top of page

Centri in Albania, dove i diritti rischiano di essere calpestati

Con la sentenza n. 17510/2025, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha segnato una svolta netta, a tratti inquietante, nel già fragile equilibrio che regola il trattenimento degli stranieri irregolari. La Corte ha stabilito che il centro albanese di Gjader, dove vengono trasferiti migranti dai CPR italiani, è da considerarsi “a tutti gli effetti” equiparabile ai centri di permanenza per i rimpatri presenti sul territorio nazionale. Una decisione che solleva più dubbi che certezze, specie sul fronte dei diritti fondamentali.

https://pixabay.com/photos/migrant-camp-lesbos-immigration-5552347/

Il caso riguarda un trentenne marocchino, sbarcato a Lampedusa nel 2021 e destinatario di un decreto di espulsione. Dopo il trasferimento a Gjader, ha presentato domanda di protezione internazionale, rigettata in tempi brevissimi. La Corte d’Appello di Roma aveva ritenuto illegittimo il trattenimento: secondo i giudici, la richiesta d’asilo cambiava lo status giuridico del migrante, rendendo non più applicabili le condizioni originarie del trattenimento. Ma la Cassazione ha annullato quella decisione, accogliendo il ricorso del Ministero dell’Interno e ordinando un nuovo esame. Con un messaggio inequivocabile: Gjader è, giuridicamente, un CPR italiano.

 

Eppure, questa equiparazione non regge. Gjader si trova in Albania, fuori dall’Unione europea, sotto giurisdizione di uno Stato sovrano. Assimilarlo a una struttura italiana non è una banale questione tecnica: è una forzatura giuridica che rischia di legittimare una sorta di “zona grigia” legale, fuori dal pieno controllo delle garanzie costituzionali e comunitarie.

 

Il fondamento di questa sentenza sembra più politico che giuridico. Basti pensare al peso dato alla relazione di accompagnamento al decreto-legge n. 37/2025, più che a fonti normative solide. Il contesto è chiaro: le Corti d’Appello stavano già bloccando diversi trasferimenti verso Gjader, chiedendo il rientro in Italia dei migranti in assenza di convalida. La Cassazione interviene così in controtendenza, dando copertura legale a una prassi sempre più contestata.

 

Ma il nodo centrale resta quello dei diritti. Trattenere persone in un Paese terzo, dopo una domanda d’asilo, solleva gravi problemi:

 

Diritto di asilo (art. 10 Cost.): subordinare la richiesta d’asilo alla presunta “strumentalità” della domanda mina una delle tutele fondamentali riconosciute anche dalla Carta dei diritti UE.

 

Giusto processo (artt. 24 e 111 Cost.): la velocità dei trasferimenti e l’impossibilità pratica di accedere a un tribunale italiano rendono difficile, se non impossibile, far valere i propri diritti.

 

Libertà personale (art. 13 Cost.): la mancanza di una disciplina chiara lascia troppo spazio alla discrezionalità della polizia, in violazione della riserva di legge.

 

Conflitto con il diritto UE: secondo le direttive europee (2008/115/CE, 2013/32/UE, 2013/33/UE), il trattenimento e l’esame della domanda d’asilo devono avvenire all’interno del territorio dell’Unione. Gjader non ne fa parte.

 

In più, pesa la discrezionalità con cui viene definita la “strumentalità” delle richieste d’asilo. In un’altra recente sentenza, la Cassazione ha affermato che una domanda presentata da un cittadino algerino omosessuale dopo il trattenimento non può essere considerata automaticamente pretestuosa. Due sentenze, due orientamenti, una sola incertezza giuridica. E a farne le spese sono spesso le persone più vulnerabili.

 

Quella della Cassazione è una sentenza che rischia di legittimare una gestione dei migranti ai limiti della legalità costituzionale e comunitaria. Il “modello Gjader”, fondato su una finzione giuridica e su esigenze politiche di contenimento, apre scenari pericolosi: si crea un precedente che potrebbe estendersi ad altri contesti e normalizzare pratiche lesive dei diritti umani.

 

Ora la parola potrebbe passare alla Corte costituzionale, o forse alla Corte di giustizia dell’UE. Ma nel frattempo, in nome della sicurezza e dell’efficienza, i diritti rischiano di finire in fondo alla lista delle priorità.

Unisciti ai canali

  • Instagram
  • Facebook
  • Whatsapp
bottom of page