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Concerti “phone free”. Una riflessione sull’uso degli smartphone ai concerti

L’invadente intrusione tecnologica dei cellulari e la mania ossessiva della condivisione hanno completamente modificato la scenografia dei concerti, in molti casi costituita da una platea (barriera?) di schermi che riprendono in ogni istante l’esibizione dell’artista. Ci saremmo augurati una sfida tecnologica diversa, più forte, giocata ad esempio con l’intelligenza artificiale che si impossessa dei ritmi o delle melodie durante un’esibizione live, che amplifica l’interazione tra artista e spettatori. Invece l’unico cambiamento evidente rispetto ad un concerto degli anni ‘90 è la presenza dei cellulari.

Uno degli ultimi, in ordine di tempo, a lamentarsi dell’uso smodato degli smartphone è stato Bob Sinclair, il quale ha concluso la sua esibizione in una discoteca di Mykonos depresso e svuotato da un pubblico pagante completamente ipnotizzato dai propri cellulari invece che dalla sua musica. Sicuramente più estremo Maynard James Keenan, cantante e leader dei Tool, il quale sostiene che se non si è in grado di stare due ore senza il telefono in mano, bisogna farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico. Per questo motivo molti artisti stanno vietando l’uso degli smartphone durante i propri concerti, come ad esempio Bob Dylan, il quale ha obbligato i suoi fan a chiudere (a pagamento) i telefoni all’interno di custodie. Meno drastico Cosmo, che invece ha invitato gli spettatori a mettere dei bollini sulle videocamere dei cellulari per godersi il momento.

 

La condivisione compulsiva e ininterrotta della propria quotidianità con amici e followers modifica il senso stesso delle cose che si vivono, compresa la partecipazione a un’esibizione dal vivo del proprio cantante preferito. Si modificano in tal modo i ruoli e i rapporti, con lo spettatore che si isola dal contesto, perdendo l'opportunità della condivisione, reale con gli altri fruitori, preferendo quella virtuale e diventando egli stesso il protagonista dell’evento. La relazione tra artista e pubblico vede nel cellulare un terzo incomodo, un elemento di disturbo, irrinunciabile per lo spettatore, insopportabile per l’artista (tranne che in alcuni casi specifici benedetti da necessità pubblicitarie, per le quali un contenuto virale può diventare a volte più prolifico di un'ospitata televisiva o quando un artista emergente ha bisogno di ampliare la propria platea). L’artista vede i suoi fan sotto il palco con il telefonino in mano e non li riconosce più. Prima nel loro sguardo aveva la percezione della potenza della sua musica, delle sue parole, ora invece l’attenzione del pubblico è tutta sullo smartphone e il cantante diventa soltanto uno dei tanti contenuti necessari per giustificare la propria presenza durante la sua esibizione, essendo il pubblico più interessato ai like che video e foto potrebbero generare invece di godersi il concerto.

Quindi è giusto vietare l’utilizzo degli smartphone durante i concerti? Riformulando: è necessario vietarne l'utilizzo? Esiste per questo una ricetta, un antidoto all’iperconnessione anche durante un’esibizione artistica? Mettere da parte il cellulare durante un concerto potrebbe diventare la naturale disposizione dello spettatore completamente catturato dell'esibizione, come suggerisce Damon Albarn, leader dei Blur, che parla della capacità dell'artista nel saper coinvolgere il pubblico, poiché, secondo lui, le persone non vorranno stare al telefono se interagisci con loro correttamente. Un esempio è quello di Diodato, che, durante il suo ultimo tour in giro per l'Italia, prima della sua esibizione sta invitando gli spettatori a mettere da parte gli smartphone e a godersi lo spettacolo. E i cellulari che si vedono in sala sono veramente pochi, poiché l’artista mette in scena un concerto che trasporta il pubblico in un’altra dimensione, fatta di luci e musica, voce e corpo, priva di racconto, che mantiene la concentrazione altissima e l’asticella delle emozioni al massimo, dove il coinvolgimento emotivo è forte e continuo. Quindi, tornando alla domanda precedente, citando proprio una canzone di Diodato, la soluzione al problema è questa: “... forse raccontarsi un'emozione, è ancora un atto di rivoluzione”. E se parliamo di emozioni, lo smartphone è completamente inutile.


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