Che ci sia una cultura violenta nelle forze dell’ordine lo dicono centinaia di indagini giornalistiche e giudiziarie, e accuse e denunce, tra cui, non ultima, quelle recenti delle attiviste di Extinction Rebellion, obbligate a denudarsi e a eseguire squat in questura. è una cultura da clima intimidatorio anche per gli operatori e le operatrici in divisa: nella nostra Bottega abbia parlato dei disagi che essi affrontano, a cui si aggiunge il gravissimo fenomeno dei suicidi.
Bisognerebbe discuterne, trovare una soluzione. Ma l’unica proposta che è stata capace di formulare questo governo di destra è lo «scudo penale» per gli agenti, per evitare l'iscrizione automatica nel registro degli indagati per azioni compiute in servizio. Provvedimento avanzato dopo gli scontri durante le manifestazioni a Roma e a Bologna per chiedere giustizia per Ramy Elgaml, morto in un inseguimento con i carabinieri.
Già il ddl 1660, il decreto sicurezza, in discussione in Parlamento, introduce una ventina di reati che rafforzano le tutele delle forze dell'ordine e riducono gli spazi del dissenso. Il Colle ha mosso cinque segnalazioni a rischio di incostituzionalità (divieto di Sim per migranti, donne incinte in carcere, reato di resistenza passiva in carcere, lista di opere pubbliche contro cui diventa reato manifestare, impossibilità di applicare attenuanti in caso di violenza contro la polizia) e sei Relatori Speciali delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni sulla violazione dei diritti umani e civili di alcune disposizioni contenute nella bozza. Con lo scudo penale, per quanto i fautori smentiscano, si aggiungerebbe persino l’impunità per gli agenti che abusano del loro potere. Per questo la notizia è stata fatta circolare per mezzo stampa senza fonti ufficiali, per vedere quali reazioni avrebbe suscitato (in gergo tecnico uno “spin”). E le reazioni sono giunte.
Non solo il provvedimento non offre invero garanzie agli operatori e alle operatrici in divisa a sui si negano le tutele garantite proprio dall’iscrizione sul registro degli indagati. Ma come ha osservato il segretario generale del Silp Cgil, Pietro Colapietro, in un’intervista su Collettiva, oltre ai dubbi giuridici e di costituzionalità, che pure vanno tenuti in gran conto, lo scudo lederebbe anche il principio dell'uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge, e creerebbe un evidente e pericoloso scollamento, un distacco tra le forze di polizia e la società civile. Le forze di polizia hanno bisogno di tante cose, certo non di vedere diminuita la fiducia dei cittadini e delle cittadine nei loro confronti. Il nostro è un lavoro di prossimità, non è un lavoro per o contro qualcuno, ma fondamentale per creare spazi di democrazia e per garantire diritti costituzionali.
Se il governo di destra avesse solo un minimo del senso delle istituzioni democratiche non aggredirebbe neppure il potere giudiziario, da cui credono di voler salvaguardare persino poliziotti e carabinieri, per metterli sotto la tutela dell’esecutivo e – è il mio sospetto – farne un’arma politica contro chi dissente, manifesta e si oppone al pensiero unico della sua tranquillizzante narrazione. Conviene alla destra imparare a memoria, come una poesia, non solo la Costituzione, ma anche la lezione di Kant: il sovrano vuole rendere il popolo felice secondo i suoi concetti e diventa despota; il popolo non vuole lasciarsi prendere l’universale esigenza umana della propria felicità e diventa ribelle. Fuori dello stato di diritto, c’è solo lo stato di natura, quello dell’homo homini lupus.