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Il sole continua a sorgere a Est

La banca svizzera UBS ha pubblicato ad inizio dicembre dello scorso anno il Billionaire Ambitions Report. Un’analisi, ormai arrivata alla sua decima edizione, che fornisce dati su quanto è cresciuta la ricchezza dei ricchi e se il numero degli stessi cresce o cala, a seconda del paese. Secondo questo report, quello dove ogni “anima bella”, per dirla con Hegel, vorrebbe essere inclusa, tra il 2015 e il 2024, il numero di miliardari è cresciuto di oltre la metà, passando da 1.757 a 2.682; mentre il capitale accumulato è più che raddoppiato, raggiungendo i 14 mila miliardi di dollari. Giusto per fare un paragone, per gli amanti dei numeri e dei dati, il PIL di Italia e Germania insieme non raggiunge i 7 mila miliardi, mentre quello di tutta l’area Euro si attesta intorno ai 19 mila miliardi. Secondo questo dato, oltre a decantare il “migliore dei mondi possibili” e una fase più che vorace di accumulazione del capitalismo, in 10 anni i ricchi hanno aumentato la propria ricchezza del 121%, con i big del settore tech a fare il balzo più grande.

 

Secondo appunto questo report, i miliardari crescono in tutti i paesi, persino in India, la quale si piazza terza, ma qualcuno manca all’appello. La grande assente di questa analisi, non per colpa di una crisi ma per via di un progetto voluto e noi aggiungiamo “dovuto”, è la Cina, il cui numero di miliardari cala costantemente ogni anno. Il motivo di questo calo è da ricercare nelle politiche del Partito Comunista Cinese e del suo segretario generale. Difatti dal 2021 è iniziato un calo che sembra inesorabile: in tre anni la Cina ha perso il 36% di miliardari e ad oggi sono 753. Di questi, solo il 30% ha visto aumentare il proprio patrimonio, per tutti gli altri il calo è stato netto. La Cina è quindi in piena contro tendenza rispetto al resto del mondo industrializzato, in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Durante una riunione della Commissione Centrale degli Affari Economici del PCC nel 2021, Xi Jinping ha tenuto un discorso che sa molto di platonismo, pubblicato in seguito sulla rivista del Partito, in cui denunciava il divario economico proprio degli stati liberali occidentali. Dietro lo slogan maoista, ora divenuto azione di governo, “prosperità comune” significa ricchezza per tutti e non per pochi. E ciò somiglia molto al messaggio “contenuto nella bottiglia” di Platone, in cui uno stato è considerato tale, cioè uno, solo se la felicità è goduta da tutti e non da pochi eletti. Sul solco della Prosperità Comune, che per Xi Jinping rappresenta la “via al socialismo” con caratteristiche cinesi, il governo cinese ha implementato diverse riforme atte a mettere sotto più stretto controllo le grandi aziende private e per l’inizio di una nuova redistribuzione della ricchezza. Sebbene la Cina con Deng abbia sviluppato un’economia non più prettamente statale ma aperta all’impresa privata, il primato dello stato non è mai messo in discussione e continua ad avere un ruolo da protagonista sia nell’economia reale, sia nella regolamentazione del mercato e delle stesse imprese private. In più, per implementare ulteriormente la pressione e il controllo sulle grandi imprese e sulla loro endemica ricerca del profitto, il governo cinese ha acquisito dal 2021 fette sempre più grandi di quote azionarie, incidendo quindi sui compensi di manager e grandi azionisti, con grandi tagli salariali, a volte fino al 60%, per banchieri e per tutte le banche d'investimento. Uno squallido esempio Tavares con fattezze cinesi non si è mai visto. A differenza delle economie a libero mercato dell’occidente, la borsa cinese è fortemente limitata e controllata. In più, ogni grande impresa ha nel suo consiglio d’amministrazione almeno un componente del Partito, il quale ha un ruolo di controllo sulle stesse decisioni aziendali. Quale feroce dittatura è quella cinese. Un’ulteriore componente del progetto è la legge anti-monopoli. La legge colpisce principalmente le aziende del settore tecnologico e impedisce che esse diventino troppo grandi o che possano comprare e fondersi con aziende concorrenti, come tentato dalla società Ant Group di Jack Ma nel 2020. Ma quale feroce dittatura è quella cinese?

 

Il progetto è davvero invidiabile e una sua applicazione immediata è impossibile, ma Xi ha proiettato al 2035 e al 2050 il raggiungimento dei vari step e dei vari obiettivi del programma. Entro metà secolo, comunque, l’obiettivo principale è quello di assottigliare sempre di più le differenze di reddito, eliminando progressivamente il numero di ricchi e aumentando quello della classe media. Non sorprende quindi il dato per cui sia il numero che il patrimonio dei miliardari cinesi stia diminuendo sensibilmente di anno in anno e allo stesso tempo salari e potere d’acquisto dei lavoratori si trovino al contrario in una fase di forte crescita. Il governo, consapevole dei problemi e delle forti contraddizioni del paese, ma conscio della transizione al socialismo che sta vivendo, sta apportando politiche molto forti che mai potremmo vedere in occidente. E questo vi sembra poco?

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