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L’anomalia tutta italiana di mettere continuamente in discussione la Costituzione

È normale in una democrazia che, quasi ad ogni cambio di maggioranza, comunque con una frequenza che non ha uguali al mondo, le forze politiche che governano tentano di mettere mano alla Legge fondamentale che regola il funzionamento democratico di questo Paese, ne stabilisce i principi e diritti fondamentali e le regole di convivenza civile? E non contenti di ciò, oltre a mettere mano sulla Costituzione si va a cambiare le regole del gioco che stabiliscono il calcolo della rappresentanza, cioè la Legge elettorale?

È di questa anomalia tutta italiana che andrò a trattare prima ancora che entrare nel merito delle riforme costituzionali ed elettorali che, per fortuna a mio parere, non sono quasi mai andate in porto, soprattutto per quel che riguarda la Costituzione. Ciò non toglie che dei danni siano stati fatti, come introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione e l’attuale e pessima legge elettorale, il Rosatellum che sostituisce l'altrettanto pessimo Porcellum.

 

Per prima cosa vediamo di fare un confronto con le altre democrazie occidentali. Quanti Paesi hanno cambiato le regole del gioco e la Costituzione in questi anni o ci hanno almeno provato? A me viene in mente principalmente l’esempio della Francia, con il passaggio, nel 1958, dalla Quarta alla Quinta repubblica e l’istituzione dell’attuale assetto semipresidenziale. Pochissime modifiche sono state fatte negli anni 70. La costituzione della Repubblica Federale Tedesca risale al 23 maggio 1949 ed è stata semplicemente estesa ai land della ex-DDR. Unico intervento, piuttosto rilevante a dir il vero, è l’introduzione nel 2009 del freno al debito pubblico, grazie al quale gli “ermellini” della corte di Karsruhe riescono a condizionare le decisioni europee in tema di bilancio e debito comune. Purtroppo uno dei tentativi riusciti di modifica del dettato costituzionale in Italia è stato proprio quello di introdurre il pareggio di bilancio nella Costituzione con la modifica dell’art. 81. Pensate in un’azienda che effetti deleteri può avere la presenza nel proprio statuto di una regola del genere. Praticamente sarebbe il modo migliore per castrare la possibilità di fare degli investimenti.

 

La costituzione spagnola è quella postfranchista, quella americana (del 1787!) rimane immutabile e difficilmente modificabile, solo soggetta all’interpretazione della Corte Suprema. Unica eccezione gli emendamenti che si sono succeduti con una frequenza molto allungata nel tempo. Modifiche su temi molto specifici non certo cambiamenti radicali come nel tentativo del 2016 naufragato con il referendum popolare. Uscendo dall’occidente potrei citare l’esempio dell’India, la più grande democrazia del modo in termini di abitanti, la cui Costituzione risale al 1950. Senza andare ancora più a fondo con gli esempi, quello che mi premeva di comunicare è che non è usanza dei paesi democratici emendare anche radicalmente la Legge fondamentale dello Stato o discuterne in continuazione.

 

Mi sembra evidente che questa “moda” di andare a modificare parti importanti della Costituzione sia un’anomalia tutta italiana. Nel merito quasi tutti i tentativi sono andati, compreso l’ultimo che vorrebbe introdurre il premierato, nella direzione di dare un assetto costituzionale tale da favorire il potere esecutivo sopra agli altri due, con la giustificazione che in Italia i governi non hanno abbastanza potere per prendere le decisioni. Proprio per questo motivo ci sono stati molti tentativi di modificare la legge elettorale, anche a colpi di maggioranza. Un po’ come se in uno sport di squadra, quelle più forti imponessero le regole alle altre. Altra anomalia è stabilire delle regole elettorali per favorire qualcuno al posto di qualcun altro, con effetti quasi comici e paradossali. L’attuale Rosatellum è stato votato con l’intenzione di indebolire il M5S, che poi si sono affermati come primo partito alle elezioni del 2018.

Una delle scuse che viene più spesso utilizzata per giustificare le modifiche alla legge elettorale è garantire la governabilità a cui Renzi ha aggiunto il carico che bisognerebbe sapere la sera in cui si sono chiuse le urne chi ha vinto e chi ha perso. Come se una contesa elettorale si potesse quasi paragonare ad una competizione sportiva! Gli unici regimi politici in cui accade ciò sono le dittature o le autocrazie. Nessun paese democratico dopo le elezioni può avere la certezza della governabilità. Negli Stati Uniti il Congresso può respingere le decisioni del presidente, il Parlamento tedesco si è spesso opposto alle decisioni del governo federale e più di una volta il governo si è formato dopo lunghe trattative tra i partiti in quanto le elezioni non avevano indicato in maniera chiara un vincitore. Insomma quello della governabilità è un falso problema, tra l’altro gli ultimi governi, nessuno escluso, ci stanno portando ad una escalation del ricorso ai decreti di urgenza. Un nuovo modo di legiferare che sta diventando prassi quotidiana, così come quello del ricorso alla fiducia. Tutti sistemi che comprimono la discussione parlamentare, sale di ogni democrazia che voglia essere considerata tale.

Il vero problema della politica italiana è l’instabilità dei governi, la loro scarsa durata, i continui cambi di casacca tra gli eletti e i frequenti ribaltoni (con alcuni dei quali si può simpatizzare in base al proprio credo o inclinazione politica). Oltre a ciò anche riordinare le priorità e occuparsi dei veri problemi quotidiani degli italiani (sanità, istruzione, trasporti …) sarebbe veramente salutare. Credo che alla maggior parte delle persone interessi ciò, piuttosto che preoccuparsi delle regole della legge elettorale.

 

Oltre all’instabilità dei governi, altro punto dolente è la scarsa qualità media della classe politica (e potrei aggiungere della classe dirigente in generale) e i metodi per selezionare le persone che sono chiamate a rappresentarci. Magari una riforma e una regolamentazione del funzionamento democratico dei partiti potrebbe essere più utile della modifica della legge elettorale o, peggio, della Costituzione. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che la classe politica rispecchia un po’ il nostro paese. Questo è in parte vero, ma è veramente triste che ormai spesso rispecchi il peggio del popolo italiano piuttosto che il meglio.

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