Venerdì 12 dicembre, sciopero generale Cgil. Le ragioni e la scelta del giorno
- Massimo Battiato

- 4 giorni fa
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Alzi la mano chi vorrebbe far fallire qualcosa che si è impegnato a organizzare, a maggior ragione quando a pianificarla non è una singola persona ma un’organizzazione sindacale. Questa è la premessa per spiegare la scelta della data dello sciopero generale CGIL previsto per il prossimo venerdì 12 dicembre. Tornerò sulle implicazioni morali di questo assunto.

Sulle ragioni dello sciopero è presto detto. I lavoratori dipendenti e pensionati sostengono, con il loro contributo alle entrate fiscali dello stato, una quota maggiore di qualsiasi altro gruppo sociale. I cosiddetti sconti fiscali previsti dalla finanziaria, viste le cifre irrisorie, sono una presa in giro che, per di più, favoriscono maggiormente i redditi medio alti, anche oltre i 200mila euro annui di reddito. Per chi ha un reddito annuo che non superi i 28mila euro, non c’è alcuno sconto fiscale.
Il contesto è un trend, ormai di lungo periodo, che vede i salari italiani sempre più inadeguati rispetto al costo della vita. Uno dei motivi dello sciopero è anche l’aumento del drenaggio fiscale a danno dei lavoratori proprio a causa dell’inflazione. Cioè le tasse sono calcolate sul reddito lordo, indipendentemente da quello reale, sempre più ridotto nei fatti.
Oltre alle ragioni fiscali e contrattuali (per i dipendenti pubblici si tratta proprio del rinnovo dei contratti e il datore di lavoro è proprio lo stato), direi più squisitamente sindacali, ci sono le ragioni politiche, cioè si contesta l’indirizzo generale, le scelte economiche della finanziaria. Oltre al contentino fiscale, si è scelto di dare la solita carezza agli evasori, con l’ennesima rottamazione delle cartelle esattoriali e i tagli alla spesa sociale, celati furbescamente nel non adeguare questa spesa all’inflazione. Inoltre la scelta sciagurata di accantonare una quota maggiore del PIL alle spese per difesa.
A tutte queste considerazioni (e ce ne sarebbero molte altre) che giustificano la decisione di scioperare il 12 dicembre il governo potrebbe rispondere che i margini finanziari sui quali lavorare sono molto limitati. E ciò anche per poter soddisfare i parametri di bilancio imposti dalla UE (che in fase di campagna elettorale la maggioranza aveva promesso di ridiscutere) e la decisione comunitaria di elevare la quota di PIL nazionale dedicata alla difesa al 5%, con conseguente facilmente prevedibili sulla spesa sociale, che sarà tagliata anche in altri paesi europei.
Ma, pur nella ristrettezza delle disponibilità finanziarie, si è scelta la solita strada di destinare parte delle esigue risorse per la solita campagna di rottamazione delle cartelle esattoriali. Termine un po’ più elegante per giustificare il solito condono. Inoltre, se proprio si volevano aiutare i lavoratori con qualche sconto fiscale, si poteva almeno indirizzare le risorse maggiormente a chi ne ha veramente bisogno. Infine, dove sta scritto che bisogna piegarsi pedissequamente alle scelte di bilancio della UE riguardo alla difesa solo perché lo fanno tutti? Non è che una scelta sbagliata diventa giusta solo perché è condivisa a livello comunitario.
In ogni caso, per questo motivo lo sciopero generale è indirizzato anche contro le scelte sciagurate della comunità europea in tema di bilancio. Dopo decenni in cui si erano imposti rigidi parametri di riduzione del debito a scapito delle spese sociali, ecco che queste regole possono essere magicamente cambiate per difenderci da un presunto nemico che ci sta minacciando. Questa eccezione alle regole riguarda solo le spese militari e non quelle sociali, naturalmente. Il paradosso di questa scelta è che rischiamo di non essere comunque pronti ad affrontare un’ipotetica aggressione militare (a forza di evocarla diventa sempre più probabile e non è detto che sarà subita invece che prevenuta) sacrificando uno dei beni di cui l’Europa poteva andare fiera, il welfare universalistico.
Torno sulla questione della scelta del giorno settimanale per la dichiarazione dello sciopero che avevo lasciato in sospeso. Premesso che una giornata di sciopero significa perdere un giorno di reddito per chi vi aderisce, cosa cambia il farlo di mercoledì o di venerdì? Il sacrificio è lo stesso. Inoltre in Italia, dove vige la regola dell’apertura degli esercizi commerciali (per non parlare dei servizi che non possono essere sospesi di sabato e domenica) anche nei weekend e festivi, per garantire il diritto allo shopping quasi 365 giorni all’anno, un numero considerevole di lavoratori opera anche in questi giorni, a maggior ragione nel periodo natalizio. Insomma, non c’è alcun weekend lungo. In ogni caso la scelta del venerdì è motivata dal fatto che si desidera raggiungere l’obiettivo di un’adesione di massa facilitando la partecipazione a più persone possibili. Ben più difficile a metà settimana. Mi sembrano considerazioni ovvie che non possono essere attaccate da chi nel governo e nella maggioranza non ha alcuna autorità morale per poter puntare il dito contro il sindacato.





