Dati sconcertanti sul gender gap
- Daniela Loffredo

- 2 giorni fa
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L’Italia stagna all'85° Posto. Il crollo economico e salariale, dalla penalità di maternità all'urgenza di investire in trasparenza e competenze STEM.

Il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum dipinge un quadro di progresso estremamente lento a livello globale: l'obiettivo della piena parità tra i sessi non sarà raggiunto prima di 123 anni. Sebbene il divario complessivo sia stato colmato al 68,8%, la traiettoria attuale non è abbastanza rapida da affrontare le disuguaglianze strutturali che persistono in molte nazioni. L'Europa si conferma una delle regioni più avanzate in termini di riduzione del divario, ma l'analisi del contesto italiano rivela un'allarmante discrepanza tra l'eccellenza formativa e la realtà professionale. L'Italia, posizionandosi all'85° posto nella classifica generale e avendo colmato appena il 70,4% del divario totale, è lontana dalle nazioni leader come l'Islanda e si colloca in fondo alla graduatoria tra le economie più avanzate del continente. Questa posizione insoddisfacente deriva da un paradosso ben definito: se da un lato il Paese eccelle nei pilastri dell'Istruzione (con un divario colmato quasi totalmente al 99,8%) e della Salute, dall'altro, crolla drammaticamente nel fondamentale indicatore della Partecipazione e Opportunità Economiche, dove si classifica al 117° posto mondiale. Nonostante le donne siano mediamente più istruite degli uomini, la loro transizione verso il mercato del lavoro è frenata da una serie di ostacoli sistemici: la partecipazione femminile al lavoro è significativamente inferiore a quella maschile, e il persistere del divario retributivo è causato principalmente dalla forte sproporzione nel lavoro di cura non retribuito, che costringe molte donne a optare per il lavoro part-time. Questa dinamica limita le carriere, blocca l'accesso alle posizioni apicali (con solo il 15,3% di CEO donne) e mantiene bassa la presenza femminile nei settori ad alto potenziale economico come lo STEM.
Il gender pay gap, espresso come il differenziale retributivo, può toccare il 20% nel privato e la causa è nell’intreccio di fattori culturali – come lo stereotipo della donna come curatrice che alimenta la "penalità di maternità" – e di fattori tecnici, come la concentrazione femminile in occupazioni "high touch" mediamente meno retribuite. Gli effetti di questo divario sono devastanti a lungo termine: l'inferiore retribuzione annua lorda si traduce in una pensione significativamente più bassa, aumentando il rischio di povertà femminile in età avanzata. Tuttavia, la chiusura di questo divario rappresenta anche una potente leva economica: studi internazionali stimano che il suo miglioramento possa portare a una crescita del PIL nazionale.
Per affrontare una sfida di tale portata, che affonda le radici in decenni di inerzia culturale e strutturale, le sole iniziative individuali non sono più sufficienti. È necessario che l'Italia si allinei alle migliori pratiche europee in materia di trasparenza retributiva, un principio non negoziabile per smascherare le disparità occultate. La normativa europea sta spingendo in questa direzione, richiedendo alle imprese di comunicare dati chiari sui differenziali salariali in base al genere per le stesse mansioni. Tali misure non solo hanno un forte effetto deterrente contro la discriminazione intenzionale, ma forniscono anche alle lavoratrici gli strumenti necessari per negoziare equamente la propria retribuzione.
In questo contesto, la responsabilità ricade in gran parte sulle imprese. Non basta dichiarare l'equità; le aziende devono adottare audit salariali regolari per identificare e correggere attivamente qualsiasi ingiustificata differenza retributiva. Parallelamente, è fondamentale che le politiche di diversità e inclusione si concentrino non solo sull'assunzione, ma soprattutto sulla ritenzione e sulla promozione delle donne, specialmente dopo i periodi di congedo parentale. Promuovere la condivisione del congedo di paternità non è solo un atto di giustizia sociale, ma uno strumento potentissimo per neutralizzare la penalità di maternità, normalizzando l'assenza dal lavoro di entrambi i genitori e ridistribuendo equamente il carico di cura. Infine, la bassa percentuale di donne nelle discipline STEM non è solo un problema di orientamento scolastico; è una questione di competitività futura. Con l'accelerazione dell'automazione e dell'Intelligenza Artificiale (IA), le competenze digitali e tecniche saranno il principale motore di crescita e di retribuzione. Se il gender gap non viene rapidamente colmato in questi settori, le donne saranno esposte a un rischio maggiore di vedere i loro posti di lavoro non qualificati sostituiti dall'IA, aggravando ulteriormente le disparità economiche che i rapporti del 2025 hanno già messo in luce con allarmante chiarezza. È necessario, infine, un investimento massiccio e mirato fin dalla scuola primaria per abbattere gli stereotipi di genere e incentivare le ragazze verso carriere ad alto potenziale economico e tecnologico.





