“Siamo forse tornati all’epoca della religione di Stato?”
È questa la domanda che mi sono posta dopo aver letto le novità in arrivo nei programmi scolastici, in particolare l’introduzione dello studio della Bibbia. È, per me, una chiara manovra politica, un segno di un governo che si mostra fortemente conservatore e che ha bisogno di esaltare questo suo spirito reazionario.

È chiaro che sicuramente era da valutare una innovazione nei programmi scolastici o comunque nel modo di “fare scuola”, ma introdurre lo studio della Bibbia non mi sembra la strada più giusta da seguire per dare vita ad una innovazione.
Pensavo all’Antico Testamento: ricco di violenza, un inno a un Dio crudele e punitivo, a un Dio che invia piaghe e che distrugge.
Qualcuno però potrebbe obiettare dicendo che il tema della violenza ricorre anche in altre discipline, ma ciò che, a parer mio, distingue lo studio della Bibbia dalle altre discipline è il fatto che la Bibbia porta con sé uno spirito di imposizione morale. Per esempio, nel libro del Levitico vengono condannate le pratiche omosessuali. Inoltre, la Bibbia è una storia raccontata dagli uomini, e quando scrivo “uomini” intendo il genere maschile; la donna aveva un posto in secondo piano nella società del tempo. La scrittrice Marilù Oliva, difatti, ha sentito il bisogno di scrivere un libro, intitolato La Bibbia raccontata da Eva, Giuditta, Maddalena e le altre, per dare voce alle donne che di voce non ne avevano mai avuta. E allora, in una società in cui dobbiamo ancora batterci per assicurare gli stessi diritti a tutti, in cui dobbiamo ancora batterci per eliminare tutte le forme di discriminazione, in una società in cui si fatica ancora a riconoscere la parità tra uomo e donna, che effetto potrebbe avere lo studio di tale testo tra i giovani? Si corre un grande rischio!
Mi ritorna in mente la citazione tratta de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»
La Bibbia, nella sua interezza, resta il testo di riferimento di una specifica fede; e dunque, tutto potrà essere tranne che un segno di inclusione.

Un’altra “innovazione” che mi lascia ulteriormente senza parole è lo studio della Storia senza ideologie. Mi chiedo se tutta questa attenzione che si sta dando affinché non ci si soffermi sulle sovrastrutture ideologiche, non sia in realtà un modo di costruire una nuova ideologia in sottofondo. E, a quanto pare, si dovrà privilegiare la storia dell’Occidente, i primi secoli del Cristianesimo ed è qui che entra in gioco la Bibbia.
Ma se dobbiamo privilegiare il nostro Occidente, dobbiamo ricordarci che il nostro non è stato solo un Occidente cristianizzato, bensì dobbiamo ricordarci anche delle popolazioni con cui siamo venuti a contatto. Dunque, perché non introduciamo anche lo studio del Corano?