“Prevenire è meglio che curare”
- Daniela Loffredo

- 4 giorni fa
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Il 15 ottobre un emendamento al disegno di legge sul "consenso informato in ambito scolastico" è stato approvato dalla Camera. Tale modifica stabilisce che l'esecuzione di qualsiasi iniziativa didattica relativa alla sessualità richiede la previa autorizzazione delle famiglie. Questa disposizione si applica indistintamente sia ai programmi formativi interni alla scuola, sia alle attività organizzate da enti esterni. In un contesto storico in cui la violenza contro le donne è un fenomeno sempre più diffuso e soprattutto, ha origini in età preadolescenziale, l'istituzione scolastica non può limitarsi solo all'istruzione, ma svolge, insieme a famiglia ed enti locali, un compito cruciale nella prevenzione di problematiche sociali complesse. La violenza di genere affonda le sue radici nella cultura, diventa quindi impellente fornire agli insegnanti strumenti idonei per identificare i segnali d'allarme precoci e per strutturare percorsi formativi efficaci. Soprattutto, quando tali dinamiche si manifestano in ambito scolastico.

Il padre di una tredicenne ha sporto denuncia alla Procura di Trento per le gravi intimidazioni rivolte alla figlia da un docente di una scuola di Pordenone, avvenute durante una gita scolastica in Trentino lo scorso inverno. L’insegnante, avendola sorpresa con una sigaretta elettronica le avrebbe urlato: " Uomini come Turetta esistono perché le donne come te lo hanno fatto arrivare a questo punto. E meno male che esistono, così ci sono meno donne come te". La violenza contro le donne non è un fenomeno che si manifesta improvvisamente. Si sviluppa gradualmente, alimentata da linguaggi considerati normali, da azioni sminuite e da modelli comportamentali accettati acriticamente. Agire precocemente significa istruire alla parità, al rispetto e alla consapevolezza: una missione educativa che coinvolge l’intera comunità. I dati attuali indicano che tra gli adolescenti circolano già schemi relazionali basati sul possesso, sulla gelosia eccessiva e sulla svalutazione dell'altro. Troppo spesso, questi atteggiamenti non sono riconosciuti come indizi di violenza. Gli insegnanti devono disporre di esempi pratici, analisi di casi e procedure consolidate per affrontare la tematica in modo strutturato. Riconoscere i segnali, organizzare attività che stimolino il dialogo e l'analisi critica delle dinamiche relazionali: tutto ciò richiederebbe una formazione specializzata, anche al fine di evitare che episodi come quello di Pordenone si ripetano.
L’approccio a scuola su questi temi non può basarsi sull'improvvisazione o sulla sola buona volontà: è necessaria una "cassetta degli attrezzi" pedagogica, aggiornata e scientificamente fondata. Per tali motivi, nasce “Educare alle differenze”, rete nazionale di associazioni che lavora nella formazione con bambini, adolescenti e adulti per promuovere la libertà di essere sé stessi, costruire immaginari e culture aperte, contrastare ogni forma di discriminazione e decostruire gli stereotipi che sono alla base della violenza di genere e di tutte le altre forme di discriminazione. Educare alle Differenze è nata il 21 aprile 2017 e lavora per la realizzazione di progetti educativi, culturali e sociali e tra le iniziative più importanti vi è il meeting nazionale di autoformazione gratuita dedicato a chi insegna nella scuola pubblica. La scuola non può limitarsi a intervenire a posteriori; deve educare in via preventiva. Permettere che pregiudizi, stereotipi dannosi e modelli tossici si radichino tra i banchi equivale a rinunciare alla possibilità di un cambiamento reale. Gli insegnanti hanno perciò l'obbligo etico di promuovere un'educazione relazionale basata su rispetto reciproco, reciprocità e consapevolezza. Solo così la scuola può diventare un baluardo attivo contro la violenza, anziché un ambiente che la subisce passivamente.
Giorgia D’Errico, Direttrice Relazioni Istituzionali di Save the Children dichiara: “È fondamentale introdurre percorsi obbligatori di educazione all'affettività e alla sessualità nelle scuole all’interno dei piani formativi, rivolti ai minori e delineati tenendo conto dell’età dei beneficiari, in linea con le Linee guida UNESCO e gli Standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per diffondere una cultura del rispetto e del consenso e agire precocemente sugli stereotipi che sono alla base della violenza. I programmi di educazione all’affettività e alla sessualità che rispondono a questi standard sono più efficaci se avviati precocemente e ne sono dimostrati i benefici per la riduzione di comportamenti a rischio e la prevenzione di abusi e violenze”.





