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Intelligenze artificiali e bocconcini di bufala

Qualche giorno fa, nel corso di una missione Space X, il booster dello stage 1 della navicella Starship è stato perfettamente riagganciato dalla torre di lancio. Questo storico successo dell’ingegneria è stato possibile grazie all’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale che hanno giocato un ruolo cruciale nella manovra di “catch” del booster.

missione Space X, il booster dello stage 1 della navicella Starship

Il sistema IA ha calcolato in tempo reale i dati relativi alla velocità, alla posizione e all'orientamento del booster durante la fase di rientro, grazie a complessi modelli predittivi che hanno consentito la buona riuscita della storica missione.

 

Sebbene possa apparire “banale”, tale successo rappresenta certamente un notevole passo in avanti per l’evoluzione delle successive missioni spaziali poiché, con tale sistema, si è in grado di “riutilizzare” componenti estremamente complessi e costosi, proprio come lo stage 1 della navicella, che diversamente andrebbero distrutti nei consueti atterraggi o ammaraggi.

 

Questo è solo uno dei numerosi successi scientifici raggiunti tramite l’impiego della intelligenza artificiale; molti altri (forse più “celati”) ne sono stati raggiunti come, ad esempio, il perfezionamento della diagnostica per immagini, la semplificazione di alcune procedure nel campo dell’ingegneria genetica e il lavaggio dei vostri capi colorati in lavatrice…

 

Sì…il lavaggio dei vostri capi colorati in lavatrice.

 

Nonostante, grazie ai sistemi di IA, siamo in grado di poter godere di capi dai colori brillanti e perfettamente profumosi, molti sollevano sensibili dubbi sulla pericolosità di questa tecnologia. Questi timori sono dunque fondati?

 

Una doverosa precisazione

 

Uno dei bias cognitivi più comuni è quello di pensare alla IA come una sorta di “magia” della tecnologia, un sistema ingegneristico-matematico ultra-complesso degno delle migliori visioni di Jules Verne.

 

E, da un certo punto di vista, un fondo di verità esiste in questa sorta di “magia” …è però importante rimarcare un concetto, e lo si può fare ponendoci una domanda: che cos’è, tecnicamente, l’intelligenza artificiale?

 

Quale occasione migliore per comprendere cosa sia un “qualcosa” o “qualcuno” chiedendolo al diretto interessato!?

 

Il nostro amico “chat gpt” (rigorosamente in versione free), ci dice:

“L'intelligenza artificiale (IA) è un campo della tecnologia che si occupa di creare sistemi capaci di svolgere compiti che richiederebbero l’intelligenza umana, come l'apprendimento, il ragionamento, la risoluzione dei problemi, la comprensione del linguaggio naturale, e la percezione visiva.”

Se ci fermassimo a questo periodo sembrerebbe quasi che il fantomatico demiurgo di silicio sia effettivamente un “essere a sé stante”.

intelligenza artificiale

E qui si configura il secondo più comune bias cognitivo (o meglio, quello “comportamentale”) degli utenti: quello che nasce nel soffermarsi alla prima affermazione.

 

Si, perché andando a leggere più in fondo, lo stesso sistema IA ci dice:

“In sostanza, l'IA si basa su algoritmi e modelli matematici che analizzano enormi quantità di dati per "apprendere" da essi e prendere decisioni o effettuare previsioni.”

Quindi i sistemi di IA non sono altro che complessi sistemi di algoritmi.

 

È opportuno ricordare che anche fare il caffè con la moka si configura come algoritmo appreso dalla nostra memoria procedurale.

 

Qualcuno potrà osservare che questi sistemi “apprendono” e “effettuano decisioni”.

 

Anche in questo caso è opportuno ricordare che anche la vostra lavatrice apprende (o meglio, “rileva”) il peso del carico ed effettua una decisione (velocità di rotazione della centrifuga, temperatura, loro variazioni, quantità di detersivo).

 

In sostanza, la IA è una “evoluzione” di un qualcosa di vecchio quanto il cucco che è già ampiamente utilizzato nella stragrande maggioranza dei dispositivi in nostro possesso nonché in noi stessi: un gruppo di algoritmi.

 

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Qui subentra il terzo (e forse più pericoloso), bias cognitivo: la mancanza di percezione e di differenziazione tra “possibile” e “plausibile”.

 

Sui social spopolano immagini create con intelligenza artificiale generativa di fantomatici “artisti” che realizzano suggestive opere tecnicamente poco plausibili anche se possibili.

 

Infatti, se da un lato anche solo immaginare un asino che vola rende possibile la sua esistenza, questa stessa esistenza è messa in discussione dalla sua plausibilità.

 

L’utente medio (anche il medio-avanzato) è poco attento a questa differenza; mancanza di spirito di osservazione, di analisi quali-quantitativa, di “piano di realtà”, rendono tutti questi “fake” dei veri e propri fenomeni per “cibare” quello che potrebbe tranquillamente definirsi come analfabetismo funzionale. E se è vero che con alcune tecnologie è possibile “creare” (ed è opportuno sottolineare il termine) i così detti “deep fake” che tanto si avvicinano al mondo del plausibile, rendendo talvolta difficoltoso il discernimento tra reale e artificiale, è altrettanto vero che la percezione umana è sempre stata soggetta, in un modo o nell’altro, a certi tipi di manipolazione che, con il tempo, hanno certamente modificato la loro essenza.

 

In sostanza, sin da quando esistiamo, siamo stati soggetti a quello che facilmente potremmo definire “un inganno” e non è stata certo la IA a creare e diffondere questo “concetto”.

 

Intelligenza artificiale, la penna biro e la cucina tipica campana: pericoli a confronto

 

Nel 1934, Enrico Fermi sperimentò il bombardamento di elementi pesanti, come l’uranio, con neutroni “lenti”. Questo aprì la strada alla scoperta della Fissione Nucleare. Questo processo è in grado di generare enormi quantitativi di Energia che può essere sfruttata per vari scopi.

 

Peccato che nel 1942 qualcuno decise di avviare il progetto Manhattan al termine del quale, grazie alla scoperta della fissione, venne creata la prima bomba atomica.

 

Negli anni 30, un giornalista di nome Birò, inventò la ben nota penna (che porta il suo nome) con la quale è stato in buona parte rivoluzionato il concetto di “scrittura a penna” grazie ad una immensa semplificazione della “tecnica” e alla possibilità della produzione di massa di questo nuovo “dispositivo”.

 

Peccato che nel 1991, in Olanda, una povera signora viene trovata morta con una penna biro che le ha trapassato l’occhio (si scoprì, invero, che fu un incidente).

 

Sebbene la mozzarella rappresenti una invidiata prelibatezza italiana (in particolar modo, quella campana), ogni anno, nel mondo, si registrano differenti incidenti per soffocamento dovuto alla pasta filante che, talvolta, conducono anche a nefasti epiloghi.

 

Confrontando tutte queste “storie”, si deduce assai facilmente che il reale “pericolo” non è insito nell’esistenza stessa dell’oggetto (o soggetto) attenzionato, ma unicamente dall’utilizzo, talvolta accidentale, dello stesso.

 

In sostanza, quindi, la domanda “l’intelligenza artificiale è pericolosa?”, è una domanda mal posta.

 

Più corretto sarebbe chiedere (e chiedersi) “l’intelligenza artificiale può essere pericolosa?” La risposta più logica a questa domanda è certamente “Si può esserlo. Come lo è anche mangiare un antipasto all’Italiana mentre si è intenti a cantare l’Aida.”

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