Sabato 8 e domenica 9 giugno, come si spera sia noto, si terranno le elezioni europee.
Alla vigilia di un grande appuntamento come questo si ha la tendenza a sentire il refrain di quanto queste siano storiche o epocali, quando poi, nella vulgata comune, in fondo c’è chi non vi scorge grande differenza tra il prima ed il dopo dell’esito elettorale.
E tuttavia, nel 2024 sono stati o saranno chiamati a votare oltre 4 miliardi di cittadini nel mondo, dalle scontate elezioni russe vinte (ma dai?) dallo zar Putin, oramai al potere della cleptocrazia russa dal marzo 2000, fino all’India nelle mani dell’uscente Modi, alla ricerca della sua terza riconferma alla carica di Premier.
Bizarre quelle che sono le elezioni nella “più grande democrazia del mondo”: quella Indiana, sia per la durata record del processo di voto, iniziato il 19 aprile e concluso il 1° giugno, sia perché gli elettori troveranno sulle schede elettorali elettroniche la possibilità di scegliere tra candidati, oppure di selezionare la scelta “nessuno di questi”. Forse questa bizzarria potrebbe essere adottata per le elezioni che ci investono direttamente. Tuttavia sarebbe il solo elemento da salvare rispetto ad un paese che presto diventerà il più popoloso del mondo e che sta scivolando sempre più in una autocrazia illiberale islamofoba. Alleata dell’occidente (leggi USA) in chiave anti-cinese, l’India flirta (anche se ufficialmente neutrale) con la Russia di cui è diventata prima importatrice di petrolio, approfittando delle sanzioni alla Russia per acquistarlo grezzo a prezzi calmierati e rivendendone i prodotti raffinati a paesi terzi, tra cui la stessa Europa. È la globalizzazione bellezza!
Taiwan, Regno Unito, Messico, Indonesia, Pakistan, Bangladesh, Rep. Sudafricana, sono alcuni tra gli altri paesi chiamati alle urne quest’anno. Elezioni che si terranno tra l’altro anche in USA in cui, gli elettori avranno un’ardua scelta: da una parte un presidente in carica che sta co-finanziando un genocidio in diretta social, perpetrato dal suo stato coloniale in Medio Oriente: Israele; dall’altra un ex-presidente fresco di condanna. Il ginger guy dell’America first, già noto per svariati tormentoni: la sua celebre massima “grab them by the pussy” (“prendile per la passera”), per il tentativo di colpo di stato a Capitol Hill, imputato in molteplici cause pendenti (per le quali è chiamato a risarcire mezzo miliardo di dollari), e con una eredità politica che è un misto stupefacentemente disastroso di approssimazione, complottismo ed analfabetismo funzionale (“contro il covid usate la candeggina, funziona!”).
Joe Biden e Donald John Trump(caricatura) - DonkeyHotey, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons - DonkeyHotey, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
In questo contesto geopolitico internazionale si inseriscono le elezioni di casa nostra, che cercherò di analizzare nei miei prossimi articoli partendo dalle info pratiche (il lettoræ ci perdonerà lo spiegone, ma è un esercizio utile rinfrescare il «chi fa cosa» nelle nostre istituzioni) e chiudendo poi con l’analisi della posta in gioco, degli equilibri politici attuali ed i pronostici futuri.
A mercoledì!
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