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Si sta aprendo una stagione di conflitti nel mondo automotive?

La notizia degli scioperi in Volkswagen, praticamente in contemporanea con quella delle dimissioni “spontanee” di Tavares alla Stellantis, stimola alcune riflessioni.

 

Sono episodi paradigmatici di una crisi del settore auto che è strettamente collegata alla transizione ecologica e alla concorrenza cinese. Quale sarà il futuro dell’auto; quale sarà la tecnologia vincente, che sia il motore elettrico o l’idrogeno e la permanenza del termico (magari con altre fonti fossili come gpl e metano); ma anche se il futuro delle mobilità sarà ancora assicurato dalla prevalenza dal mezzo privato: sono tutte domande sulle quali bisognerebbe avere la sfera di cristallo per dare risposte affidabili. Essere esperti del settore non so se in questo caso sia un vantaggio.

Dipendenti della Volkswagen manifestano con uno striscione del sindacato IG Metall che recita «Lo scarso stato delle trattative equivale a un incendio selvaggio» davanti allo stabilimento di Zwickau, dov si producono auto elettriche (Foto di Jens Schlueter / AFP)

Le mie considerazioni vertono soprattutto sulle conseguenze immediate. Questa crisi del settore auto sta innescando una stagione di conflitti e vertenze sindacali che non erano prevedibili fino a pochi mesi fa. In Stellantis, la politica dell’attuale amministratore delegato dimissionario ha persino fatto il miracolo di rimettere insieme le sigle confederali. La CISL, che a livello nazionale sembra aver abbandonato ogni politica di conflitto, in Stellantis ha partecipato alle ultime mobilitazioni di massa, come hanno partecipato persino UGL e FISMIC.

 

Altrettanto sorprendente, per chi conosce la realtà tedesca e di Volkswagen, è la nuova stagione di scioperi che si preannuncia nel più grande costruttore europeo. Una sintesi negoziale tra IG Metal e l’azienda non è stata trovata. In un paese che ha nel suo DNA istituzionale, dovuto anche all’esperienza storica della Repubblica di Weimar, la ricerca di soluzioni negoziali che prevengano la conflittualità sociale, questa è una notizia veramente sorprendente, soprattutto nel contesto della Volkswagen.

 

Certo, è un po’ triste constatare che le sigle sindacali in Italia si compattino nel momento in cui è in discussione il mantenimento del posto di lavoro, e in Germania si attivino lotte sindacali nel momento di una drammatica crisi. Ma il settore automotive è già in fermento da tempo. Un primo assaggio lo abbiamo avuto con gli scioperi, anche questi sorprendenti, che ci sono stati negli Stati Uniti.

 

È il segnale che una nuova stagione di rivendicazioni sindacali, sociali e forse persino esistenziali, si sta aprendo nel mondo del lavoro, persino nei paesi più ricchi e industrializzati? Non ho una risposta, ma i segnali sono forti e lasciano ben sperare.

 

Un’ultima considerazione critica la rivolgo al sistema di mercato neoliberista che si è imposto dall’epoca thatcheriana. È possibile risolvere tutti i problemi che si riversano sull’economia con il ricorso al libero mercato? È possibile in questo modo gestire la transizione ecologica senza forti investimenti pubblici? Io una risposta ce l’avrei. L‘esempio della guerra in Ucraina dovrebbe almeno insegnarci qualcosa in merito. Qualcuno forse ha visto il fallimento in poche settimane dell’economia russa?

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