gli eventi dell’anno e mezzo successivo, incluso l’ultimo provvedimento Valditara e il ddl Sicurezza. La questione è che a questa deriva, a ciò che Murgia chiama «nuovo fascismo», non siamo arrivati di colpo.

 

Il punto di partenza viene rintracciato nell’ascesa della Lega Nord – partito apertamente razzista, antimeridionale, maschilista, separatista per ragioni economiche e fiscali –, a cui cominciano gradualmente a dare consenso gli operai di fabbrica, strutturalmente votati a sinistra, come rivela Gad Lerner in Operai. L’altro punto di svolta è il G8 di Genova 2001: la violenza di Stato contro gli inermi, gli insabbiamenti e la morte di Carlo Giuliani, politici che coprirono abusi, colpevoli che fecero carriera, notizie manipolate, processi pieni di bugie. «Genova ha spezzato via la mia fiducia nello Stato democratico» commenta. Al governo di allora c’era l’alleanza tra Lega Forza Italia e Allenza nazionale, quella nata dal tentativo di riformare il Movimento Sociale Italiano e liberarlo dai rigurgiti postfascisti. Tentativo fallito e da cui venne fuori Fratelli d’Italia che dei missini riprese la fiamma del simbolo e i rigurgiti.

La lezione di Michela Murgia sugli ultimi trent'anni di storia della politica italiana fino al governo Meloni.

Ma Murgia segnala un altro passaggio significativo, successivo ai fatti di Genova: l’approvazione della legge sull’immigrazione Bossi-Fini: «madre di tutti i respingimenti», e due anni dopo la legge Biagi, che precarizza i lavoratori fuori dal contratto nazionale di categoria. Scrive Murgia: «condividere le stesse condizioni lavorative e di impiego crea coscienza collettiva e soggettività sociale. Fare una legge che riporta la contrattazione del lavoro alla singola persona frantuma all’origine la possibilità di creare una coscienza comune, di classe o meno: tutti soli davanti al padrone. Inizia la retorica del merito.» E aggiunge: «Se volete testare un fascismo osservate i suoi rapporti con i grandi interessi industriali e confrontateli con chi invece il lavoro lo fatica sottopagato o non lo trova. Domandatevi: quali interessi difende?» Murgia fa l’esempio del discorso di Giorgia Meloni all’assemblea dei delegati della Cgil, in cui dice un netto “No” al salario minimo. Io aggiungo il “No” al Green Deal” nel discorso all’Assemblea di Confindustria lo scorso 18 settembre.

 

Nella ricostruzione di Murgia, vengono menzionati il Family Day, con cui le destre tentano di attaccare i diritti Lgbtqia+ e la libertà riproduttiva delle donne, la censura in Veneto dei libri di intellettuali sgraditi e il caso Englaro, che mostrano come questo nuovo fascismo sui diritti fa patti con le istituzioni ecclesiastiche, lavorando sulle interpretazioni identitarie ed etniche. È un fascismo che si serve dei percorsi democratici, prima di arrivare a forzarli. Non ci aspetteremmo mai che esso arrivi dalla democrazia, un percorso relativamente nuovo chiamato “democratura”. Parola coniata dallo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano, per descrivere la convivenza di elementi democratici e autoritari all’interno di un modello che potremmo definire “democrazia ristretta” o “dittatura costituzionale”.

Michela Murgia - Radio Radicale

È qui che si inserisce, a sinistra (sic!), Renzi il “democratore”, per le sue riforme centralistiche: «un populista che disintermedia la comunicazione tra “il capo” e “il popolo” (hashtag #dilloamatteo su Twitter), querela (o minaccia di farlo) giornalisti e intellettuali (hashtag #colposucolpo), e fa propria la retorica del merito e dell’eccellenza (dovremmo tutti essere Marchionne) concretizzandola nel Jobs Act.» La stessa legge sulle unioni civili, sottolinea Murgia, a cui Renzi è stato obbligato per non prendersi una condanna dall’Europa per vuoto legislativo e discriminazione delle persone Lgbtqia+, è stata una legge al ribasso, da cui è stata stralciata la questione dell’adozione per le coppie Lgbt, creando la situazione che permette a Meloni oggi di cancellare il nome di un genitore dai registri pubblici; una legge che dice: unitevi civilmente con chi volete, ma mai sarete una famiglia per lo Stato; che apre a un diritto minimo e ne blocca altri molto più delicati, le cui conseguenze ricadono sulle bambine e i bambini.

 

È stata una delle questioni centrali del renzismo negoziare sui diritti con le destre. Anche per le immigrazioni: è infatti renziano il pensiero, identico al pensiero di destra, a orientare il decreto di criminalizzazione del salvataggio in mare che renderà difficile l’azione delle ong. E così, conclude Murgia: «arriva Giorgia Meloni. Arriva quando può finalmente arrivare senza che la massa lo trovi strano o pericoloso.» Perché sì, «“ogni epoca ha il suo fascismo”.»

Unisciti ai canali

  • Instagram
  • Facebook
  • Whatsapp
bottom of page