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Non un semplice incidente

I video pubblicati dell’inseguimento e dell’impatto mortale sono ovunque e, sebbene la verità dovrà essere accertata, sembra proprio che dietro la morte di Ramy ci siano responsabilità ben precise.

Il pregiudizio e l'abuso di potere possono culminare in conseguenze devastanti, Ramy non era soltanto un giovane che viveva in una società che spesso emargina i figli di immigrati, ma anche il simbolo di una periferia in cui il disagio si intreccia con la mancanza di opportunità e di comprensione.

 

L'inseguimento, il commento captato dalla dashcam in cui si spera che cada, e il successivo impatto che gli è costato la vita sono testimonianze di una ferocia disumana e di un approccio repressivo che sembra non considerare la vita di certi giovani degna di tutela. Il fatto che due agenti abbiano poi cercato di costringere un testimone – in base a quanto dichiarato e che pare ritrovare riscontro nei video – a cancellare le prove è un segnale inquietante di come si tenta di soffocare la verità, dimostrando un senso di impunità che alimenta una deriva autoritaria.

 

Questo episodio non può essere separato da un contesto più ampio di intolleranza e razzismo sistemico. I "maranza" come Ramy sono spesso percepiti non come persone, ma come problemi, il che legittima implicitamente trattamenti degradanti e disumani. La morte di Ramy non è solo il risultato di un inseguimento finito in tragedia, ma anche il riflesso di una società che discrimina e disumanizza coloro che sono considerati "altri".

 

Occorre interrogarsi sul ruolo delle forze dell'ordine e sulla cultura che le permea, ma anche sulla responsabilità collettiva: una società che accetta il razzismo come normalità è una società che permette che tragedie come quella di Ramy accadano. Di fronte a questa vicenda, non possiamo restare indifferenti. Dobbiamo pretendere giustizia, ma soprattutto dobbiamo lavorare per smantellare quei pregiudizi e quelle strutture che continuano a costare vite umane.

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