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Ecco perché l'8 e 9 giugno voterò sì

Sono Sara Moutmir, nata a Casablanca nel 1995. La mia avventura in Italia è iniziata quando avevo solo sei anni, grazie a un ricongiungimento familiare che mi ha ricongiunto a mio padre, già stabilitosi qui. L'Italia è diventata ben presto la mia casa, il luogo dove ho mosso i primi passi nel sistema scolastico, dalle elementari alle superiori, crescendo e sviluppando un forte legame con la cultura e le tradizioni locali.

 

Man mano che crescevo, si aprivano per me nuove opportunità di esperienze, sia nel mondo del lavoro che attraverso viaggi all'estero e la partecipazione a concorsi. Tuttavia, nonostante un percorso di vita e di studi del tutto simile a quello dei miei coetanei italiani, ho dovuto affrontare una sfida burocratica significativa: la mancanza della cittadinanza italiana. Questa condizione mi ha precluso l'accesso a bandi pubblici e programmi come l'Erasmus, evidenziando le complessità dell'iter per l'ottenimento della cittadinanza. Un percorso che richiede diversi passaggi: un reddito adeguato, una residenza continuativa di almeno dieci anni, la certificazione B2 della lingua italiana e l'assenza di condanne penali, sia in Italia che nel Paese d'origine.

 

Ed è proprio sul termine "origine" che mi soffermo. Sebbene io sia nata in Marocco e parli fluentemente il dialetto marocchino, la mia esperienza di vita è profondamente radicata in Italia. Casablanca, la mia città natale, l'ho sempre percepita come una meta turistica, un luogo da visitare, ma non la "mia" casa. Io mi sento profondamente italiana, un sentimento che risuona in molti giovani con un background migratorio come il mio.

 

Ho 29 anni e solo pochi mesi fa ho finalmente acquisito la cittadinanza italiana. Durante il mio giuramento sulla Costituzione, ho versato lacrime, un mix di gioia, sollievo, ma anche di profonda amarezza per i tanti anni che ho dovuto aspettare. Continuavo a ripetermi che era ingiusto attendere così tanto tempo.

 

Questo percorso mi ha resa particolarmente sensibile al quinto quesito dei referendum, che riguarda il riconoscimento dovuto ai ragazzi e alle ragazze che frequentano le nostre scuole. Bambini e bambine che giocano al parco, seppur con tante diversità, hanno in comune una cosa fondamentale: sono il futuro del nostro paese. Per questo, l'8 e 9 giugno andrò a esprimere il mio primo voto, un mio dovere e diritto che mi è stato negato per troppi anni, dicendo cinque sì.

 

La mia storia è un esempio lampante di come noi, nuove generazioni, arricchite da un mix di culture, lingue, costumi e tradizioni diverse, rappresentiamo un valore aggiunto inestimabile per la Nazione. Incarno la ricchezza di questa diversità, dimostrando come l'incontro tra mondi differenti possa generare una forza e un'identità uniche, contribuendo a costruire una società più inclusiva e dinamica.

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