Il 6 ottobre 1924 segna un evento epocale per la società italiana: l’inizio delle trasmissioni radio. Se in quegli anni solo pochi privilegiati disponevano di un apparecchio radio privato, dopo cento anni, la platea radiofonica comprende la quasi totalità della popolazione e in media ogni giorno in Italia circa 35 milioni di persone ascoltano la radio.
Ripercorrendo brevemente il percorso storico della radio in Italia, notiamo come il regime fascista capì immediatamente l’enorme potenziale della radio, sfruttandolo per i propri scopi propagandistici e bellici. Durante la Seconda guerra mondiale la radio conferma la sua centralità nel sistema comunicativo diventando un mezzo indispensabile per la condivisione rapida delle notizie dal fronte. Ma è nel secondo dopoguerra e, successivamente negli anni ‘50, che la radio dilaga nella cultura di massa, supportata poi dall’avvento dell’autoradio e del transistor, diventando facilmente trasportabile ed economicamente più accessibile. Se da un lato conferma la sua presenza rassicurante ed educatrice nelle famiglie italiane seguendo un percorso spesso parallelo a quello della televisione, dall’altro lato la radio negli anni ‘60 e ‘70 ha saputo adattarsi ai tempi con la nascita delle radio libere, facendosi portavoce delle contestazioni giovanili e della necessità di parlare di politica in maniera chiara e impegnata. Gli anni ’80 e ’90 segnano la diffusione delle radio private: DJ e dediche spopolano in quegli anni. Negli anni 2000 la radio fa il salto di qualità in avanti: con l’avvento della tecnologia DAB (digital audio broadcasting) e la web radio, la diffusione della radio diventa capillare, con podcast, approfondimenti e la possibilità di ascoltare in streaming le trasmissioni.
Nel corso dei suoi cento anni di storia la radio si è trovata spesso in una situazione di apparente stallo, pronta ad essere sorpassata e rapidamente annientata da altri media come la televisione o internet, ma nonostante questo limite la radio è riuscita ad andare avanti mostrando spesso anche una maggiore salute e freschezza dei diretti competitors multimediali. Le nuove generazioni e i nuovi fruitori di musica radiofonica sono infatti già nati con le web radio e i podcast personalizzati, ignari del concetto di radio vista come mezzo vetusto o obsoleto (preconcetto che può paradossalmente aver colpito invece altre generazioni nate con l’autoradio ed incapaci inconsapevolmente di seguire e stare al passo con le continue evoluzioni della radio).
La radio ha sicuramente una capacità ancestrale di impatto assoluto: è la sola voce a catturare l’interesse, slegata dalle immagini spesso fuorvianti e troppo esplicative. La radio permette forse di stuzzicare la fantasia e l’attenzione, riportandoci alla vera essenza della comunicazione. Con la radio è più difficile mentire, ci sono meno effetti speciali, non si può richiedere l’aiuto delle immagini.
Come contraltare a questa sorta di purezza “primitiva” c’è però una notevole modernità che sicuramente sorpassa anche la televisione: la radio è un elemento completamente mobile e calato nel nostro tempo, dove tutto è in costante movimento e la contemporaneità delle attività è un elemento imprescindibile. La radio ti consente un vantaggio che la televisione non ha: te la porti dietro dove vuoi, ti consente di essere multitasking e, nella società di oggi dove siamo costretti a svolgere più di un compito contemporaneamente, l’ascolto della radio ci alleggerisce gli impegni, ci consente di ritagliarci del tempo per noi anche mentre facciamo qualcos’altro.
La radio poi, non essendo legata all’immagine, rimane un classico senza tempo, non perde il suo fascino, non dà mai la sensazione di essere datata. Essendo volta esclusivamente al contenuto (che sia approfondimento, musica, divertimento) non conosce crisi e per questo si reinventa e si adatta molto più facilmente del mezzo televisivo. In un’era in cui l’immagine sembra essere l’unica cosa che conta, la radio resiste e gode di ottima salute.