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Nuove proteste a Taiwan. Fuoco di paglia o allarme per il governo di Lai Ching-Te? (e quindi per Washington)

Il 26 aprile scorso il centro di Taipei è stato attraversato da centinaia di migliaia di manifestanti. Nella costante lotta tra i dati forniti dagli organizzatori delle proteste e quelli divulgati dalle autorità (nel caso in esame, rispettivamente, 200 mila protestanti contro i 100 mila registrati dal governo) quella di aprile 2025 è stata una delle proteste più imponenti degli ultimi anni a Taiwan. La partecipata manifestazione è stata organizzata dal Kuomintang (KMT), principale partito di opposizione al governo di Lai Ching-Te e del Partito Progressista Democratico (DPP, Democratic Progressive Party).

Eric Chu, leader del Kuomintang (KMT), principale partito di opposizione - KOKUYO, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Eric Chu, leader del Kuomintang (KMT), principale partito di opposizione - KOKUYO, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Un breve excursus storico per capire il ruolo del Kuomintang nelle relazioni sino-taiwanesi è però necessario. Il KMT fu fondato il 25 agosto 1912 Sun Yat-sen dopo il crollo della dinastia Qing e la fine del plurimillenario Impero del Centro. In tale contesto, nel 1912 Sun Yat-sen istituì la Repubblica di Cina e ne divenne il primo presidente, motivo per cui, ora, è considerato padre della Cina moderna tanto nella Repubblica Popolare quanto a Taiwan. Le vicende tra il 1927 e il 1949 sono cruciali per comprendere il ruolo del Kuomintang nella storia politica taiwanese. In quei 22 anni in Cina si consumò una violentissima guerra civile tra le forze statali di Chiang Kai-shek, succeduto a Sun Yat-sen alla guida del KMT, e quelle rivoluzionarie comuniste di Mao Zedong – che il 1° luglio 1921 aveva fondato il Partito Comunista Cinese (PCC) e il 1° agosto 1927 aveva istituito l’Armata Rossa del PCC. Dopo una serie di intricate e sanguinose vicende che qui, per ragioni di spazio, non verranno trattate, il 1° ottobre 1949 Mao dichiarò la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Chiang Kai-shek e tutti i membri del Kuomintang, sconfitti, si ritirano definitivamente sull’isola di Taiwan nel dicembre del 1949.

 

Il Kuomintang, tuttavia, sebbene storicamente nasca da una vera e propria guerra contro il PCC, ferocemente combattuto durante tutta la seconda metà del Novecento, negli ultimi decenni ha drasticamente cambiato il proprio posizionamento politico e la propria narrazione. È diventato infatti il principale interlocutore e veicolo delle istanze della Repubblica Popolare Cinese a Taipei. Oggi, il KMT è arrivato a sostenere, in aperto contrasto con il posizionamento Partito Progressista Democratico al governo dal 2016, la riunificazione con la Cina secondo il modello Hong Kong “un Paese, due sistemi”.

 

Torniamo alla contemporaneità. La ragione che ha portato Eric Chu, leader del KMT, a organizzare le proteste è stata la “Grande Campagna di Revoca”. Si tratta di un’iniziativa del DPP, supportata da diverse associazioni e gruppi di attivisti, volta a permettere la rimozione di parlamentari prima della fine del loro mandato – il Parlamento taiwanese, il Legislative Yuan, rinnova i suoi 113 membri ogni quattro anni. In base a questa riforma, per revocare i deputati è necessaria un’iniziativa popolare: i promotori devono raccogliere prima le firme dell'1% degli aventi diritto per avviare il processo, e poi, per forzare la votazione e procedere con la rimozione del parlamentare interessato, devono ottenere il 10% delle firme dei cittadini elettori[1]. Movimenti vicini al DPP hanno iniziato procedure per rimuovere 34 deputati del Kuomintang, mentre gruppi di cittadini che sostengono il KMT hanno risposto avviando la raccolta firme per la rimozione di 15 parlamentari del Partito Progressista Democratico[2].

