Se dovessi dire “Sommo poeta” sono sicura che tutti capirebbero all’istante! Eh sì, perché non può che essere lui: Dante. Lui, il sommo poeta, che continua a suscitarci emozioni, che continua ad essere studiato e ricordato, lui che in un modo tutto suo, speciale e unico, risponde ad alcuni nostri interrogativi.
La sua opera, la sua “Divina Commedia” è un vero e proprio viaggio, metafora della nostra imperfetta ma unica e profonda umanità, metafora del viaggio che è la nostra vita e di alcuni suoi delicati momenti.

Quante volte nella vita ci sarà capitato di ritrovarci «per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.» (Inferno, Canto I, vv. 2-3).
Caronte, il traghettatore di anime, ci sembra essere solo un personaggio mitologico, eppure chissà quante volte lo abbiamo già incontrato, chissà quante volte abbiamo attraversato momenti in cui sembravamo anime sparse sulle sponde di un fiume, fermi, dispersi, senza sapere cosa ci aspettava e, mentre eravamo immobilizzati nell’ignoto, nel frattempo la vita scorreva e venivamo traghettati da Caronte, chissà quante volte abbiamo attraversato quel fiume, chissà quante volte nell’attardarci egli ci ha fatto cenno con il suo remo.
Eh sì, perché capitano momenti della vita in cui purtroppo siamo sospesi, e qui mi viene in mente il Limbo dantesco, momenti in cui sembra esserci in noi un forte senso di impotenza e assenza di speranza, eppure vive in noi un forte desiderio di uscire da questo senso di sospensione. È come stare su una montagna russa in bilico e non sapere se uno spiraglio di una qualche forza casuale ci farà tornare indietro o scendere in avanti in picchiata. È come stare su una corda sospesa e dirsi: “Se cammino, posso cadere, ma se non cammino, resto bloccata/o qui!”

A volte ci sono momenti così difficili che ci fanno penare quasi fossimo i dannati dell’Inferno dantesco.
Eppure Dante ci mostra che si può uscire dall’Inferno, a dispetto del «Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.» (Inferno, Canto III, v. 9).
Una delle dimostrazioni più belle che Dante ci regala è quella del farsi presenza e di accogliere l’altro; il sostegno che riceviamo da chi si mette accanto e ci fa dono del suo “Esserci” ci aiuta tantissimo, ci fa sentire meno soli ed è una spalla su cui contare mentre pian piano veniamo fuori dal nostro Inferno. E il nostro caro Virgilio è simbolo di tutto ciò.

Virgilio viene in soccorso di Dante, lo accompagna, lo rassicura, è un riferimento. Dante è un essere umano e in quanto tale è fragile, noi tutti lo siamo, ma la forza di Dante sta nel mostrarci questa umana fragilità e il bisogno umano di avere qualcuno a cui riferirsi, una spalla su cui contare; spesso cerchiamo di nascondere le nostre fragilità, quasi come se fossero una debolezza, ma in realtà non lo sono, anzi ci rendono più vicini all’altro. Allora Dante non solo sceglie di mostrarci tale aspetto del nostro essere, ma ci mostra anche il legame che può nascere con l’altro; Virgilio, dal canto suo, ci mostra come chi è più saggio, avendo già affrontato degli ostacoli, può farsi sostegno per l’altro che si ritrova ad affrontare una difficoltà.
Per me, il rapporto tra Dante e Virgilio è simbolo di quanto alcuni legami possano essere speciali, di quanto possano farci bene. Tra i due c’è un affetto profondo, una stima reciproca… Il loro legame è come un seme nella vita di ciascuno dei due e solo il prendersi cura ha fatto sì che il seme diventasse frutto.
Virgilio è un amico, è una presenza, è colui che, qualora ci sia bisogno, è pronto a ricordare a Dante che non deve dimenticarsi mai di prendersi cura di sé; Virgilio è colui che nel prendersi cura insegna anche a farlo.
Tutti noi, nel nostro essere umani, abbiamo bisogno di cura, di sostegno; a volte, soprattutto nei momenti difficili, facciamo fatica a ricordarci che possiamo fare tanto, allora abbiamo bisogno di qualcuno che si mette accanto e che lungo il cammino ci ricorda una cosa importante: che siamo signori e guida di noi stessi!
E infatti, Virgilio dice a Dante: «Perch’io te sovra te corono e mitrio» (Purgatorio, Canto XXVII, v. 142).
Il legame tra Dante e Virgilio ci ricorda come alcuni affetti ci cambiano la vita per sempre, dando ad essa una sfumatura particolare… Gli affetti, quelli speciali, quelli che davvero meritano di essere così chiamati, ci rendono migliori e danno un senso alla nostra vita, essi sono «L'amor che move il sole e l'altre stelle» (Paradiso, Canto XXXIII, v. 145).