National Security Strategy 2025: l’Europa è in crisi o sotto accusa?
- Marco Antonio D'Aiutolo

- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
La National Security Strategy (NSS) è il documento con cui gli Stati Uniti fissano periodicamente la loro visione del mondo, le priorità di sicurezza e gli obiettivi strategici: una bussola che orienta politica estera, difesa e relazioni globali. L’edizione 2025 dell’amministrazione Trump, però, va oltre la semplice pianificazione e lancia un messaggio diretto all’Europa, che suona quasi come un giudizio.

La nuova NSS dedica infatti all’Europa un passaggio sorprendentemente duro. Il continente viene ritratto come in declino, minacciato da stagnazione economica, crisi demografica, politiche migratorie considerate “disfunzionali” e persino da una presunta “cancellazione della civiltà”. Secondo Washington, senza una svolta rapida l’Europa rischia di diventare “irriconoscibile” entro vent’anni. Il documento non si limita alla diagnosi: mette in discussione l’espansione della NATO, ridimensiona la centralità dell’alleanza transatlantica e definisce il conflitto in Ucraina semplicemente “the Ukraine War”, senza citare l’aggressione russa. Arriva perfino a proporre un negoziato accelerato con Mosca per ristabilire la “stabilità strategica”, anche a costo di sacrificare la posizione europea.
Ancora più evidente è il messaggio politico: spingere i Paesi UE verso nazionalismi e identità sovraniste, favorendo una riconfigurazione interna utile agli interessi statunitensi. L’Europa, in questa narrativa, non è un partner, ma un terreno da plasmare. Un approccio che rischia di indebolire coesione, autonomia e capacità di risposta comune. A queste pressioni si sommano narrazioni sempre più aggressive.
Infatti, è in questo clima che si inseriscono anche gli attacchi di Elon Musk, che in un post su X non ha usato mezzi termini: l’UE sarebbe un “mostro burocratico” da abolire, arrivando persino a paragonarla a un “quarto Reich”. Parole, molto probabilmente, mosse dall'ira per la multa da 120 milioni inflitta al suo social da Bruxelles, ma che pesano e che alimentano un immaginario ostile verso il progetto europeo, esattamente mentre la NSS ne descrive la fragilità.
La sua amica italiana Giorgia Meloni si è sforzata di sminuire gli attacchi, sostenendo che «non vedo incrinarsi i rapporti Usa-Ue» e tuttavia aggiunge: «l’Europa a un certo punto deve capire che se vuole essere grande, deve essere capace di difendersi da sola, e non può dipendere dagli altri». Più netto, è il ministro della Difesa Guido Crosetto, secondo cui «Trump ha solo accelerato un processo irreversibile», quasi a dire che la ridefinizione degli equilibri globali fosse già scritta.
Di tutt’altro tenore le posizioni di europeisti decisamente di più alto valore, quale Pedro Sánchez, secondo cui tali narrazioni alimentano un progetto di disintegrazione del modello europeo. Per il primo ministro spagnolo socialista, il presidente degli Stati Uniti ha abbracciato – e ora ha messo per iscritto – i principi dell'estrema destra. E in occasione della Día de la Constitución, lo scorso 6 dicembre, ha sottolineato che l'Europa si trova ad affrontare la sfida di un movimento internazionale di estrema destra ben organizzato, potente e ben finanziato, e ha sottolineato che l'Europa è forte quando difende i suoi valori, i suoi principi e la sua natura di società aperta: «L'Europa è un'alleata e non è vassalla di alcun potere politico, né di alcun potere nazionale in altre regioni geografiche.»
Più che un continente in declino, l’Europa appare come un bersaglio: la si preferirebbe più fragile, così da poterla influenzare e manipolare più facilmente. La NSS 2025, in questo senso, non è solo una strategia americana ma un segnale d’allarme. L’Unione si trova a un bivio: cedere alla spinta dei nazionalismi oppure difendere con decisione il proprio progetto politico. Il tempo delle esitazioni è finito: ora si deve scegliere se restare un attore globale o accettare di diventare una pedina nelle altrui strategie.