 

Il motivo che giustificherebbe le rimozioni è il continuo blocco da parte dell’opposizione delle iniziative legislative del governo, ritenute dall’esecutivo cruciali per l’interesse strategico taiwanese. Per il DPP, le operazioni compiute dal Kuomintang più gravi sono state quelle che hanno portato ad un taglio dal 7% del bilancio annuale al congelamento dei fondi per la difesa. Il KMT è stato in grado di compiere con successo tali manovre ostruzionistiche grazie all’alleanza con il terzo partito più importante a Taiwan, il Partito Popolare di Taiwan (Taiwan People’s Party, TPP), mettendo in minoranza il governo.

 

In questo contesto, Eric Chu e i numerosi manifestanti hanno aspramente denunciato la Campagna di Revoca voluta dal presidente Lai, accusato di voler silenziare l’opposizione e di comportarsi come un dittatore, incapace di garantire un futuro per Taiwan. In risposta, il portavoce del partito al governo ha affermato che le proteste non fanno che dimostrare «che il Kuomintang è il principale colpevole che mina la stabilità sociale di Taiwan e danneggia il sistema costituzionale democratico»[3].

 

Non mancano le voci di chi, pur sostenendo o essendo parte del DPP – come Chen Shui-bian, presidente di Taiwan dal 2000 al 2008, membro del Partito Progressista Democratico e primo Capo di Stato dopo il dominio del Kuomintang durato 55 anni - afferma che una tale iniziativa governativa sia un precedente molto pericoloso: «Rispettare le diverse opinioni e ascoltare le voci delle minoranze è la vera essenza della democrazia […] Non si può etichettare qualcuno come agente di qualche entità [del Partito Comunista Cinese] solo perché ha un punto di vista diverso», ha affermato  Chen Shui-bian[4].

 

A Taiwan la politica e la collettività non sono mai state così divise. Queste fratture non sono però solo un problema sociale interno: sullo sfondo vi è infatti lo scontro per Taipei tra Pechino e Washington. L’elezione di Trump ha portato scompiglio sull’isola contesa, che si è sentita messa molto sotto pressione da parte della nuova amministrazione americana.

 

Sin dalla campagna elettorale, infatti, Trump ha affermato che Taiwan si è approfittata degli USA e che dovrebbe aumentare le spese militari, se non pagare direttamente Washington per la protezione[5]. Anche l’analista strategico Elbridge Colby (confermato l’8 aprile 2025 Sottosegretario alla Difesa per la Politica), principale consigliere del Segretario alla difesa per le questioni strategiche e di sicurezza nazionale, ritiene che Taiwan, per avere un reale deterrente nei confronti di Pechino, dovrebbe aumentare le proprie spese militari passando dall’attuale 2,45% del PIL al 10%. Il premier taiwanese Cho Jung-tai ha risposto a Colby dicendo che Taipei non ha la capacità di investire tali percentuali di PIL nella difesa e aggiungendo che il comportamento ostruzionista dell’opposizione KMT-TPP non permette un aumento delle spese militari[6]. Trump però ha rincarato la dose. Prima ha detto convintamente che TSMC, la principale produttrice di microchip al mondo nonché asset industriale vitale per Taiwan, deve traferire la produzione in America; e poi ha deciso di colpire Taipei con dazi al 32%, tra i valori più alti al mondo. Sebbene i dazi siano stati al momento sospesi, le dichiarazioni e le azioni di Trump degli ultimi sei mesi non fanno che aumentare l’incertezza tra la popolazione e la politica taiwanese, esacerbando le fratture già presenti.

