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Le sfide che dovranno affrontare le sinistre progressiste europee durante l’amministrazione trumpiana

Una delle ultime uscite di Trump che riguarda la guerra in Ucraina è particolarmente indicativa di quale sarà la sua linea in politica estera: da ora in poi gli Stati Uniti saranno rispettati bullizzando il resto del mondo. Immaginate quanta paura abbia fatto a Putin con le sue minacce di sanzioni, per di più dopo quasi tre anni in cui queste hanno penalizzato molto più l’Europa che la Russia, un paese che galleggia sul petrolio e sul gas e non fatica certo a trovare clienti per vendere le sue risorse del sottosuolo. Se si apriranno spiragli di pace, non sarà certo per queste minacce. Altro esempio di bullismo lo abbiamo visto con la rivendicazione della sovranità sulla Groenlandia. Sintomo che Trump non farà troppe differenze tra avversari e alleati.

Sono molte le cose aberranti che il nuovo presidente USA ha detto nel discorso di insediamento, a partire dal suo sentirsi “unto dal Signore” (vi ricorda qualcuno?). Poi, tutta una serie di passaggi inqualificabili su ambiente, migranti, presunta teoria gender. Abbiamo già pronti i capri espiatori per tutti gli ostacoli che dovrà affrontare nell’attuazione del suo programma, che nessuno dovrebbe auspicare che sia realizzato. Una massiccia dose di neoliberismo e deregulation che andrà a impattare in maniera forte sull’ambiente e ad arricchire soprattutto le lobby che lo hanno sostenuto. Non per niente è affiancato da Elon Musk. I nuovi potenti imprenditori della tecnologia, delle telecomunicazioni e dell’informazione veicolata dai social, entrano direttamente in politica in prima persona. Sicuramente non lo faranno in maniera disinteressata.

 

Infatti, una delle prime mosse operative del nuovo presidente è stata di ritirarsi dall’accordo sulla tassazione delle multinazionali, palesando immediatamente quale sarà la sua politica economica, quella classica del Partito Repubblicano dai tempi di Reagan. Riduzione delle tasse per i ricchi e allentamento dei vincoli, che siano ambientali o sociali, per non ostacolare l’accumulo della ricchezza nelle mani di pochi.

 

A questo punto potremmo chiederci quali risposte potrà dare il movimento progressista di sinistra italiano ed europeo. La politica di Trump avrà effetti profondi sull’economia europea, con il disimpegno USA nella NATO e la richiesta per gli stati europei di stanziare nelle spese militari almeno il 5% del PIL, con conseguenze immaginabili per il welfare. Tra l’altro l’aumento delle spese militari è già dato per acquisito, ancor prima dell’insediamento di Trump, con la nuova linea militaristica della commissione europea presieduta da Ursula Von der Leyen. Grande impatto avrà anche il ritorno al protezionismo. I dazi promessi non saranno limitati ai prodotti cinesi, di sicuro ci saranno ricadute sull’Europa. Tutto sommato è il rafforzamento della linea tradizionale degli Stati Uniti in economia a prescindere dal colore dell’amministrazione di turno, tutelare il proprio interesse senza troppi riguardi per gli alleati storici.

 

Queste sono le sfide che dovrà affrontare la sinistra europea, perché in una situazione del genere potrebbero persino aprirsi delle opportunità per cambiare l’orientamento della politica UE. Smettere di sostenere, con pochi e timidi distinguo, il dogma dell’austerità, fare fronte comune contro i dazi USA, riscoprire la tradizione socialdemocratica che ci ha caratterizzato e distinto fino agli anni Ottanta. Non si tratta di fare la rivoluzione per instaurare la dittatura del proletariato, basterebbe ritrovare la strada smarrita da troppi anni. Ormai l’attenzione verso i temi sociali è esclusiva delle frange più radicali, mentre dovrebbe essere patrimonio comune.

Wortulo with you.com (genius), CC0, via Wikimedia Commons
Wortulo with you.com (genius), CC0, via Wikimedia Commons

I progressisti di sinistra (ma ci sono progressisti di destra?) dovrebbero chiedersi perché i poveri votino per il nemico di classe (quei pochi che vanno ancora a votare), quali vantaggi possano trarre dalla riduzione delle tasse ai ricchi, se c’è ancora qualcuno che crede nella favola della teoria dello “sgocciolamento”, cioè nella migliore disposizione dei ricchi alla generosità verso i meno abbienti per il solo fatto che siano meno vincolati dalle tasse e da leggi che tutelano i diritti dei lavoratori. Ormai sono decenni che se ne parla e, nonostante la progressiva riduzione del carico fiscale sulle classi più abbienti (che poi spostano comunque i loro capitali nei paradisi fiscali), questa redistribuzione della ricchezza quasi per legge di gravità non si è mai vista neppure col binocolo.

 

Infine, i temi dei diritti civili sono certamente importanti. Se c’è un salto di qualità di questa destra trumpiana è proprio che ha trasformato il partito repubblicano da paladino della linea neoliberista e conservatrice in un covo di reazionari che farebbero piombare il paese nel medioevo (con tutto il rispetto per gli storici medievalisti). Una sinistra che voglia tornare a contare e a distinguersi come tale a questo punto ha gioco facile a fare leva sui temi dei diritti civili, ma non dovrà mai lasciare indietro la critica alla visione mercantilistica dell’economia. Non dovrà farsi scippare dalla destra le tematiche sociali e il pacifismo. Dovrà abbandonare, di tanto in tanto, la retorica della responsabilità. A forza di mostrarsi responsabili non si riesce più a distinguerli dai burocrati del sistema.

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