Leggere attentamente il foglietto illustrativo: grida al terrorismo e poi attacca
- Ilenia D’Alessandro
- 8 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Ci sono frasi che funzionano ovunque, in ogni contesto, in ogni epoca. “È per difesa”. “Colpi chirurgici”. “Neutralizziamo i terroristi”. Sono il balsamo verbale con cui si giustificano crimini di guerra, si bombarda con un sottofondo di archi, si occupano territori con stile. Prendete l’India e il Pakistan. Prendete Israele e Palestina. Cambiano i nomi, le lingue, le religioni ma la narrativa è la stessa: l’altro, l’oppresso, è un terrorista.
Qualche solito tafferuglio e l’India, con mento in alto e toppe sui gomiti, attacca nuovamente il Pakistan. Come? Saltando sul carro della pretesa impunità, con un biglietto da obliterare in cui si legge: attacchiamo gruppi terroristici.
E qui arriva la parte “divertente”: India e Pakistan non sono due vicini qualsiasi. Sono entrambe potenze nucleari. Hanno fatto test atomici quasi in contemporanea nel 1998, hanno combattuto diverse guerre e da allora si lanciano regolarmente minacce con la grazia di due vicini armati fino ai denti che si litigano una siepe. Ogni “scambio calibrato” o “colpo mirato” ha il potenziale, teorico ma non troppo, di trasformarsi in un Armageddon radiattivo. Niente panico però, si tratta solo di operazioni chirurgiche. Si, certo.
Grubb at English Wikipedia, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons; Nilesh shukla, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons; NASA Earth Observatory image by Michala Garrison, using VIIRS data from NASA EOSDIS LANCE, GIBS/Worldview, and the Suomi National Polar-orbiting Partnership., Public domain, via Wikimedia Commons.
Da un’altra parte, nell’ottobre 2023, Hamas lancia un attacco contro i territori israeliani confinanti, in cui perdono la vita circa 1.200 persone. Israele accoglie volentieri il vassoio d’argento e lancia una devastazione sistematica su Gaza: bombardamenti a tappeto, interruzione del flusso degli aiuti umanitari, oltre 50000 persone uccise, di cui gran parte bambini e bambine. L’ONU, Amnesty e Human Rights Watch parlano apertamente di crimini di guerra, atti di genocidio, pulizia etnica ma Israele ripete come un mantra: “difesa”. Un mantra potente, a quanto pare, visto che invece di sanzioni riceve rifornimenti militari dagli Stati Uniti e il sostegno di mezza Europa. Una totale impunità per le sue azioni.
Ora, le somiglianze sono impressionanti. L’India giustifica la violazione dello spazio aereo pakistano con il diritto a colpire gruppi terroristici, anche fuori dal proprio territorio. Israele fa lo stesso, fin dalla sua fondazione. In entrambi i casi, il terrorismo è diventato una licenza universale per bombardare senza chiedere il permesso.
Ma mentre l’India viene ammonita — con la stessa fermezza con cui si rimprovera un bambino che non vuole andare a dormire — Israele è praticamente incoraggiato. Gli USA pongono il veto sistematico a ogni risoluzione ONU che cerca di bloccare la sua ferocia. L’Unione Europea si limita a “esprimere preoccupazione” e chi prova a dire qualcosa di più viene tacciato di antisemitismo, anche se è una persona esperta di diritti umani e diritto internazionale, anche se è di discendenza ebraica, anche se è premio Nobel, anche se denuncia l’incubo di un olocausto che si ripete, in streaming.
È qui si apre il vaso di Pandora. Perché se Israele può occupare la Palestina da 77 anni , continuare a costruire insediamenti illegali in barba a tutte le risoluzioni ONU, assediare Gaza da 17 anni e fare tutto questo col plauso degli “alleati”, allora cosa impedisce agli altri paesi di fare lo stesso?
L’India guarda e prende appunti. Un’allieva diligente che si applica. Il diritto internazionale, che sarebbe dovuto essere la torcia morale del mondo, è diventato il meme buffone del secolo.
E così si arriva all’epilogo dell’”essere” umano: se uccidi civili ma hai una buona narrativa, sei un partner strategico. Se resisti all’occupazione, sei un terrorista. Se sei Israele, puoi bombardare ospedali e incendiare le tende delle persone sfollate, puoi dire che vuoi prenderti un intero territorio “spostando” la popolazione autoctona in stati terzi. Se sei una palestinese e tiri un sasso, invece, sei una minaccia alla sicurezza globale.
Il problema non è solo l’ipocrisia. È che questa ipocrisia è contagiosa, rischia di diventare un’epidemia. Se Israele può fare tutto senza conseguenze, anche altri paesi si sentiranno liberi di violare confini, occupare territori non loro, bombardare civili, deumanizzare un’intera popolazione e tutto in nome della sicurezza nazionale. Basta dire “terrorismo” e voilà: crimini di guerra trasformati in atti di legittima difesa.
Alla fine, la vera domanda non è più “chi ha ragione?”, ma “chi può permetterselo?”. E la risposta è semplice: chi ha buoni amici e i giusti nemici. In questo nuovo schema mondiale, l’impunità non è un’eccezione. È la regola. E il diritto internazionale? Un foglietto illustrativo obsoleto nella scatola dell’autodifesa.
