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Quel liberale di Musk

Alcuni giorni fa si è concluso l’insediamento di Trump come nuovo Presidente degli Stati Uniti e, come la nottola di Hegel che tinge il suo «grigio su grigio» dopo il crepuscolo, possiamo trarre alcune considerazioni. Innanzitutto, il “giorno dell’inaugurazione” si è consumato in perfetto stile americano, sembrava una partita di baseball e non l’insediamento di uno dei pezzi principali della scacchiera mondiale. All’appello di questo trionfo tonfo c’erano tutti, amici, mogli, figli e forse amanti, ma da quelle parti tutto è spettacolo: l’Hollywood cinematografico ha occupato anche la sedia riservata alla Politica. Come già aveva anticipato la Arendt in Vita Activa, risulta davvero faticoso scorgere quel fatidico passaggio che distingue la sfera del privato da quella pubblica, dacché ogni tipo di comportamento ha sostituito ogni tipo di azione e di pubblico non rimane alcunché, in tutte le sue sfumature sociali e politiche.

 

Ma da quest’altra parte dell’oceano ciò che tiene banco non è questo sottile conformismo estraneo ai più, dediti all’apparenza e a tutto ciò che si manifesta spontaneamente. Bensì è il teatrante gesto del teatrante miliardario Elon Musk. Durante la cerimonia baldanzosa, il patron di X e Tesla ci delizia, oltre ai (rutti) giudizi espressi con poca perizia sul concetto di civiltà, del tipico gesto utilizzato come saluto durante il Ventennio. La nostra sinistra, ma di nulla a sinistra, dedita in aeternum più all’investigare che alla questione operaia, ha subito gridato allo scandalo e, come sovente accade vedendo fascismo ovunque, ha etichettato Musk come nostalgico. Mentre la destra ha smorzato i toni, riducendo il tutto, come sovente accade, a poca cosa. In quel suo “il mio cuore è vostro”, forse avranno ri-visto il triste saluto che era solito fare una nostra nota presentatrice. Oppure, alla nostra intellighenzia senza senno, il gesto riporta alla memoria il noto gioco nipponico Yu-Gi-Oh!, alla fatale “pescata del destino” propria del protagonista del manga quando il duello si accinge catastrofico.

Elon Musk saluto romano
Crédito: YouTube/PBS News

La sua è stata davvero una caduta di stile, in perfetta sincronia con la forma clownesca della scena, perché quello è realmente il saluto che ricorda tristi passati. Oltretutto, poco prima del gesto, il magnate ha rivendicato le insegne imperiali che Odoacre consegnò a Bisanzio: “l’Impero Romano è tornato” ha tuonato, offrendo la sua scarsa conoscenza storica, dacché in Roma antica quel tale saluto non esisteva. Ciò che va detto però, tenendo conto che la verità possa essere espressa solo dal proprio tribunale della ragione, è che il suo fascismo inizia e finisce con quel saluto. Nonostante sia un aperto sostenitore dei movimenti estremisti di destra in Inghilterra e in Germania, nonostante sovente licenzia a tappeto tramite e-mail (e sul palco parlava di civiltà), non possiamo considerarlo fascista, almeno per ora. Musk è un perfetto liberale, come lo è Trump. Rappresentano una sorta di parvenza, di errore nel sistema, una forma di neo-protezionismo, ma non il tumore che auspichiamo per questa società, dedita all’accumulazione infinita e all’infinito circolo vizioso di produzione e consumo. Del resto, tra le varie missioni messianiche che offriranno, menzionano la “colonizzazione di Marte”, da molti salutata con gioia, ma di gioioso ha ben poco: un’ulteriore Terra, utilizzando la grammatica heideggeriana, pronta ad essere utilizzata, usata e con ciò consumata. Questa logica illogica è l’espressione della struttura trascendentale del sistema liberaldemocratico di stampo capitalistico, in cui ci propinano alternanza ma mai alternativa. Come direbbe Marcuse, la razionalità della propria irrazionalità è nella possibilità di mutare purché mai si cambi.

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