 

La Repubblica Popolare, dal canto suo, da una parte ha aumentato in maniera significativa le esercitazioni aeronavali intorno a Taiwan – tra il primo febbraio e il 2 aprile ha condotto nove esercitazioni interforze a fuoco vivo, usando anche le proprie portaerei e missili ipersonici[7]. Dall’altra, Pechino osserva interessata lo spettacolo delle spaccature che attraversano la società taiwanese e le dichiarazioni di Trump che gettano benzina sul fuoco. Si pensi che, rispetto a luglio 2024, nell’aprile 2025 i taiwanesi che ritengono Washington un partner affidabile o molto affidabile sono passati dal 33,6% al 23,1%. Di contro, coloro che percepiscono l’America come inaffidabile sono aumentati: dal 24% del 2024 al 38% di aprile 2025, con picchi del 69,2% tra gli elettori del Kuomintang. Di più: attualmente il 46,7% dei taiwanesi ritiene che sia molto improbabile o improbabile che Washington intervenga per proteggere l’isola in caso di attacco cinese; la percentuale della popolazione di Taiwan con una percezione negativa o molto negativa degli USA è quasi raddoppiata, passando dal 24,2% al 40,5%[8]. Insomma, la presa degli Stati Uniti su Taiwan è sempre salda, a tutto vantaggio della Cina.

 

Manifestazioni come quella del 26 aprile scorso e, mediante il KMT e media cinesi come il Global Times, la veicolazione di messaggi che mostrano come il governo del DPP non fa che rendere Taiwan meno sicura (a livello militare e economico)[9], permettono a Pechino di insinuarsi capillarmente nella società taiwanese, sfruttando l’enorme incertezza provocata da Trump. La Repubblica Popolare, dunque, si prepara anche al combattimento per prendere Taiwan, ma, allo stato dell’arte attuale, vede come traguardo sempre più possibile un pacifico ricongiungimento – come direbbero a Pechino. D’altronde, seguendo gli insegnamenti di Sun Tzu nell’Arte della guerra: «La forma suprema di guerra è sconfiggere i piani del nemico; poi viene interrompere le sue alleanze; poi combattere sul campo; l'ultima risorsa è assediare una città. Ma la massima abilità nell’arte della guerra è sottomettere il nemico senza combattere».

[1] Berk Kutay Gokmen, Thousands hold protests against Taiwan ruling party's recall vote campaign. Protesters demand greater transparency and accountability, in www.aa.com.tr, 26 aprile 2025.

[2] I. Issak, Political parties in Taiwan recall dozens of MPs just one year after election, in www.abc.net.au, 9 maggio 2025.

[3] Wang Cheng‑chung, Wu Shu‑wei, Chao Yen‑hsiang, KMT to hold assembly on April 26 in protest against President Lai, in www.focustaiwan.tw, 19 aprile 2025.

[4] I. Issak, Political parties in Taiwan recall dozens of MPs just one year after election, cit.

[5] M. Martina, B. Blanchard, Y. Lee, For Taiwan, Trump’s “protection” money may mean new and early big-ticket arms deals, in www.reuters.com, 7 novembre 2024.

[6] D. Shats, A. O’Neil, K. Wugang, N. Blustajn, A. Turek, Y. Chung, A. Chou, China-Taiwan Weekly Update, in www.iswresearch.org, 21 marzo 2025.

[7] C. Chung, Analyzing the PLA’s Early April Exercises in the Taiwan Strait, in www.thediplomat.com, 17 aprile 2025.

[8] L. Nachman, H. J. Kim, Wei-Ting Yen, The Trump effect on public attitudes toward America in Taiwan and South Korea, in www.brookings.edu, 25 aprile 2025; Wu Hsin-yun, Sunny Lai, Over 40% of Taiwanese doubt U.S. security support under Trump: Survey, www.focustaiwan.tw, 5 febbraio 2025.

[9] S. Sheng, Civic groups in Taiwan rally protest against DPP amid growing wave of opposition, in www.globaltimes.cn, 26 aprile 2025.

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