“Sua maestà gli agricoltori Europei hanno fame”. - “Proibite il nome burger di tofu”
- Elio Litti

- 7 giorni fa
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“Sua maestà gli agricoltori Europei hanno fame”.
“Proibite il nome burger di tofu”.
Fuor di metafora e magari non con le stesse conseguenze, il Parlamento Europeo per evitare, se non la ghigliottina, quantomeno ulteriori tumulti da parte degli allevatori europei, ha deciso di usare le alternative vegetali alla carne come capro espiatorio da vendere agli occhi dei produttori comunitari, incolleriti dalla guerra americana sui dazi e accordi di Mercosur.
Non è chiaro come questa misura antistorica possa oggettivamente dare beneficio all’agricoltura europea, ma spesso la politica si alimenta (per restare in tema) di gesti dal carattere più identitario che logico.

Tornando a fatti: l’Aula di Strasburgo ha approvato con 532 voti a favore, 78 contrari e 25 astenuti le modifiche al regolamento sull’organizzazione comune dei mercati agricoli (Ocm), tra cui un emendamento proposto dalla relatrice del Ppe Céline Imart, che impone il divieto di utilizzare termini riconducibili alla carne per i prodotti vegetali, come ‘burger veggie’ o ‘salsiccia di tofu’. Per implementare il divieto servirà un accordo con gli Stati membri nei negoziati sulla proposta, tuttavia, appare chiara la vittoria delle lobby della carne e dei pesticidi, oltre che una virata conservatrice del Parlamento UE, ancor più marcata considerando che il divieto di uso di termini come “vegan burger” fu invece bocciato nel 2020.
Il Partito Popolare Europeo riesce quindi a far approvare un regolamento che è in controtendenza rispetto alla pronuncia della Corte di Giustizia UE del 2024, che aveva riconosciuto non ingannevole per i consumatori e legittimo l’uso di termini come “steak” o “sausage” per i prodotti vegetali. I consumatori europei quindi nel 2024 erano considerati capaci di distinguere tra un hamburger vegetale ed uno carnivoro, nel 2025 apparentemente i parlamentari li ritengono analfabeti funzionali, poiché inabili a distinguere una bistecca di seitan da una di manzo. Legittimo domandarsi quindi fino a quando sarà consentito ricorrere a termini come Via Lattea, salsiccia al cioccolato, latte di mandorla e magari anche latte alle ginocchia.
La vittoria delle lobby degli allevatori europei segna anche un ulteriore passo nella direzione del negazionismo del cambiamento climatico, che l’UE si impegnerebbe almeno in teoria a combattere. Se infatti esistono teorie diverse su come quantificare il beneficio per l’ecosistema se si riducesse il consumo pro-capite di carne, sarebbe invece acclarato come l’allevamento sia tra le principali cause antropiche del surriscaldamento globale, surriscaldamento che danneggia le persone, l’ambiente e pregiudica lo sviluppo economico globale[1].
Eppure a voler guardare positivo in questa apparente sconfitta della logica, oltre che passo indietro per la difesa della salute dei cittadini europei e dell’ambiente, c’è che il mercato dei sostituti della carme in UE è in piena forma, vale oltre 6 miliardi di euro e continua a creare centinaia di migliaia di posti di lavoro e benefici all’ambiente ed alla salute (non va dimenticato come l’OMS abbia classificato il consumo di carni rosse come cancerogeno di tipo 2a, ovvero “probabilmente cancerogeno” e le carni rosse processate come agente cancerogeno di tipo 1, ovvero “sicuramente cancerogeno”).
Il proibizionismo semantico ha segnato un goal ma la partita della transizione verso forme di consumo più consapevoli è ancora lunga. Per togliere fiato ad una certa classe politica che gioca su passatismo e difesa della tradizione gastronomica europea, l’industria dei sostituti vegetali dovrebbe quindi cambiare strategia, emancipandosi dall’idea di produrre surrogati di qualcos’altro, e cercando di ricostruire la loro piena dignità negli scaffali dei supermercati e nelle scelte dei consumatori, magari puntando più sul vegetale come scelta di salute e non (solo) come scelta etica. Questo disinnescherebbe parte di quel livore che questi prodotti subiscono da parte di forme di trumpismo culturale e politiche anti woke che vedono come il tempeh e tofu principali nemici in quanto fighetti gender fluid e magari pure comunisti.




