top of page

Nel tempo dell’utile, la filosofia resta necessaria

Mentre l’oggi si consuma nel culto della prestazione e della rapidità, in cui la fretta divora ogni parola e l'efficienza sembra essere l'unica misura del valore umano, la filosofia continua a proporre la sua voce lenta, riflessiva, ostinata. Non serve a produrre, eppure genera visione, non ottimizza i tempi, eppure affina lo sguardo, non fa crescere il PIL, ma alimenta la coscienza. Insegna a pensare e oggi più che mai il pensiero è una risorsa scarsa: soppesare, interrogare, guardare le cose da un'altra prospettiva.

 

Saper distinguere tra il vero e il verosimile, tra il bene e il conveniente, oggi, è un atto di resistenza. Scrivo spesso dell'urgenza di recuperare il pensiero critico: la capacità di non accettare passivamente ciò che ci viene detto, ma di analizzarlo, metterlo in discussione, restituirgli profondità. Fin da Socrate, la filosofia non si è mai accontentata di risposte preconfezionate. Non trasmette contenuti, ma insegna a partorire domande. Ma se oggi ogni risposta è a portata di clic e le domande sembrano scomparire, questa disciplina si propone come esercizio del dubbio, e il dubbio è ciò che rende liberi. Perché chi dubita pensa, e chi pensa non può essere facilmente manipolato.

 

Una mente filosofica è una mente vigile, capace di sospendere il giudizio, di sottrarsi alla folla e al flusso delle opinioni, di abitare il conflitto senza dissolversi, di evolversi in innumerevoli prospettive. Può sembrare evasione dal reale e invece è immersione radicale nel reale. È sguardo che interroga, che scava sotto la superficie, il luogo in cui si imparano le domande, quelle che abbiamo perso nelle risposte che troviamo ovunque con facilità. Non si tratta di un sapere per pochi, chiuso nelle biblioteche o nelle aule universitarie. La filosofia è di tutti.

 

Pensare, oggi, è diventato un atto raro, perché è faticoso, perché espone, perché chiede tempo. Ma è anche l’unico modo per non essere trascinati dal flusso delle opinioni, per non essere manipolati, per non smarrirsi nella confusione. La filosofia non fornisce istruzioni per l’uso, ma allena a orientarsi. Insegna a convivere con il dubbio, a non avere paura dell’incertezza, a vivere nella complessità. Già i greci la consideravano una forma di cura: Epicuro, Seneca, ma anche Platone e Aristotele, parlavano della filosofia come medicina dell’anima. Più recentemente, Michel Foucault e Pierre Hadot hanno riscoperto questa dimensione terapeutica: la filosofia come pratica quotidiana, come esercizio interiore, come forma di trasformazione.

 

In un mondo in cui cresce il disagio psichico, la depressione, l'ansia, si può pensare alla filosofia come a un alleato: un luogo in cui è possibile prendersi cura del proprio modo di abitare il mondo. La filosofia non cura i sintomi, ma ci insegna a guardare il dolore da dentro, a nominarlo, a integrarlo nella vita. È uno spazio di consapevolezza, dove il dolore può essere nominato, guardato, integrato nella vita, dove il disagio trova non solo ascolto, ma senso, o almeno la domanda sul senso.

 

Pensare filosoficamente significa anche educarsi alla responsabilità, accettare che le nostre azioni non sono isolate e che ogni gesto può riflettersi sugli altri. In questo senso, l’etica filosofica non è un insieme di regole astratte, ma una forma concreta di rispetto per l’umano. È il riconoscimento dell’altro, non come ostacolo, ma come presenza che ci interpella. E se citiamo Kant, è solo per ricordare che la libertà non è fare ciò che si vuole, ma agire secondo principi che potremmo desiderare validi per tutti. Non una morale imposta, ma scelta. Non una colpa da scontare, ma una dignità da ritrovare.

 

Montaigne, nei suoi Saggi, scriveva: “Io non dipingo l’essere, io dipingo il passare.” È questa l’idea che dobbiamo recuperare: la filosofia come compagna del quotidiano, come strumento per osservare ciò che siamo mentre accade. Non teoria astratta, ma arte del vivere. Non speculazione lontana, ma attenzione alla vita concreta. Alla fatica, alla bellezza, alle contraddizioni dell’esistere. Anche nell’educazione, la filosofia gioca un ruolo decisivo. Non per formare dei tecnici del pensiero, ma per coltivare immaginazione morale, empatia, senso critico. Leggere Platone, Spinoza, Kant o Weil non ci rende migliori in senso morale, ma ci rende più consapevoli. E la consapevolezza è la condizione della libertà.

 

Martha Nussbaum ha scritto parole preziose su questo: la filosofia non serve a ottenere un lavoro meglio retribuito, ma a formare cittadini capaci di pensare con la propria testa, di sentire con il cuore dell’altro, di agire con responsabilità. E questa, oggi, è la vera emergenza educativa. Nel tempo dell’utile, la filosofia appare come un sapere inutile. Ma è proprio questa la sua forza. Perché non serve, ma trasforma. Perché non addestra, ma educa. Perché non produce, ma rivela. È lentezza in un tempo che corre, profondità in un mondo che galleggia, unità in un’epoca di frammenti.

 

La filosofia non è lontana da noi, ma è in noi, nel mondo e nella vita quotidiana di tutti, basta volerla scoprire.


Unisciti ai canali

  • Instagram
  • Facebook
  • Whatsapp
bottom of page