La storia dell’umanità è segnata da sempre dal movimento delle persone e da una creazione continua di intrecci e contaminazioni tra culture, costumi e saperi. L’uomo, attraverso il desiderio di espansione prima e il fenomeno migratorio dopo, ha contribuito alla trasformazione di territori e culture, oggi sempre più multietnici. Questa fluidità in ambito culturale, insieme ai fenomeni storici che l’hanno determinata, si può riscontrare anche nell’arte: testimonianze architettoniche e artistiche ci raccontano di contaminazioni di culture che su uno stesso territorio si sono avvicendate, senza annullarsi ma confondendosi. Le esperienze di cui voglio raccontare, sono l’evidenza di un’unica identità che è quella dell’essere umano, in quanto soggetto sociale che vive all’interno di una comunità, chiamato a relazionarsi con gli altri, in un determinato spazio e tempo e una complessità di culture, usi e costumi che inevitabilmente lo influenzano e lo arricchiscono. Monumenti, chiese, basiliche, ma anche usi e costumi testimoniano componenti identitarie e il composito paesaggio dell’area del mediterraneo. La storia ci ha insegnato come quest’area è tra quelle in cui maggiormente si è favorito il dialogo e l’intreccio tra culture, determinando una poliedrica consistenza culturale che si è manifestata anche nell’arte. Alcuni monumenti ci danno la possibilità di ricostruire, con una certa facilità, le vicende storiche che su di esso si sono avvicendate, che finiscono per essere dei veri e propri libri di storia, musei a cielo aperto, sui quali sono impressi i segni del passaggio di civiltà oramai scomparse.
Un luogo particolarmente suggestivo, in tal senso, e che ci permette di leggere con chiarezza la sua evoluzione storica e artistica è il Duomo-Tempio di Pozzuoli, oggi cattedrale di San Procolo situato nel Rione Terra, nucleo insediativo più antico della città. Il Duomo è il frutto di un’unione tra due realtà completamente diverse: il tempio classico e la Chiesa tardo-barocca. In effetti esso nasce come Tempio augusteo, inglobando un Capitolium di età repubblicana dedicato alla triade capitolina Giove, Giunone e Minerva. Il tempio era stato collocato su un alto podio, con sei colonne sulla fronte e nove semicolonne sui lati lunghi; il suo architetto Lucio Cocceio Aucto è menzionato su uno dei blocchi della struttura. Con l’avvento del cristianesimo, l’arrivo dell’apostolo Paolo a Pozzuoli, come documentato anche negli Atti degli Apostoli «Dopo un giorno si levò il vento del sud e così in due giorni giungemmo a Pozzuoli» (At 28,13), il monumento da Tempio assume la destinazione definitiva di luogo di culto per i cristiani e dedicata a San Procolo. I restauri successivi andarono a coprire interamente i resti del tempio, tant’è che ad un certo punto se ne persero le tracce. Tra il XIV e XV secolo furono realizzati importanti lavori di rifacimento in stile barocco, anche per adeguare la struttura alle nuove esigenze liturgiche. La riscoperta del tempio fu del tutto causale ed accidentale: lo scoppio di un incendio, che devastò parte della Chiesa, portò alla luce i resti dell’antico tempio. Nel 1970 il bradisismo, fenomeno tipico del luogo, provocò l’evacuazione dell’intero Rione Terra, pertanto, per anni la Chiesa fu chiusa al pubblico. Nel luglio del 2003 la Regione Campania bandì un concorso per il recupero, la valorizzazione e il restauro definitivo del sito. Il progetto vincitore “Elogio del palinsesto” dell’architetto Marco Dezzi Bardeschi ha restituito la Chiesa alla città, nel rispetto della sua duplice valenza e funzione, archeologica, storica e di culto. Oggi, infatti, i resti del Tempio sono ben visibili come parte integrante della struttura.
Altro bellissimo esempio di contaminazioni di culture e di arte, sito architettonico che racconta ad alta voce le sue vicende storiche, è certamente il Duomo di Siracusa, situato nella parte più alta dell’isola di Ortigia e dichiarato Patrimonio dell’umanità. Si tratta di un gioiello in cui si fondono perfettamente stili architettonici che rinviano a culture religiose diverse, che nel tempo hanno lasciato traccia del proprio passaggio nell’architettura, nel linguaggio, negli usi e costumi e nell’arte siciliana. Una commistione di stili che fa di questo luogo del mediterraneo un modello unico di contaminazioni. Anche la scelta del sito non è a caso: il punto più alto dell’isola, affinché fosse visibile anche dal mare, come punto di riferimento per i naviganti e diventasse il cuore della città greca. Il monumento, dunque, sin dal suo primo sorgere, ha destinato il luogo che lo ospita, non per caso scelto, ad una funzione altamente rappresentativa oltreché monumentale. Ciò che emerge, soprattutto dagli scritti e dai disegni, è lo straordinario legame che lega il Tempio alla città e come la comunità vi si identifica da sempre.
Il tempo sembra essersi fermato, a Ortigia; la modernità arretra dinanzi alla Cattedrale che mostra da un lato il suo volto barocco, e dall’altro il suo corpo greco. Agli occhi del visitatore appare chiaro l’intimo e indissolubile legame tra il passato e l’urbs.
Dagli scritti antichi sappiamo che là dove oggi sorge la Cattedrale i siracusani avevano eretto il Tempio dedicato a Minerva. Cicerone è tra i primi autori dell’antichità a parlare del massimo edificio di culto di Siracusa, a descriverlo nei minimi dettagli. Il tempio divenne chiesa sotto l’episcopato di Deusio, decimo vescovo di Siracusa, attorno al VI secolo d.c. Nel 640 il vescovo Zosimo vi trasferì la cattedrale, dedicata alla natività di Maria. Alcune fonti ci dicono che durante la denominazione araba la Cattedrale divenne una moschea; venne restituita al culto cristiano dal re normanno Ruggero I alla fine dell’XI secolo, quando subì profonde trasformazioni. La facciata barocca, distrutta da un terremoto, venne interamente ricostruita tra il 1728 e il 1753. Il prospetto principale è decorato dalle statue raffiguranti la Vergine al centro, Santa Lucia a destra, San Marziano a sinistra.
È indubbio che, ancora oggi, il monumento possiede una doppia anima: un’anima cristiana che si evince dal suo prospetto frontale e una pagana che si incontra nella sua parte laterale. Due anime, due culture che si sono perfettamente intrecciate, contaminando anche la città. Un dettaglio interessante è la dedicazione; infatti, la cattedrale mantiene un forte legame con il suo passato anche nell’intitolazione. Il tempio pagano era dedicato ad una divinità femminile, Athena, allo stesso modo la chiesa principale della città è consacrata alla Sanctae dei Genitricis. Così alla venerazione della vergine pagana si è sostituito il culto per la Vergine cristiana. Tutti questi elementi ci mostrano la chiara e inequivocabile volontà della città di voler mantenere il legame con il suo passato, che convive magistralmente con il suo presente.